“Siam quelli là/quelli tra palco e realtà”, cantava Ligabue. Quelli che “la pacchia è finita”, della linea dura. Quelli che bisogna far vedere che la musica è cambiata. Dio, patria e famiglia. Ordine e sicurezza. Sennò che destra sarebbe? E allora avanti, ecco a voi il perentorio ordine di sgombero a Modena, il decreto anti-assembramenti non autorizzati, l’olio di ricino legislativo di un nuovo reato a chi sgarra con pene fino a sei anni di carcere per “invasione di edifici finalizzata a raduni di oltre 50 persone da cui possono derivare pericoli per l’incolumità pubblica, l’ordine pubblico o la sanità pubblica”.
Ma c’è rave e rave. Pugno di ferro contro i deviati, i drogati, le zecche rosse. Non una mossa e una parola contro gli ultras prevalentemente di destra che invadono e sequestrano le curve negli stadi e contro l’ennesima vergognosa adunata fascista di Predappio, che il titolare del Viminale (oggi sul Corsera) definisce una semplice “pagliacciata”, che in quanto tale non rappresenta alcun pericolo per la Nazione. Due pesi e due misure contro l’illegalità. E per fortuna che a Modena è prevalso il buon senso. Diversamente, come ha ammesso il prefetto, “le conseguenze di un’azione di forza ci avrebbero potuto perseguitare tutta la vita”. Diciamolo: un atteggiamento responsabile quello del prefetto e delle forze dell’ordine, una postura mascellare ma non una gran figura per il nuovo ministro dell’Interno al debutto. Tra palco e realtà, appunto.
Del resto, per Giorgia Meloni l’antifascismo è quello dei facinorosi di sinistra con la chiave inglese contro i ragazzi di destra. “Perché è la sua storia – commenta Zerocalcare (oggi su Repubblica) – la storia di una comunità politica che è in piena continuità con il neofascismo degli anni Settanta. Non vedo alcuna vocazione al superamento del fascismo. Una volta giunta alla fine della traversata, non mi stupisce che si tolgano i sassolini dalle scarpe. È il solito vittimismo. Raccontano la storia come fa comodo a loro, dimenticando che, in quegli anni, i neofascisti mettevano le bombe sui treni e nelle stazioni d’accordo con i servizi segreti”.
La destra che non riesce a spegnere la fiamma e ad evolversi la si vede anche nelle nomine dei viceministri e sottosegretari che oggi giureranno sulla Costituzione. Nomine con diverse macchie nere. C’è Galeazzo Bignami, bolognese, deputato di Fratelli d’Italia, vicinissimo alla Meloni, scuola Movimento sociale, famoso per la sua foto di addio al celibato vestito da nazista, con tanto di svastica. Oggi (sul Corsera) si mostra pentito, dice di vergognarsi di quella foto che non lo rappresenta, che è stata solo una goliardata, un errore di gioventù. Ma quando l’ha fatta aveva 29 anni, era già un uomo maturo e un politico affermato. Da oggi sarà viceministro alle Infrastrutture, vice di quel Salvini che veniva a Bologna a suonare i citofoni mentre Bignami postava la foto dei campanelli per far vedere che lì abitavano i neri.
C’è Isabella Rauti, figlia di Pino, fondatore di Ordine nuovo che fu indagato per le stragi fasciste che insanguinarono l’Italia negli anni Settanta, pure lei con la fiamma nel cuore, nominata sottosegretaria alla Difesa. All’istruzione invece va Paola Frassinetti, un passato da dirigente del Fronte della gioventù, che in Parlamento ha negato la matrice fascista della strage di Bologna e sostiene i neonazisti di “Lealtà e Azione”, mentre nel ristorante del suo compagno, nel varesotto, si fanno iniziative con l’ideologo di Putin, Alexander Dugin, padre di Darya Dugina, fatta saltare recentemente in aria a Mosca in un attentato di matrice ucraina. Infine, sottosegretario al Lavoro sarà da oggi quel Claudio Durigon che un anno fa fu costretto a dimettersi da sottosegretario all’Economia per le polemiche seguite alla sua proposta di intitolare la Piazza Falcone Borsellino di Latina ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce. È la destra bellezze! E siamo solo al primo atto.
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