Migranti, il Parlamento europeo boccia il bilancio di Frontex
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Migranti, il Parlamento europeo boccia il bilancio di Frontex

Nel testo della risoluzione approvata con 345 voti favorevoli, 284 contrari e 8 astensioni gli eurodeputati hanno sottolineato "l'entità della colpa grave e delle altre irregolarità individuate" sotto il precedente direttore esecutivo dell'agenzia,

Migranti, il Parlamento europeo boccia il bilancio di Frontex
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Ottobre 2022 - 18.10


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Il “caso Frontex”. Globalist lo ha documentato in più articoli. Ora la vicenda è “esplosa” a Bruxelles. Il Parlamento europeo ha rifiutato di approvare il bilancio 2020 di Frontex. Nel testo della risoluzione approvata con 345 voti favorevoli, 284 contrari e 8 astensioni gli eurodeputati hanno sottolineato “l’entità della colpa grave e delle altre irregolarità individuate” sotto il precedente direttore esecutivo dell’agenzia, Fabrice Leggeri, dimessosi il 28 aprile 2022 a seguito della pubblicazione della relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). Frontex “non è riuscita a proteggere i diritti dei migranti”, hanno aggiunto gli eurodeputati.

Stando agli eurodeputati “l’agenzia non è riuscita a proteggere i diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo e, secondo i media, è stata coinvolta in operazioni di respingimento illegale di almeno 957 rifugiati tra marzo 2020 e settembre 2021”. Gli eurodeputati hanno espresso quindi “sconcerto e profonda preoccupazione per il caso di suicidio di un membro del personale, connesso a presunte pratiche di molestia sessuale e osserva che dei 17 casi di presunte molestie sessuali segnalati nel 2020”.

Frontex, hanno ancora rilevato, “non ha attuato alcune delle condizioni stabilite nelle precedenti relazioni di discarico del Parlamento, e chiede di sospendere il sostegno dell’Agenzia alle operazioni di rimpatrio dall’Ungheria, data la situazione dello Stato di diritto nel paese”. Per quanto riguarda la situazione in Grecia il testo esprime “preoccupazione per le recenti rivelazioni secondo cui l’ex direzione esecutiva dell’Agenzia era a conoscenza di respingimenti illegali”.

Il caso Frontex

Frontex non utilizza il suo meccanismo interno di monitoraggio e segnalazione per indagare su potenziali violazioni dei diritti fondamentali o degli obblighi di protezione internazionale. E’ l’accusa mossa da 7 ong che operano a Samos, in Grecia, tra le quali “Still I Rise” che chiedono la sospensione delle operazioni dell’Agenzia della guardia di frontiera e costiera Ue nell’area.

A luglio, attraverso una richiesta di Accesso Civico Generalizzato (Foi), il gruppo delle ong ha ottenuto i rapporti sugli incidenti gravi (Sir) compilati da Frontex dal 2016nell’area operativa di Samos, rilevando che l’ultimo evento registrato risale all’ottobre 2019, per la precisione “1.0181 giorni fa”. “Eppure – evidenzia la coordinatrice di Advocacy per l’Egeo di Europe Must Act -, noi abbiamo identificato almeno 34 incidenti, tra cui violenti respingimenti e incendi nella struttura di accoglienza, che chiaramente rientrano” nella categoria di ‘incidenti gravi’.

Le organizzazioni firmatarie chiedono che il gruppo di lavoro sul controllo di Frontex della commissione per le Libertà civili (Libe) del Parlamento europeo indaghi su un elenco di eventi che potrebbero essere considerati Sir, secondo la definizione della stessa Frontex, e che venga presentata una richiesta ufficiale per far scattare l’articolo 46 che prevede l’interruzione di qualsiasi attività dell’Agenzia se in un’area si verificano “violazioni dei diritti fondamentali di natura grave e che potrebbero persistere”. “Per anni – denunciano le ong -, questa condizione è stata chiaramente soddisfatta a Samos, eppure Frontex è rimasta. È ora che Frontex obbedisca alla legge e al suo regolamento istitutivo e faccia scattare l’articolo 46”. Le ong chiedono anche di sospendere il rilascio del bilancio annuale dell’agenzia fino a quando non ci sarà una revisione completa e indipendente dei fatti e la partecipazione del direttore esecutivo ad interim a una sessione di interrogazioni parlamentari. 

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Alle radici del caso

A ricostruire la vicenda è Alessandro Balbo in un puntuale report su Linkiesta., dal titolo ”Come Frontex ha violato i diritti umani dei profughi (mentendo all’Unione Europea.

“Già a maggio l’Eurocamera – ricorda Balbo –  aveva rinviato la certificazione del bilancio 2020 di Frontex, mentre nell’ottobre 2021 aveva chiesto 

di congelare 90 milioni di euro del progetto proposto dall’agenzia per il 2022, ovvero il 12% di un finanziamento totale che si aggira intorno ai 758 milioni di euro. «La questione finanziaria è ovviamente importantissima dal momento che stiamo parlando dei soldi di tutti i cittadini europei, i quali non possono essere spesi in maniera poco limpida o per perseguire scopi ingiusti».

