Guerra: le ragioni dei pacifisti un anno dopo
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Guerra: le ragioni dei pacifisti un anno dopo

Europe for Peace invita a promuovere mobilitazioni nelle città italiane ed europee a un anno dall’invasione dell’Ucraina per chiedere il cessate il fuoco, il dialogo e i e i negoziati di pace per costruire un'Europa sicura e pacifica per tutti.

Guerra: le ragioni dei pacifisti un anno dopo
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

8 Febbraio 2023 - 17.55


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I pacifisti non si arrendono. Non “disarmano”. E rilanciano la loro sfida ai signori della guerra, palesi e occulti. 

La sfida pacifista

Ne danno conto, in un comunicato congiunto, Sbilanciamoci e Rete italiana pace e disarmo. 

“Un anno di guerra è troppo!

Europe For Peace per continua a chiedere la Pace con iniziative in tutta Europa

Dopo mesi di azioni condivise per la Pace, anche in occasione di questo anniversario Europe for Peace invita a promuovere mobilitazioni nelle città italiane ed europee a un anno dall’invasione dell’Ucraina per chiedere il cessate il fuoco, il dialogo e i negoziati di pace per costruire un’Europa sicura e pacifica per tutti.

Le iniziative collettive prenderanno il via con la Marcia per la Pace notturna straordinaria da Perugia ad Assisi la sera di giovedì 23 febbraio, culminando simbolicamente a Roma nel pomeriggio di sabato 25 febbraio con l’evento promosso dalla coalizione nazionale: una fiaccolata di Pace che si concluderà in un teatro della capitale. L’invasione russa in Ucraina iniziò il 24 Febbraio 2022. Una violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale che chiede giustizia immediata. Dopo mesi di azioni condivise per la Pace, anche in occasione di questo anniversario Europe for Peace invita a promuovere mobilitazioni nelle città italiane ed europee a un anno dall’invasione dell’Ucraina per chiedere il cessate il fuoco, il dialogo e i negoziati di pace per costruire un’Europa sicura e pacifica per tutti. 

Le iniziative si inseriscono nel solco delle richieste di Pace già condivise in occasione della grande Manifestazione di Roma con oltre 100.000 partecipanti dello scorso Novembre: “Le guerre e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace: tendono a diventare permanenti e a causare solo nuove sofferenze per le popolazioni. Bisogna invece far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Non esiste guerra giusta, solo la pace è giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli”. 

Vogliamo mostrare solidarietà al popolo ucraino e alle vittime di tutte le guerre, le violenze, le repressioni e le discriminazioni nel mondo. Davvero la pace è la vittoria di cui abbiamo bisogno, e per questo abbiamo bisogno al più presto di un cessate il fuoco, di un negoziato, di misure concrete verso il disarmo nucleare. 

Di fronte a un continuo allargamento della guerra, con impatti sempre più devastanti sulla popolazione, e un pericolo di escalation anche nucleare chiediamo alle organizzazioni della società civile, ai gruppi di cittadini, alle Amministrazioni, ai comitati di tutta Italia di mobilitarsi per le giornate del 24-25-26 Febbraio. Lo si potrà  fare promuovendo Marce di Pace, Presidi e sit-in di fronte ai Municipi, Assemblee, momenti di silenzio e preghiera. 

Leggi anche:  I pacifisti ai sindacati: "Il no alle spese militari sia pilastro dello sciopero generale

Ad oggi sono già previste iniziative a Torino, Milano, Udine, Gorizia, Venezia, Verona, Padova, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Pistoia, Firenze, Perugia, Roma, Napoli, Catania, Cagliari, Avellino… e molte altre si stanno aggiungendo in queste ore. Eventi di varia natura sono in preparazione anche in Spagna, Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, Austria, Danimarca, Finlandia e negli Stati Uniti d’America. 

Le iniziative collettive prenderanno il via con la Marcia per la Pace notturna straordinaria da Perugia ad Assisi la sera di giovedì 23 febbraio, culminando simbolicamente a Roma nel pomeriggio di sabato 25 febbraio con l’evento promosso dalla coalizione nazionale: una fiaccolata di Pace che si concluderà in un teatro della capitale. 

Una riflessione da incorniciare.

Giuseppe Cucchi, generale della riserva dell’Esercito, già direttore del Centro militare di studi strategici, consigliere militare del presidente del Consiglio, rappresentante militare permanente dell’Italia presso Nato, Ue e Ue, consigliere scientifico di Limes. Nel campo, un’autorità conclamata.

