Migranti, quei bimbi morti carbonizzati: un crimine che resterà impunito
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Migranti, quei bimbi morti carbonizzati: un crimine che resterà impunito

Due bambini morti, altri due ustionati, cinque donne ferite tra cui una donna incinta. Sono le notizie relative a quanto accaduto un barcone carico di migranti diretto a Lampedusa

Migranti, quei bimbi morti carbonizzati: un crimine che resterà impunito
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

22 Ottobre 2022 - 12.50


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L’hanno trattata come l’ennesima “tragedia in mare”. Qualche riga in più perché le vittime sono due bambini. Qualche lacrima di circostanza in più per l’atrocità della loro fine: morti carbonizzati. Globalist non si stancherà mai di denunciare che non si tratta di “tragedia” ma di crimine contro l’umanità. Un crimine che resterà impunito.

Una tragedia rubricata a cronaca

Due bambini morti, altri due ustionati, cinque donne ferite tra cui una donna incinta. Sono le notizie relative a quanto accaduto un barcone carico di migranti diretto a Lampedusa. Sul barcone c’erano 38 persone. I piccoli morti sono un maschietto e una femminuccia. Due le ipotesi: l’esplosione del motore che avrebbe investito i due bimbi- di uno e due anni – che erano vicini e che sono morti carbonizzati, oppure lo scoppio delle taniche del carburante provocato da una scintilla del motore, che i profughi cercavano di riaccendere, rimasto in panne durante la navigazione. Diversi i feriti: la più grave, madre di una delle piccole vittime, sarebbe una donna d 25 anni, incinta, intubata e trasportata in elisoccorso al Civico di Palermo. Ustionati anche altri profughi seduti a poppa dell’imbarcazione. Secondo le testimonianze dei migranti la madre dell’altro bimbo deceduto sarebbe dispersa in mare. Le salme dei bambini sono già sbarcate a molo Favarolo. Insieme alla donna intubata l’elisoccorso ha trasportato da Lampedusa a Palermo un bimbo di due anni con ustioni in tutto il corpo e un ragazzo con ustioni alle gambe. Un altro elisoccorso, partito da Pantelleria, ha recuperato altri due feriti. L’operazione di soccorso è coordinata dalla sala operativa del 118 di Palermo diretta da Fabio Genco.

È stata aperta un’inchiesta per stabilire cosa abbia innescato l’incendio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato. La procura di Agrigento, con il facente funzioni Salvatore Vella, coordina l’inchiesta aperta dalla Guardia costiera. Il capo dei pm sta coordinando il comando generale della Capitaneria, la Guardia costiera di Lampedusa e la Squadra Mobile. “Ci sono due bambini piccolissimi morti bruciati e diversi feriti – conferma il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella – . I migranti sono stati trasbordati sulle unità di soccorso e il barchino è stato lasciato alla deriva ancora galleggiante”. Nessuno ha certezza di quello che sia avvenuto sul quella carretta del mare, ma il fatto che il barchino sia stato lasciato alla deriva ancora galleggiante è indicativo del fatto che non può esserci stata una esplosione sul natante. Spetterà comunque all’inchiesta, che è stata appena aperta, fare chiarezza su cosa abbia determinato l’incendio a 

L’imbarcazione a bordo della quale hanno perso la vita due bambini era stata segnalata in difficoltà questa mattina “in area di responsabilità Sar maltese, in prossimità dei limiti dell’area Sar italiana” da un motopesca tunisino che ha contattato la Guardia costiera di Lampedusa secondo quanto riferisce la stessa Guardia costiera. In accordo con le Autorità maltesi – che hanno coordinato l’invio di mezzi – una motovedetta della Guardia costiera di Lampedusa è stata inviata sul posto e ha recuperato 38 migranti, parte dei quali già soccorsi dal peschereccio, tra cui anche i corpi privi di vita di due minori. Il motopesca tunisino, intervenuto per primo in soccorso, prosegue la Guardia costiera, “ha riferito di un’esplosione avvenuta a bordo del barchino. I migranti soccorsi sono giunti a Lampedusa mentre, al momento, risulterebbe dispersa ancora una donna. Un aereo ed una motovedetta della Guardia Costiera sono impegnati nelle operazioni di ricerca”.