Il 29 aprile 2022 l’allora direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, si era dimesso  in seguito alla pubblicazione, a febbraio, di una dettagliata relazione 

 dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) in cui si evidenziavano le responsabilità dell’agenzia nella copertura di gravi violazioni dei diritti umani presso le frontiere esterne dell’Unione, e dell’elusione delle richieste di chiarimento da parte di Commissione e Parlamento Europeo attraverso omissioni e dichiarazioni false. Dimissioni cui non ha evidentemente fatto seguito un reale cambiamento culturale e strutturale all’interno dell’enorme apparato securitario europeo di frontiera. Per questo 345 eurodeputati hanno votato per rifiutare il discarico contro 284 contrari e 8 astensioni. Frontex ha il compito di controllare le frontiere esterne degli Stati dell’Unione europea e di quelli aderenti al trattato di Schengen. Venne fondata nel 2016 in risposta alla monumentale emergenza profughi cui l’Europa stava assistendo, sostituendosi alla precedente agenzia omonima creata nel 2004, dimostratasi però inefficace nel conseguire gli obiettivi iniziali. Quelli della nuova Frontex sono, essenzialmente, assistere gli Stati europei in modo attivo nella gestione delle crisi migratorie, organizzando operazioni congiunte di assistenza umanitaria e rimpatrio, rafforzare il controllo delle frontiere esterne. A livello pratico, Frontex si avvale dei corpi di polizia e delle guardie di frontiera dei Paesi membri, e può dotarsi di propri mezzi, siano essi navi o aerei, concessi in dotazione dagli Stati in cui essi sono registrati.

Fino a pochi giorni fa, l’accesso al rapporto Olaf che ha portato alle dimissioni di Leggeri era limitato a pochissime persone: rappresentanti della Commissione europea, del Management Board di Frontex, alcuni membri del Parlamento europeo e, ovviamente, della stessa Olaf. I suoi contenuti, però, erano stati pubblicati a a luglio dalla testata tedesca Der Spiegel e dal gruppo di giornalismo investigativo Lighthouse Reports. Giovedì 13 ottobre Der Spiegel e il sito tedesco FragDenStaat ha reso pubblico  il documento nella sua versione integrale, con gli omissis necessari alla tutela delle persone coinvolte.

Il rapporto, la cui elaborazione è durata 16 mesi, è lungo oltre 120 pagine, e descrive gravi violazioni perpetrate dall’agenzia, occorse a diversi livelli. Uno degli aspetti principali dell’operato illecito di Frontex riguarda le sue attività sul lato orientale dell’Europa, soprattutto al confine tra Grecia e Turchia e nei Balcani. Lo stesso Parlamento europeo, nelle motivazioni che hanno accompagnato la votazione sul discarico del bilancio 2020, ha fatto riferimento al sostegno dell’agenzia nelle operazioni di rimpatrio in Ungheria e, in particolare, alle sue responsabilità dirette e indirette dei respingimenti illegali in Grecia.

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Il confine greco-turco, che comprende una parte terrestre e una marittima, è spesso al centro di scontri politici e polemiche sui diritti umani dei rifugiati. Basti pensare alla notizia del ritrovamento, venerdì 14 ottobre, di 92 migranti completamente nudi vicino al fiume Evros da parte delle autorità greche. Le testimonianze raccontano di una costrizione a passare il confine da parte delle forze turche, attività che avviene sistematicamente e pone i migranti tra l’incudine di Ankara, che spinge le persone con la forza verso l’Europa, e il martello di Atene, che invece non le vuole.

La Grecia è uno dei partner più importanti di Frontex, che conta nel Paese numerosi agenti. Il ministro delle migrazioni greco, Notis Mitarachi, non ha mai nascosto il suo sostegno ai respingimenti di migranti e, a gennaio, ha ringraziato Leggeri per il contributo di Frontex nel ridurre l’arrivo di persone all’interno dei confini ellenici. Il rapporto Olaf spiega come, il 5 agosto 2020, un aereo di Frontex in volo sull’Egeo avvistò una barca con circa 30 persone a bordo venir rimorchiata dalle autorità greche verso le acque territoriali turche, lanciando quello che tecnicamente viene definito Serious Incident Report(Sir) in quanto il fatto costituiva una violazione dei diritti umani. Nel giro di un mese, l’aereo venne ricollocato nel Mediterraneo Centrale: durante una perquisizione negli uffici di Frontex, l’Olaf ha riscontrato in una nota scritta a mano come l’aereo fosse stato ritirato «per non testimoniare».

