Migranti, la narrazione sovranista e vittimista di Giorgia Meloni smontata dai dati europei
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Migranti, la narrazione sovranista e vittimista di Giorgia Meloni smontata dai dati europei

Il “Fascismo eterno” ha bisogno di un nemico su cui costruire la propria identità, plasmare la psicologia di una nazione. Erano gli ebrei, oggi i migranti invasori.  E il governo Meloni non si sottrae

Migranti, la narrazione sovranista e vittimista di Giorgia Meloni smontata dai dati europei
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Novembre 2022 - 14.19


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Narrano i velinari di palazzo, quelli che in un battibaleno hanno già cambiato livrea di servizio, che i “pontieri” sono alacremente al lavoro per ricucire lo strappone tra Parigi e Roma. Narrano di una Europa che recepisce le preoccupazioni italiane e lavora per l’ennesimo vertice con al centro l’emergenza migranti. E questo, sottolineano i narratori, perché “l’Italia non va lasciata da sola”. 

I narratori compiacenti

Narrano, appunto. Perché di questo si tratta. La narrazione che piega la realtà ai desiderata del padrone politico di turno. Una narrazione che non fa i conti con quel “Fascismo eterno”  mirabilmente descritto da Umberto Eco e che Globalist ha ripreso in più articoli. Il “Fascismo eterno” ha bisogno di un nemico su cui costruire la propria identità, plasmare la psicologia di una nazione. Erano gli ebrei, oggi i migranti invasori. 

Il “Fascismo eterno” si nutre di dichiarazioni sprezzanti quanto efficaci, di manganellate dialettiche che riducono una umanità sofferente in “carichi residuali”. Non esistono le persone. Esistono i migranti. In questo, la presidente del Consiglio, non ha competitori. Molto più brava del rozzo Salvini, Giorgia Meloni sa che il suo elettorato, e ancor più gli attivisti di Fratelli d’Italia, vuole sentirsi “accudito” e fomentato nel suo identitarismo di fascistica memoria, nel senso declinato da Eco. 

Una riprova è la conferenza stampa nel vivo dello scontro con la Francia. Ecco un passaggio del Meloni-pensiero: “Ora tre cose possiamo fare: possiamo decidere che siamo l’unico porto d’Europa ma non sono d’accordo, non ho avuto questo mandato dagli italiani. Ipotesi due: non credo che si debba litigare ogni volta con Francia, Grecia, Spagna, Malta…Unica soluzione comune, e ne ho parlato con Macron, Germania e Ue, è la difesa dei confini esterni dell’Ue, bloccare le partenze, aprire hotspot. Abbiamo speso milioni di euro per aiutare la Turchia, ora serve una soluzione europea”. “Io continuo a dare la mia disponibilità per incontrarci e per mettere sul tavolo le soluzioni perché io francamente non so quale siano. Noi non siamo più in grado di occuparcene ed abbiamo un mandato per occuparcene in modo diverso”.

In questi passaggi c’è tutta la destra che governa oggi l’Italia. Che sul fronte migranti, concepito come un fronte di guerra, ha in testa una cosa sola: bloccare le partenze. Non parla esplicitamente del blocco navale, suo vecchio e mai dismesso pallino, ma di questo si tratta. Bloccare le partenze come proiezione più radicale e guerrafondaia di quella che da tempo, da sempre, è l’ossessione dell’Europa. Una ossessione praticata: l’esternalizzazione delle frontiere. Esternalizzazione che significa riempire di euro gendarmi, satrapi, sultani, generali, che si prestano a fare il lavoro sporco a posto nostro, “nostro” Europa, “nostro” Italia. Ecco allora i sei miliardi di euro che l’Unione Europea ha elargito a Erdogan. Ecco i milioni che l’Italia fornisce alla cosiddetta Guardia costiera libica. Ecco i sorrisi e la rinnovata cooperazione con l’uomo che guida il regime responsabile del barbaro assassinio di Giulio Regeni: il presidente-maresciallo d’Egitto Abdel Fattah al-Sisi.

L’invasione inventata

Scrive Alessandro Bechini su HuffPost: “L’immigrazione nel nostro paese non è più da anni un fenomeno oggettivo, complesso, su cui discutere in maniera seria e approfondita. C’è un sistema di accoglienza fragile, che fa acqua da molte parti, un meccanismo di redistribuzione europeo che non funziona, i processi di inclusione dei migranti sono farraginosi, precari, con troppi aspetti spesso sottovalutati, come il tema dei minori stranieri non accompagnati. Ci sarebbe di che confrontarsi e discutere in maniera laica e cercare soluzioni che rendano l’immigrazione una grande opportunità in un Paese sempre più vecchio, che nel 2050 avrà 5 milioni di abitanti in meno. Eppure questo si auto-definisce il “Governo del merito”: cosa c’è di più meritocratico che permettere di trovare una vita migliore a chi è nato in un contesto di povertà estrema, violenza, conflitto? Di mettere a frutto il proprio coraggio e il proprio talento?