“Il presidente della Commissione Europea venga a Lampedusa a vedere quello che succede. È un inferno. Sono sindaco da appena 100 giorni e ho già contato 5 morti”. Lo ha detto il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino, appresa la notizia dell’ennesima tragedia che si è registrata nelle acque antistanti a Lampedusa. “L’Europa deve fare immediatamente qualcosa, non è più possibile far morire la gente”, ha aggiunto, sotto choc, Mannino che si trova a Linosa per una inaugurazione. “Da dieci anni bambine e bambini innocenti muoiono di fame, di sete, ustionati, annegati in mare. È il grande genocidio nel Mediterraneo di questo secolo” dice Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia. “Anche stavolta, come in passato, siamo spettatori inermi. Fanno male certe notizie, proviamo tanta rabbia e tristezza per questi 10 anni di colpevole indifferenza. Non scrivo più neanche basta. Mi inginocchio e chiedo scusa. Spero lo facciano anche i più umani tra i leader europei che sono prima di tutto padri e madri e tutti gli uomini e le donne che hanno a cuore l’umanità – prosegue – È un giorno tristissimo”.

Omicidi, torture, schiavitù

E se non muoiono in mare, ciò che attende quei disperati è l’inferno dei lager libici, nei quali vengono ricacciati dalla cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall’Italia per fare il lavoro sporco a posto nostro. I migranti detenuti in Libia sono vittime di atroci abusi, in particolare le donne che vengono violentate in cambio di cibo e acqua. La denuncia arriva dalle Nazioni Unite che hanno redatto un nuovo rapporto sullo stato dei migranti detenuti in Libia.  Rapporto precedente a quello documentato da Scavo. 

Gli investigatori dell’Onu spiegano che i migranti che cercano di raggiungere l’Europa hanno subito violenze sessuali da parte dei trafficanti di esseri umani, spesso con l’obiettivo di estorcere denaro alle famiglie rimaste nei paesi di origine. “L’Onu ha fondati motivi per ritenere che crimini contro l’umanità siano stati commessi contro i migranti in Libia”. Il rapporto si basa su numerose testimonianze rese dagli stessi detenuti. Migliaia di migranti sono detenuti nei centri gestiti dalla Direzione per la lotta all’Immigrazione illegale (Dcim), in strutture controllate da gruppi armati non statali o tenuti prigionieri dagli stessi trafficanti.

Detenuti in modo “arbitrario e sistematico”, sono vittime di “omicidio, sparizione forzata, tortura, riduzione in schiavitù, violenza sessuale, stupro e altri atti disumani”, si legge nel rapporto presentato a Ginevra. Le donne migranti, anche minori, sono soggette a violenza sessuale e affermano di essere state “costrette a fare sesso in cambio di cibo o altri prodotti essenziali”. Tra le vittime di violenza sessuale figurano anche molti uomini. Gli autori del rapporto, inoltre, spiegano che proprio per il rischio “noto” di violenze sessuali, alcune “donne e ragazze migranti si sono premunite attraverso impianti contraccettivi prima di intraprendere il viaggio verso la Libia per evitare gravidanze indesiderate”. Una donna migrante, tenuta prigioniera ad Ajdabiya, ha raccontato che i suoi rapitori le chiedevano sesso in cambio di acqua, acqua di cui aveva bisogno per il suo bambino malato di sei mesi.

