Africa orientale: una persona ogni 36 secondi potrebbe morire di fame
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Africa orientale: una persona ogni 36 secondi potrebbe morire di fame

Una persona ogni 36 secondi potrebbe morire di fame in Africa orientale, a causa della terrificante siccità che non accenna ad attenuarsi. Intanto milioni di persone sono già sull’orlo della carestia. La denuncia di Oxfam

Africa orientale: una persona ogni 36 secondi potrebbe morire di fame
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Ottobre 2022 - 16.13


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Nel mondo il flagello della fame miete milioni di vittime. Non è una tragedia o non solo questo. E’ un crimine contro l’umanità. E’ uno dei segni più devastanti che marchiano un mondo sempre più diseguale, ingiusto, dove centinaia di milioni di essere umani sono condannati a morte da politiche di sfruttamento e di rapina delle risorse praticate dal “civile” Occidente. 

Un possente j’accuse

Di nuovo grazie Oxfam. Grazie per la continua documentazione delle mille piaghe della diseguaglianza e per la difesa dei più indifesi. Se i Grandi della Terra adottassero le proposte di Oxfam il mondo sarebbe migliore. Un fatto è certo: i rapporti dell’Ong con sede centrale a Londra tolgono ogni alibi, del tipo “non lo sapevo”, “nessuno ne parla” e così via nell’auto giustificazione. I rapporti di Oxfam sono pubblici, scaricabili dal web, e grazie all’efficiente ufficio stampa di Oxfam Italia sono inviati in tempo reale alle redazioni dei giornali e delle reti radio-televisive. Se la stampa mainstream li oscura o li minimizza non è per ignoranza, che pure abbonda nel sempre più degradato panorama giornalistico del fu belpaese. Ignoranza, certamente, ma soprattutto non voler andare contro lobby potentissime che possono indirizzare carriere e aprire o chiudere i cordoni della borsa pubblicitaria, fonte vitale per mantenere in vita gruppi editoriali altrimenti alla canna del gas.

Dati sconvolgenti

Nei prossimi mesi in media 1 persona ogni 36 secondi potrebbe morire di fame in Africa orientale, a causa della terrificante siccità che non accenna ad attenuarsi. Intanto milioni di persone sono già sull’orlo della carestia. 

È l’allarme lanciato da Oxfam, di fronte al rapido deterioramento della situazione in Somalia, Etiopia e Kenya. 

La Somalia in particolare sta affrontando la più grave crisi alimentare di sempre: il numero di persone che soffrono la fame è infatti già oltre quello registrato nel corso della carestia del 2011, quando morirono oltre 250 mila persone. Al momento 1 persona su 6 nel paese sta rimanendo letteralmente senza cibo. 

In gran parte del Corno d’Africa non piove praticamente più da ormai 4 stagioni e nei prossimi 3 mesi la situazione potrebbe rimanere la stessa: i raccolti sono andati perduti e i capi di bestiame stanno morendo a milioni. 

Una tempesta perfetta causata dalla crisi climatica, aggravata dal conflitto che attraversa l’area, dalla pandemia e dall’aumento fuori controllo dei prezzi dei beni alimentari accelerato dalla guerra in Ucraina. Basti pensare che i prezzi degli alimenti di base in tutta la regione sono raddoppiati o triplicati negli ultimi mesi. 

“Gli ultimi dati mostrano che il tasso di mortalità per fame in Somalia, Etiopia e in Kenya è addirittura aumentato da maggio, quando già si registrava 1 vittima ogni 48 secondi, a fronte della carenza degli aiuti internazionali necessari a fronteggiare l’emergenza alimentare – rimarca Francesco Petrelli, policy advisor su sicurezza alimentare di Oxfam Italia -. La situazione è sempre più grave e rischia di precipitare nelle prossime settimane, anche nel vicino Sud Sudan, dove il conflitto in corso e le recenti inondazioni hanno portato la popolazione allo stremo. Al momento oltre 6 milioni di bambini nei quattro paesi dell’area sono colpiti da malnutrizione acuta”.

Ad oggi però l’appello delle Nazioni Unite per la risposta alla crisi alimentare in Africa orientale è sotto finanziato per oltre 3 miliardi di dollari.  

” Il paradosso è che i Paesi che hanno contribuito meno ad accelerare la crisi climatica, ne stanno pagando il prezzo più alto, senza strumenti e risorse per affrontarne e mitigarne gli effetti. – aggiunge Petrelli – Per questo i paesi più ricchi, che inquinano di più, hanno anche la responsabilità morale di intervenire per aiutare i milioni di persone che rischiano di non sopravvivere ai prossimi mesi.  Lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale e ai donatori internazionali, perché intervengano subito per scongiurare una delle più gravi carestie della storia recente. Siamo a un passo da una vera e propria catastrofe umanitaria su vasta scala”. 