Dicono vari esponenti di maggioranza: “chi vuole entrare in Italia deve farlo in maniera regolare”. E quale sarebbe, di grazia, questo percorso regolare? La Bossi – Fini, la legge che regola l’immigrazione nel nostro Paese, non funziona: i decreti flussi hanno numeri ridicoli rispetto alle richieste, i processi di regolarizzazione sono talmente lenti che prima di avere un permesso di soggiorno e un contratto, i migranti se ne sono già andati altrove o fagocitati dal sistema criminale dello sfruttamento lavorativo. Eppure tutti gli imprenditori lamentano una mancanza di manodopera, una necessità di ampliare un mercato del lavoro sempre più angusto. Quanto più tardi verrà messo male ad una nuova legge sull’immigrazione, tanto più complesso sarà trovare canali regolari di immigrazione nel nostro Paese. Speriamo che una volta concluso lo spot post-elettorale, si possa iniziare a parlare seriamente di immigrazione, che ci sia la volontà di uscire da un percorso incentrato su like e sondaggi e si voglia iniziare a vedere le cose per come sono: i migranti che arrivano con le navi delle Ong sono circa il 10% del totale degli arrivi sulle nostre coste; non siamo il Paese che ha più richiedenti asilo in Europa (siamo quinti, pur essendo la terza economia dell’Unione), superati da Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna. Il rischio è quello di pensare che sia meglio non affrontare in maniera seria questo fenomeno, ma continuare ad alimentare un racconto distorto. È meglio la faccia feroce, “prima gli Italiani”, “siamo invasi”, “non possiamo accogliere tutta l’Africa”, “portali a casa tua”. Fa comodo per mantenere alto il livello d’odio e individuare un nemico facile. Fa comodo – annota ancora Bechini –  perché è un meraviglioso gancio al quale fissare “i carichi residuali” di una certa politica propagandistica, quella in perenne campagna elettorale”.

Emergenza continua

E’ l’altra “E” fondante la sciagurata politica europea sulle migrazioni. Dopo l’”E” di Esternalizzazione, l’”E” di Emergenza.

Narrano le cronache che La Commissione Ue chiede una riunione straordinaria dei ministri degli Interni per discutere di migranti nel pieno dello scontro fra Italia e Francia. Lo dice il vice presidente Margaritis Schinas in un’intervista a Politico.eu nella quale spiega che “a Bruxelles si sta elaborando un piano di emergenza per risolvere le crescenti tensioni tra i Paesi dell’Ue su come affrontare i richiedenti asilo salvati in mare”. La riunione straordinaria dei ministri dell’Interno dovrebbe essere convocata dalla Repubblica ceca, che attualmente detiene la presidenza di turno del Consiglio, ricorda Politico. L’Ue, dunque, tenta una mediazione per risolvere la crisi Italia-Francia, che rischia di far saltare la già fragile impalcatura sui migranti. La Commissione, per bocca del vice presidente Margaritis Schinas, ha annunciato che sta lavorando ad “un piano d’emergenza” ed ha chiesto una riunione straordinaria dei ministri degli Interni, prima del Consiglio di dicembre.

La parola a chi sa

la parola a un luminare della demografia e delle migrazioni: Massimo Livi Bacci.  Docente di Demografia alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, dal 1973 al 1993, Livi Bacci è stato segretario generale e presidente della International Union for the Scientific Study of Population (IUSPP), società scientifica di studi demografici nota in tutto il mondo, di cui è poi divenuto presidente onorario. Tra i suoi numerosi saggi, ricordiamo Il pianeta stretto”( il Mulino, 2015); Storia minima delle popolazioni del mondo” il Mulino, 2016);  In cammino. Breve storia delle migrazioni” (il Mulino, 2019); Per terre e per mari. Quindici migrazioni dall’antichità ai nostri giorni (il Mulino, 2022); I fuggiaschi di Cumanà (Giunti Editore). 

Ecco alcuni passaggi dell’intervista che il professor Livi Bacci ha rilasciato a chi scrive.

Blocco navale nelle acque territoriali libiche. Respingimenti di massa. Sono le “ricette” della destra per fra fronte alla “invasione” di migranti.

E’ stato più volte affermato che il blocco navale, che è un atto di guerra, è impossibile, se non vogliamo anche noi contribuire al disordine mondiale. Inoltre, dati alla mano, l’invasione non c’è, e comunque può essere regolata dagli strumenti legali esistenti. I respingimenti di massa non possono farsi, sono contro il diritto internazionale.  Si può “respingere” la singola persona, esaminando il caso particolare, e constatato che non sia meritevole di protezione o di asilo, secondo modalità ben stabilite dalla legge. Non si possono respingere tutti i passeggeri di un barcone, di una nave, di un autobus, senza l’accurato esame dei casi individuali. Il diritto internazionale lo vieta, il senso di responsabilità di uno stato civile anche.

Esternalizzare le frontiere: è l’ossessione dell’Europa. 