E sul mensile di geopolitica diretto da Lucio Caracciolo, scrive così: “Sia pure con qualche difficoltà gli ucraini sono riusciti di recente a farsi promettere dai paesi occidentali che li sostengono la cessione di carri armati di ultima generazione, capaci cioè di fronteggiare con buone speranze di successo la prevista offensiva avversaria che dovrebbe scatenarsi a primavera ed essere   basata in primo luogo su di una netta superiorità numerica russa nel settore dei mezzi corazzati . Malgrado le pesanti perdite subite in questo primo anno di conflitto – circa millecinquecento mezzi , secondo gli osservatori – i russi dispongono infatti ancora , almeno sulla carta , di circa diecimila mezzi corazzati che dovrebbero tutti essere in condizione di potere entrare in combattimento . Il condizionale è però in questo caso veramente d’obbligo, considerato come molti di questi mezzi siano di vecchi modelli pesantemente datati e viste anche le pesanti lacune nel settore degli equipaggiamenti che le Forze Armate russe hanno evidenziato nel recente passato. In ogni caso, comunque, la sproporzione fra questo potenziale e quello che gli ucraini possono esprimere al giorno d’oggi nel medesimo settore è tale da giustificare ampiamente la decisione occidentale di fornire a Kiev 120 mezzi , che possono armare per il momento soltanto una forza di 4/5 battaglioni ma che dovrebbero in un prosieguo di tempo essere seguiti da altre tranches di donazioni del medesimo tipo . Se non è ancora in pari, la bilancia degli armamenti sembra così ben avviata a divenirlo , e ciò spiega come da parte occidentale la decisione sia stata particolarmente sofferta mentre i russi ci hanno accusato , non del tutto a torto , di aver compiuto un passo avanti su quella strada della escalation del conflitto che diviene di giorno in giorno più pericolosa . Si spiegano e giustificano così anche le notevoli esitazioni, soprattutto di parte tedesca, che hanno contrassegnato in vari Stati d’Europa  un processo decisionale alla fine risoltosi in maniera positiva soltanto allorché gli USA hanno deciso di affiancare nella donazione i loro Abrahams ai Leopard tedeschi , ai Centurion inglesi ed agli AMX francesi . Si è trattato di un gesto soprattutto politico e destinato essenzialmente ad avere una funzione trainante, considerato come i mezzi USA fossero pochi e di prestazioni inferiori a quelle dei carri europei. In ogni caso a ben guardare questo episodio è un vero e proprio preludio delle scelte sempre più difficili che saremo chiamati ad effettuare in futuro. La prima è già sul tavolo, considerato come non appena vinta la partita dei carri armati il Presidente ucraino Zelensky abbia immediatamente rilanciato, richiedendo ai paesi che lo appoggiano la cessione di missili antiaerei più performanti nonché dei caccia più moderni che sono attualmente in servizio nei Paesi NATO. Non appena siamo riusciti a superare con difficoltà e rimanendo uniti un gradino che si era rivelato particolarmente difficile ci si chiede quindi di compiere un altro passo in avanti, ancora più difficile e, se intrapreso, destinato di certo a risulta e ancora più gravido di conseguenze. La cosa tragica poi è che questo è soltanto uno dei gradini di una scala che non si sa quanto sarà lunga e dolorosa ma che comunque ad un certo punto rischia di porci di fronte ai due corni, entrambi tragici , di una scelta che risulterà indispensabile fare. Si tratterà infatti di decidere se preferiamo “morire per Kiev “, accettando anche noi il coinvolgimento diretto in uno scontro che potrebbe ad un certo punto trasformarsi in generale olocausto, o se invece, come avviene spesso nelle proxi wars , siamo pronti unicamente a ” combattere sino all’ultimo ucraino” . Sono entrambi punti di arrivo terribili di questa escalation della “terza guerra mondiale a pezzi “, come il sommo Pontefice con visione quasi profetica la ha chiamata sin dall’inizio, che sta divenendo schiava di una ineluttabilità di azione – reazione che ricorda molto il modo in cui l’Europa è corsa inarrestabilmente al suicidio nei mesi che precedettero lo scoppio della Grande Guerra . Anche se ancora non se ne parla apertamente -ed è un male che ciò non avvenga – la possibilità che a scadenza relativamente breve ci si presenti la necessita di scegliere fra queste due alternative sta diventando purtroppo tanto evidente da rendere ogni giorno più difficile concentrarsi su quanto avviene nel teatro operativo, ed a monte di esso nell’arena politico diplomatica, ripetendoci incessantemente la vecchia parola d’ordine del “tutto va ben , Madama la Marchesa!!!” . No, non va assolutamente bene nulla, e niente andrà bene finché non riusciremo a fermare questa pesante macina che rotola verso valle e che per il momento appare inarrestabile.  Forse per fermarla sarebbe necessaria una presa di coscienza collettiva di quanto sta avvenendo, tanto forte ed estesa da coinvolgere sia l’una che l’altra parte . Siamo invece ad uno stadio in cui solo poche voci illuminate cominciano a sottolineare con forza come sia divenuta indispensabile una pace che sia una pace giusta e concreta, e  tenga conto quindi delle ragioni di tutti . Una pace, cioè,  in cui non ci siano né vinti né vincitori ……e se si rischia di perdere la faccia facendo determinate concessioni , beh , perdiamola insieme , noi e gli  “altri” ,  senza alcuna esitazione . Soprattutto, come già detto, che si tratti di una pace ” concreta”, che si appoggi cioè sulle persone, sui mezzi realmente disponibili e sui fatti , senza far riferimento unicamente ad aspirazioni e teorie che ,  per quanto lodevoli , non potrebbero mai sopravvivere allo scontro con le difficoltà a venire . Che saranno tante, e tanto forti!!!”.

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Ci sarebbe da meditare se non fosse che in Italia si dibatte e polemizza su Zelensky – che stasera  a Parigi incontra Macron e Scholz – al Festival di Sanremo. E in prima linea nel chi la spara più grossa c’è un ministro della Repubblica nonché vice presidente del Consiglio. Salvini vs.Amadeus. Come siamo caduti in basso.

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