In Corno d’Africa si spende il 60% del reddito per il cibo

In questo momento in Africa orientale la popolazione sconta una fortissima dipendenza dalle importazioni di cibo, arrivando a spendere fino al 60% del proprio reddito per l’acquisto di prodotti alimentari. Ad esempio cibo e bevande rappresentano ben il 54% dell’indice dei prezzi al consumo in Etiopia, mentre appena l’11,6% nel Regno Unito.

In Italia, secondo le rivelazioni dell’Istat, a giugno l’aumento su base annua dei prezzi di generi alimentari riferiti al cosiddetto “carrello della spesa” era pari all’8,3%, record dal 1986. In altre parole, mentre i Paesi ad alto reddito devono fronteggiare una preoccupante inflazione, l’Africa orientale ha a che fare con la fame e la povertà estrema.

La mappa della crescita fuori controllo dei prezzi

• In Somalia, in confronto a un anno fa, l’aumento del prezzo del mais a maggio era 6 volte superiore (+ 78%) rispetto alla crescita del prezzo medio globale (+ 12,9%). In alcune aree del paese la spesa alimentare è aumentata di oltre il 160% rispetto al 2021. Il prezzo di un chilo di sorgo, un alimento di base, è cresciuto di oltre il 240% rispetto alla media degli ultimi 5 anni.

• In Etiopia, i prezzi dei beni alimentari sono saliti in media del 43,9% rispetto allo scorso anno, con il costo dei cereali che a maggio era salito del 70%, più del doppio rispetto alla media globale.

• In Kenya il prezzo della farina di mais, ossia il principale alimento base della popolazione, è raddoppiato in 7 mesi. Facendo segnare un + 50% solo tra giugno e luglio. L’aumento dei prezzi di cibo ed energia farà crescere il numero di poveri del 2,5%, portando circa 1,4 milioni di kenioti alla povertà estrema.

• In Sud Sudan i prezzi dei cereali a maggio sono triplicati rispetto allo stesso periodo nel 2021, mentre il prezzo del pane è raddoppiato. Il prezzo medio dei cereali è salito del 30%, rispetto alla media degli ultimi 5 anni.

“Mangiamo un po’ di riso una volta al giorno”

Uno degli epicentri dell’emergenza, assieme all’Etiopia, è la Somalia, dove da poco è stato dichiarato il “rischio di carestia” dalle Nazioni Unite. Quasi la metà della popolazione – oltre sette milioni di persone – soffre di malnutrizione acuta, e tra loro 213 mila sono rimaste letteralmente senza cibo.

Nel villaggio di Bundunbuto, nel Puntland, il potere d’acquisto delle famiglie da due mesi si è dimezzato: quanto bastava a comprare 25 kg di riso e zucchero, oggi è appena sufficiente per 13,5 kg.

“Mangiamo un po’ di riso una volta al giorno, mentre prima riuscivamo a fare tre pasti”, racconta Shamis Jama Elmi, madre di 38 anni che con il marito e 6 figli ha dovuto abbandonare tutto per la siccità e dal 2017 vive nel campo profughi di Docoloha.

Grazie all’aiuto di Oxfam, da cui riceve 60 dollari al mese, in questo momento riesce a comprare 12 kg di farina, riso e zucchero, sufficienti a sfamare la sua famiglia per appena due settimane. La più grave spirale inflazionistica degli ultimi 50 anni, che non risparmia i poveri nelle economie avanzate. Siamo di fronte alla peggiore crisi inflazionistica degli ultimi 50 anni a livello globale che, inserendosi in un trend già esistente, ha esiti drammatici. A livello globale 828 milioni di persone in questo momento sono colpite da malnutrizione acuta, ossia 150 milioni in più rispetto all’inizio della pandemia; mentre milioni di persone anche nei paesi ricchi rischiano di ritrovarsi in enorme difficoltà per la perdita di potere d’acquisto. Negli Stati Uniti, ad esempio, il 20% più povero della popolazione è costretta a spendere per il cibo in media 4 volte di più del 20% più ricco, in rapporto al proprio reddito.  

Urgente regolamentare il mercato e cancellare il debito dei paesi poveri

“Per aiutare i paesi più fragili a far fronte all’aumento dei prezzi dei beni alimentari, è cruciale che i Paesi ricchi cancellino immediatamente i pagamenti per il servizio del debito a carico dei paesi a basso e medio reddito nel 2022 e 2023 e tassino chi si sta arricchendo da questa situazione. – conclude Petrelli – Solo così i paesi africani, ad esempio, potranno contare sulle risorse necessarie per salvare milioni di persone dalla fame e pagare le importazioni di cereali. Servono inoltre una più efficace regolamentazione dei mercati alimentari in funzione anti speculativa e norme commerciali internazionali più flessibili a favore dei consumatori, dei lavoratori e dei piccoli agricoltori soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Quest’ultimi in Asia e Africa sub-sahariana sono peraltro responsabili del 70% della produzione alimentare globale”.