L’esternalizzazione delle frontiere somiglia alle ”casse di espansione” che raccolgono e frenano le acque in caso di alluvioni, impedendo la tracimazione delle acque dei fiumi a valle e danni a persone e cose. Fuor di metafora: penso che in casi di emergenza possa essere opportuno frenare un flusso eccezionale di immigrazione con intese internazionali (che coinvolgono finanziamenti imponenti, come nel caso della Turchia) con paesi che ospitino migranti diretti altrove. Ma non può trattarsi di politiche strutturali: come la cura del territorio può minimizzare gli effetti dannosi di piogge torrenziali e prolungate, così le politiche di intese sociali, economiche, culturali con i paesi di origine possono canalizzare i flussi migratori. Si tratta ovviamente di politiche complesse, costose, difficili, di lungo periodo, che richiedono inoltre un impegno “bipartisan”, e non posso cambiare ad ogni alternanza di governo. 

 Nel Mediterraneo aumentano le rotte di fuga: ora anche quella libanese. Stati falliti, popoli ridotti a una moltitudine di profughi. Libia, Libano, Siria, Yemen, Tunisia, l’Africa subsahariana e l’elenco potrebbe proseguire a lungo. Ma c’è chi parla ancora di “emergenza”. 

Non solo nel Mediterraneo: si pensi ai milioni di ucraini in fuga! Q

uesto tempestoso disordine sistemico può essere moderato solo dalla grande politica internazionale: i singoli stati, anche i più forti, sono impotenti. Questa considerazione non può renderci ottimisti, e occorre essere pronti ad affrontare situazioni eccezionali. Con gli Ucraini l’Europa, si è mossa bene, ma così facendo ha creato profughi di serie A (gli Ucraini) e profughi di serie B (tutti gli altri) che non godono dei privilegi legali e monetari dei primi. Un’ingiustizia frutto della ragion di stato.

”Inclusione” sembra essere una parola bandita dal vocabolario politico italiano. 

E’ il dibattito sulle migrazioni che è regredito in modo preoccupante. Eppure il nostro Paese continua a esprimere una forte domanda di lavoro immigrato, e se vogliamo conservare i nostri livelli di vita, la nostra capacità di sviluppo e di competere in campo internazionale, dovremo assorbire flussi imponenti di migranti nei prossimi decenni. Che daranno un apporto vitale al paese, ma sui quali occorrerà anche investire. Investire per “includere”, economicamente, socialmente e culturalmente. O vogliamo forse che i migranti restino “esclusi”, a centinaia di migliaia, a milioni, tenuti fuori delle porte della nostra società?

 ”Fortezza Europa”. Una prospettiva politica o la più tragica delle illusioni?

E’ una fortezza frutto della nostra debolezza.

Sbugiardati dai numeri

Scrive David Carretta su Il Foglio: “Com’è possibile che nel 2021 in Italia siano sbarcati 57.812 migranti, ma la Francia abbia registrato 103.790 domande di asilo, più del doppio delle 45.200 in Italia? Come hanno fatto ad arrivare in Germania 148.175 richiedenti asilo, malgrado il fatto che non abbia porti sul Mediterraneo? Questi e altri numeri raccontano una storia molto diversa dalla narrazione sovranista-vittimista dell’Italia, lasciata da sola davanti a un’enorme crisi migratoria. Giorgia Meloni ha voluto “mettere insieme due numeri”: la Francia ha fatto attraccare la Ocean Viking con 230 migranti ma in Italia ne sono sbarcati “quasi 90 mila”. I numeri del presidente del Consiglio occultano un fenomeno di cui l’Italia beneficia, in violazione delle regole europee…”.

Nel mese di settembre – dato più recente a disposizione dell’agenzia Frontex – i migranti sbarcati in Italia sono stati circa 7.000, ovvero circa lo 0,11% della popolazione totale. Per fare un raffronto con gli altri Paesi, tuttavia, il dato più oggettivo resta quello dei richiedenti asilo, ovvero di quei migranti che, una volta arrivati in un Paese Ue, sono effettivamente accolti e fanno richiesta di protezione umanitaria. Il dato italiano più recente, secondo l’ultimo report Eurostat, è quello di agosto: a chiedere asilo sono stati in poco meno di 6.000, lo 0,1% degli oltre 59 milioni di italiani. Se guardiamo al numero di persone ufficialmente rifugiate rispetto alla popolazione, l’Italia scende ai posti più bassi delle classifiche europee. A fornire un quadro, esauriente, è l’Unchr, che si concentra sulle persone rifugiate sotto mandato dell’agenzia Onu. Le cifre risalgono a prima dello scoppio della pandemia. In Italia la media era di 3,5 rifugiati ogni mille abitanti. In Svezia il dato sui 1.000 abitanti balzava a 24,8, seguito da Malta (18), Austria (attorno ai 15 ogni 1.000), Cipro (14,1) e Germania (13,8).

E la Francia? Le persone dotate di protezione umanitaria erano 6,1 ogni mille transalpini. Numeri comunque bassi se si guarda oltre l’Europa. Basta andare nella vicina Turchia, dove la guerra in Siria ha stravolto in pochi anni il quadro: i rifugiati sono 43 ogni mille abitanti.

Presidente Meloni, dove sarebbe l’invasione? 

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