Kevin McCarthy non ha superato neppure la terza votazione per succedere a Nancy Pelosi nel ruolo di speaker. I 212 democratici hanno votato compatti il loro leader Hakim Jeffries, mentre il repubblicano si è fermato a 202 voti, perdendone 20 tra i suoi colleghi di partito. Preferenze che sono andate al “falco” Jim Jordan, anch’egli un alleato di Donald Trump. Crescono intanto le quotazioni, come candidato alternativo, del deputato italo-americano Steve Scalise.
La candidatura di McCarthy è ora sempre più a rischio. Il partito repubblicano sta cercando di riorganizzarsi dopo una sconfitta storica e un insediamento del nuovo Congresso mai così caotico negli ultimi cento anni, con i nuovi membri che non possono giurare finché non viene eletto lo speaker.
Poco prima del voto, Jim Jordan aveva esortato i suoi compagni di partito a sostenere McCarthy, ma 20 “dissidenti” hanno votato comunque per lui. Gli alleati di McCarthy hanno spiegato che continueranno con nuovi round di votazioni finché non emergerà una via perché sia eletto speaker. Finché ciò non avverrà, l’attività della Camera resterà congelata.
Più giovane (l’età media alla Camera è di 46 anni e di 50 anni al Senato), più diversiificato (record di Latinos, primo senatore nativo in quasi due decenni) ma anche più diviso. Il nuovo Congresso Usa, il 118esimo, si è insediato con la tradizionale cerimonia di giuramento, il benvenuto alle matricole e il primo nodo da affrontare dopo l’era dell’iconica Nancy Pelosi, riaccolta, in veste di semplice deputata, con una standing ovation.
La nomina del suo successore, dopo che il Grand Old party ha riconquistato la Camera a Midterm con una maggioranza risicata (222 a 212, un seggio è vacante), mentre i dem hanno mantenuto il Senato con uno scranno in più. Ma alla votazione per lo speaker, terza carica dello Stato, i repubblicani si sono presentati divisi, con un gruppo di deputati dell’ala più radicale e trumpiana deciso a sbarrare la strada al 57enne californiano Kevin McCarthy.
Cinque gli irriducibili “No Kevin”, che lo accusano di non essere abbastanza conservatore o che hanno attriti personali con lui. Quanto basta per impedire il quorum di 218 voti, dato che i 212 dem hanno sostenuto compatti il loro candidato di bandiera Hakim Jeffries, primo leader afroamericano alla House. I cinque hanno votato per il rivale ultraconservatore dell’Arizona Andy Biggs, sostenuto poi da altrettanti colleghi di partito, mentre 9 hanno votato altri candidati.