Atti di respingimento come quello a cui assistette l’aereo di Frontex non sono eccezionali, e non lo sono nemmeno i tentativi di coprirli da parte dell’agenzia. Ad aprile Der Spiegel, insieme con Lighthouse Reports, le Monde e altre testate, ha pubblicato una grande inchiesta resa possibile grazie all’ottenimento di dati interni ottenuti tramite Foia (Freedom of Information Act). L’articolo spiega come decine di atti di respingimento, anche violento, da parte delle autorità greche, siano state derubricate da Frontex come azioni di “Prevenzione della partenza”, definizione che però non corrisponde alla realtà. Nel maggio del 2020, ad esempio, le forze armate greche respinsero al largo dell’isola di Samos 30 persone in mare sparando nell’acqua, colpendo la loro barca con un uncino e distruggendone il motore. Le misero poi su due gommoni e le trascinarono verso la Turchia, dove sarebbero state recuperate solo molte ore dopo dalle autorità di Ankara. «Non sembrano esserci respingimenti nel database di Frontex» scrive lo Spiegel. «I rifugiati tornano volontariamente indietro con le loro barche o almeno vengono intercettati senza l’intervento della guardia costiera greca. È uno sguardo su una realtà alternativa».

I respingimenti alla frontiera, è importante ribadirlo, sono illegali. L’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani stabilisce il «diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni», mentre la Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati del 1951 sancisce il principio di “non refoulement”, ossia di non respingimento, affermando all’articolo 33 che «Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

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Il respingimento costituisce, quindi, una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo. Tali abusi vengono commessi in ogni segmento della frontiera esterna dell’Unione, inclusa l’Ungheria. Nel Paese, sul cui confine con la Serbia corre un muro di filo spinato che taglia la carne dei disperati – uomini, donne e bambini – che provano ad attraversarlo, le forze di polizia operano sistematicamente respingimenti, anche violenti. Nonostante ciò, Frontex ha confermato poche settimane fa il proprio sostegno alle attività di rimpatrio, dicendosi semplicemente «consapevole» di quelli che ha definito «rischi potenziali» per i richiedenti asilo. La presenza di Frontex sul suolo ungherese era stata confermata da una volontaria attiva nel nord della Serbia, che aveva raccontato a Linkiesta  come lei e i suoi colleghi avessero ricevuto riscontri dai migranti «che descrivevano agenti con indosso le uniformi di Frontex coinvolti nei respingimenti». Uno di loro, picchiato ripetutamente sulle gambe, aveva indicato «l’uniforme di Frontex in una selezione di foto, descrivendo come gli agenti avessero una bandiera tedesca sul braccio».

Ma il rapporto Olaf pubblicato nei giorni scorsi non si limita a riportare casi di occultamento dei respingimenti. Le violazioni vanno oltre il livello del campo per raggiungere i più alti gradi della struttura interna di Frontex, e dei suoi rapporti con gli altri organismi europei. L’agenzia antifrode spiega come l’Ufficio per i Diritti Fondamentali (Fundamental Rights Office,Fro) interno a Frontex sia stato emarginato, stigmatizzato ed escluso dalle operazioni dell’agenzia, la cui leadership ne ha di fatto impedito il naturale lavoro di sorveglianza. La resistenza interna verso il Fro è ben testimoniata dai messaggi WhatsApp in cui la posizione pro-diritti dell’Ufficio è descritta come una «dittatura intellettuale» e paragonata al «terrore degli Khmer Rossi», e i suoi agenti etichettati come «esterni».

Uno dei modi per ostacolare il lavoro del Fro era limitare l’accesso dell’Ufficio al sistema Eurosur di sorveglianza di frontiera, ma presto si è andati oltre. Nel 2020, Frontex ha deciso di classificare i Serous Incidents Reports, la principale traccia fisica di eventuali violazioni dei diritti fondamentali, impedendone la visione al Fro. Sempre che i Sir venissero effettivamente compilati: sembra infatti che, per evitare ripercussioni, gli agenti evitassero di riportare quanto avevano visto ciò a cui avevano partecipato. La Commissione europea, dopo ripetute segnalazioni civili e giornalistiche nel corso del 2020, iniziò presto a chiedere risposte a Frontex rispetto al miglioramento dei meccanismi di protezione dei diritti. L’Olaf ha riscontrato come l’agenzia abbia depistato la Commissione offrendo una visione parziale degli eventi, evitando di cooperare e arrivando addirittura a mentire nei confronti del Parlamento Europeo. Tutto ciò è definito dall’Olaf come «una mancanza di lealtà nei confronti dell’Unione».

Così Balbo. Resta il fatto che Frontex è lo strumento, non l’unico certamente ma uno dei più funzionali, di quella politica di esternalizzazione delle frontiere che è all’origine dei crimini contro l’umanità perpetrate sulle tante rotte della morte. La domanda allora è: chi controlla i controllori? 

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