La missione conoscitiva, avviata nel giugno 2020 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha il compito di documentare gli abusi commessi in Libia dal 2016. Il suo mandato sta finendo ma un gruppo di paesi africani ha depositato una bozza di risoluzione per prorogarlo di altri nove mesi. Se ne parlerà alla fine della prossima settimana. Lo scorso ottobre, gli investigatori hanno assicurato che crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono stati commessi in Libia dal 2016, anche nelle carceri e contro i migranti. Tuttavia, l’elenco degli autori di queste atrocità rimane riservato. I funzionari libici, intanto, si incontreranno questa settimana a Ginevra per discutere il progetto di quadro costituzionale per le elezioni in Libia, dove due governi si contendono il potere. La Libia è nel caos dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011.

La denuncia dell’Oim

L’Ue e i suoi governi nazionali continuano a distogliere lo sguardo dal “paesaggio infernale” delle condizioni dei migranti rimpatriati in Libia. L’accusa arriva direttamente dagli osservatori internazionali testimoni delle uccisioni, delle torture e degli stupri che si verificano nei centri di detenzione statali del Paese del Nord Africa.  Le accuse di condiscendenza dell’Unione europea nei confronti delle forze libiche sono arrivate da Federico Soda, responsabile per la Libia dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), l’agenzia delle Nazioni Unite che monitora il fenomeno migratorio e offre assistenza ai governi coinvolti. “La maggior parte degli Stati membri tace su questi problemi in Libia”, ha detto Soda in una conferenza stampa a Bruxelles, alla fine di maggio. Su una serie di questioni nel Paese noi” osservatori internazionali “siamo l’unica voce”, ha aggiunto.  “Questo è problematico. Ciò che mi preoccupa è una specie di acquiescenza”, ha precisato il responsabile dell’Oim interpretando così l’atteggiamento europeo: “Non è un problema sulla nostra sponda, quindi teniamolo lì”.

Secondo un recente rapporto Oim, nel 2021 si è raggiunta la cifra record di 32.425 persone rimpatriate in Libia dopo aver tentato di raggiungere l’Europa. I migranti intercettati sul territorio libico o soccorsi nel Mediterraneo vengono poi rinchiusi in centri di detenzione descritti come veri e propri lager. 

L’Ue non solo viene accusata di non fare nulla per i diritti umani in Libia, ma anche di erogare finanziamenti alla guardia costiera libica per effettuare operazioni che dovrebbero limitarsi alla ricerca e al soccorso in mare. Ma Amnesty International accusa i libici di condotte sconsiderate, come il danneggiamento o il capovolgimento delle imbarcazioni pur di bloccare i migranti che cercano di lasciare le acque territoriali della Libia. Parlando con i giornalisti, il responsabile Oim per la Libia ha preferito non fare nomi di leader politici o singole autorità dell’Ue accusate di inerzia di fronte alle palesi violazioni dei diritti umani. “Penso che l’intera comunità abbia una responsabilità”, ha detto Soda, “perché quando le società diventano polarizzate come lo siamo stati noi sulle questioni migratorie, penso che tutti dobbiamo guardarci allo specchio e forse metterci nei panni e nelle condizioni dalle quali provengono queste persone”.

C’è chi dice no. E si mette in mare

Salperà da Genova verso il largo delle coste libiche i primi giorni di novembre per dare il suo contributo al salvataggio delle persone migranti che cercano di attraversare il Mediterraneo alla ricerca di una vita migliore. È la “Life Support”, la prima nave di Emergency ad occuparsi direttamente di ricerca e soccorso migranti, presentata oggi al Porto Antico del capoluogo ligure, dove stanno per terminare i lavori di risistemazione necessari per venire incontro alle esigenze dell’imbarcazione.