La risposta di Oxfam in Africa orientale

Oxfam lavora in Africa orientale per fornire cibo, aiuti economici e servizi igienico- sanitari alla popolazione colpita dall’emergenza in corso, con l’obiettivo di soccorrere oltre 1,3 milioni di persone.

In questo mondo schifoso la ricchezza dei miliardari è aumentata, in termini reali, più in 24 mesi di Covid-19 che nei primi 23 anni delle rilevazioni di Forbes ed è ora equivalente al 13,9% del PIL mondiale, una quota più che triplicata dal 4,4% del 2000.

Per le 5 big dell’energia oltre 2.600 dollari di profitti al secondo

Le imprese nei settori energetico, alimentare e farmaceutico – caratterizzati da situazioni di forte monopolio – registrano profitti da record, mentre i salari rimangono stagnanti e i lavoratori sono esposti a un aumento esorbitante, se paragonato agli ultimi decenni, del costo della vita. Cinque delle più grandi multinazionali energetiche (BP, Shell, Total Energies, Exxon e Chevron) fanno 2.600 dollari di profitto al secondo. 

Profitti record per i monopolisti del cibo

La pandemia ha prodotto 62 nuovi miliardari nel settore alimentare.
Insieme ad altre tre imprese, la famiglia Cargill controlla il 70% del mercato agricolo globale, e ha realizzato l’anno scorso il più grande profitto nella sua storia (5 miliardi di dollari di utile netto), record che potrebbe essere battuto nel 2022. La sola famiglia Cargill conta ora 12 miliardari, rispetto agli 8 di prima della pandemia.

Dallo Sri Lanka al Sudan, i prezzi alle stelle dei prodotti alimentari innescano dissesti sociali e politici: il 60% dei paesi a basso reddito è sull’orlo della crisi a causa del debito; l’inflazione è in aumento ovunque con conseguenze durissime per i lavoratori con basso salario. Rispetto ai paesi più ricchi, in quelli in via di sviluppo si spende più del doppio del reddito per il cibo.

Ricchezza e redditi sempre più concentrati

Oggi, 2.668 miliardari – 573 in più rispetto al 2020 – possiedono una ricchezza netta pari a 12.700 miliardi di dollari, con un incremento pandemico, in termini reali, di 3.780 miliardi di dollari.

I 20 miliardari più ricchi del mondo hanno patrimoni che valgono più dell’intero Pil dell’Africa subsahariana.

Su scala globale, un lavoratore che si trova nel 50% degli occupati con retribuzioni più basse dovrebbe lavorare per 112 anni per guadagnare quello che un lavoratore nel top 1% guadagna in media in un solo anno.

L’elevata informalità dell’economia e i sovraccarichi del lavoro cura hanno tenuto fuori dalla forza lavoro 4 milioni di donne in America Latina e nei Caraibi.

Vaccini a 24 volte il costo di produzione ma l’87% del mondo povero non è vaccinato

La pandemia ha prodotto 40 nuovi miliardari anche nel settore farmaceutico che ha registrato negli ultimi due anni profitti da capogiro. Imprese come Moderna e Pfizer hanno realizzato 1.000 dollari di profitto al secondo grazie al solo vaccino Covid-19 e, nonostante abbiano usufruito di ingenti risorse pubbliche per il suo sviluppo, fanno pagare ai governi le dosi fino a 24 volte in più rispetto al costo di produzione stimato, anteponendo gli utili alla tutela della salute globale in un mondo in cui l’87% dei cittadini nei paesi a basso reddito non ha ancora completato il ciclo vaccinale.

Tutto questo è stato documentato da Oxfam in occasione dell’apertura del meeting annuale del World Economic Forum in presenza a Davos.

“I miliardari a Davos potranno brindare all’incredibile impulso che le loro fortune hanno ricevuto grazie alla pandemia e all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, –  rimarcava in quell’occasione  Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International  – ma allo stesso tempo decenni di progressi nella lotta alla povertà estrema rischiano di essere vanificati con milioni di persone lasciati senza mezzi per poter semplicemente sopravvivere”.
Non dite “non ne eravamo a conoscenza”. 

Post scriptum. Il 5 Novembre prossimo Roma sarà teatro di una manifestazione nazionale per la pace. Una pace giusta che è altra cosa dall’assenza di guerra. E una pace giusta non può che fondarsi sulla lotta alle diseguaglianze e allo sfruttamento di popoli e continenti. Oxfam è parte di questo mondo solidale. Un mondo consapevole. Da sostenere, ognuno come può. 

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