Costruita nel 2002, la nave era nata come supporto alle piattaforme petrolifere norvegesi ed è stata acquistata da Emergency grazie alle donazioni ricevute dai privati, per un totale di quasi tre milioni di euro, che hanno coperto anche le spese dei lavori eseguiti dai cantieri San Giorgio di Genova. “I diritti devono essere di tutti, sennò si chiamano privilegi”, è la frase del fondatore Gino Strada, scomparso nel 2021, stampata sul fianco della nave. Strada voleva fortemente una nave interamente di Emergency, i cui volontari operavano a bordo di navi di altre ong. “Abbiamo deciso di metterci la faccia”, ha spiegato la presidente di Emergency, Rossella Miccio. “Il nostro è un lavoro di supplenza a fronte di una necessità sempre crescente. Non sarebbe responsabilità delle ong quella di intervenire in questo ambito, ma è responsabilità degli Stati. Noi agiamo in assenza di questo, perché ci sembra indispensabile dover supplire”.

Un ponte coperto per accogliere i migranti

Caratteristica peculiare della “Life Support” – lunga 51,3 metri, larga 12 per oltre 1300 tonnellate di peso – è quella di disporre di un ponte coperto di 250 metri riprogettato da zero per accogliere meglio i migranti, grazie anche alla presenza di un ambulatorio in cui operano un medico, due infermieri e due mediatori culturali. “Il ponte coperto è stata la caratteristica fondamentale per scegliere questa nave”, ha spiegato Carlo Maisano, project coordinatore di “Life Support” e anche i grandi spazi dell’imbarcazione, ha sottolineato, sono stati determinanti per dare sicurezza all’equipaggio e alle persone soccorse. In totale saranno 175 le persone che potranno essere accolte, dopo il salvataggio, dai 27 membri del personale a bordo, compreso l’equipaggio, i medici e gli infermieri. Presente sulla nave anche un container-ambulanza e un’area ricoveveri.

1.200 persone morte nel Mediterraneo solo nel 2022

“Le patologie più comuni”, ha sottolineato l’infermiere Roberto Maccaroni, da 12 anni al servizio di Emergency, “sono ustioni da sole o da carburante, problemi ginecologici, perchè la maggioranza delle donne che arrivano sono incinte, fino alle sindromi di annegamento, arresti cardiocircolatori”, ma anche denutrizione e disidratazione”. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni dal 2014 da oggi sono oltre 23.800 le persone morte o scomparse nella rotta del Mediterraneo centrale. Nel 2022 sono 1.200 le persone finora morte o disperse. Oltre 1.500 nel 2021, una media di quattro al giorno.

Prefetto di ferro. Contro le Ong.

Il neo ministro dell’Interno del governo più di destra in Italia dopo Benito Mussolini, è il prefetto Matteo Piantedosi. Così l’Ansa: “Napoletano, 59 anni, sposato con due figlie, laureato in Giurisprudenza, nel suo curriculum spicca il periodo da capo di Gabinetto del periodo da capo di Gabinetto dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dal giugno 2018 al settembre 2019. Con l’arrivo della ‘collega’ Lamorgese, ha continuato a ricoprire quel ruolo al suo fianco fino all’agosto del 2020, quando è stato nominato prefetto di Roma.  Da uomo di fiducia di Salvini, Piantedosi diventa ministro del Governo Meloni in quota Lega. Con il leader del Carroccio il nuovo capo del Viminale ha gestito la complessa macchina del ministero nella stagione dei ‘porti chiusi’ e dei decreti sicurezza. A lui il compito di tradurre in provvedimenti ‘sostenibili’ le linee guida improntate al pugno di ferro in materia di flussi migratori. Proprio insieme a Salvini, il prefetto è finito nel registro indagati della procura di Agrigento per i reati di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio in riferimento al caso Diciotti, la nave della Guardia Costiera cui non fu concesso di sbarcare i migranti soccorsi nell’agosto 2018. Il seguito della vicenda processuale ha visto il capo di Gabinetto escluso dagli indagati e, per quanto riguarda Salvini, il Senato ha votato contro l’autorizzazione a procedere chiesta dai magistrati”.

Mala tempora currunt. Tempi neri. 

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