Turchia-Siria, il terremoto, un mese dopo: l'apocalisse umanitaria continua
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Turchia-Siria, il terremoto, un mese dopo: l'apocalisse umanitaria continua

I riflettori mediatici si sono vieppiù spenti col trascorrere del tempo. Eppure, l’apocalisse umanitaria in Siria e Turchia continua. A ricordarlo, meritoriamente, sono Oxfam e Save The Children.

Turchia-Siria, il terremoto, un mese dopo: l'apocalisse umanitaria continua
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

6 Marzo 2023 - 17.54


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E’ passato un mese dal terremoto che ha devastato intere aree, città, villaggi, di Turchia e Siria. I riflettori mediatici si sono vieppiù spenti col trascorrere del tempo. Eppure, l’apocalisse umanitaria continua. A ricordarlo, meritoriamente, sono Oxfam e Save The Children.

Un mese dopo

A 1 mese esatto dal terremoto che ha devastato Turchia e Siria, causando oltre 45 mila vittime,la situazione per milioni di sfollati resta disperata, mentre gli aiuti e il sostegno internazionale si stanno riducendo drasticamente, nonostante i bisogni restino enormi. È l’allarme lanciato oggi da Oxfam al lavoro per fronteggiare l’emergenza umanitaria nei due Paesi, mentre nelle zone più colpite dal sisma in Turchia in questo momento centinaia di migliaia di famiglie si trovano ancora in rifugi improvvisati per restare vicino alle proprie abitazioni andate distrutte, senza aver accesso ad acqua pulita e servizi igienici di base, al freddo e con pochissimo cibo. 

 Un’emergenza che colpisce per primi donne e bambini. Basti pensare che i team di Oxfam, al lavoro sul campo, hanno incontrato donne costrette a partorire in tenda senza assistenza medica anche a distanza di giorni e giorni.

 Il quadro dell’emergenza in Turchia: oltre 400 mila gli edifici distrutti

Complessivamente nel Paese il terremoto ha stravolto la vita di oltre 15 milioni di persone nelle 11 province colpite e quasi 2 milioni di persone sono state evacuate con l’aiuto del Governo o con mezzi propri; oltre 400 mila edifici sono stati distrutti o danneggiati, di cui 270 mila solo nelle province di Hatay e Kahramanmaras.

 Nel frattempo mancano strutture e abitazioni sicure per offrire un riparo a chi ha lasciato la propria città, e in tantissimi vivono all’aperto con la paura di rientrare nelle proprie abitazioni a causa delle continue scosse di assestamento che continuano a danneggiare edifici e infrastrutture essenziali.

Resta inoltre gravissima la situazione per migliaia di rifugiati siriani, che avevano trovato salvezza in molte aree colpite dal sisma in Turchia dalla guerra iniziata 12 anni fa.

In Siria le situazioni più gravi ad Aleppo e Idleb

In Siria si contano ad oggi quasi 9 milioni di persone colpite dal terremoto in 43 distretti di 10 governatorati, di cui oltre 4,2 milioni di persone ad Aleppo e quasi 3 milioni ad Idleb. Il sisma nel Paese ha distrutto o danneggiato gravemente infrastrutture essenziali e circa 8.900 edifici, tra cui 660 scuole.

 Solo ad Aleppo, dove sono stati gravemente danneggiati gli edifici di 11 tra i quartieri più poveri, oltre 180 mila sfollati sono allo stremo in rifugi e tendopoli sovraffollate o improvvisate con pochissimi beni di prima necessità, mentre oltre 200 mila persone a Lattakia e Tartous, sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Il Governo ha dichiarato Aleppo, Lattakia, Idleb e Hama zone disastrate.

 La risposta di Oxfam in Turchia e Siria

Oxfam sta intervenendo in Turchia in collaborazione con una rete di cooperative femminili e volontari, in coordinamento con le autorità pubbliche, per accelerare l’allestimento di campi e rifugi adeguati, riparando le infrastrutture idriche necessarie; portando beni di prima necessità, cibo, coperte, acqua pulita e kit igienici agli sfollati. Con l’obiettivo di soccorrere 1 milione di persone, anche sostenendo la ripresa delle attività economiche. Anche in Siria, ad Aleppo, i team di Oxfam sono al lavoro per portare beni di prima necessità, soprattutto acqua pulita e kit igienico sanitari a oltre 26 mila sfollati; si sta inoltre lavorando per verificare la sicurezza di centinaia di edifici e riparare le infrastrutture idriche che servono migliaia di persone. Qui Oxfam vuole portare aiuto a 300 mila siriani nei prossimi 6 mesi. 

Un impegno da sostenere. 

A difesa dei più indifesi

Un mese dopo i devastanti terremoti che hanno colpito Siria e Turchia, in cui hanno perso la vita più di 50mila persone e più di 100mila sono rimaste ferite, migliaia di famiglie vivono ancora in rifugi temporanei e faticano a procurarsi cibo e altri beni essenziali. Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.

I terremoti del 6 e del 20 febbraio hanno colpito 24,4 milioni di persone, tra cui 6,2 milioni di bambine e bambini. Le successive scosse di assestamento hanno causato altri sfollamenti e aggravato ulteriormente i bisogni delle comunità colpite.

Amani*, 26 anni, e la sua famiglia di quattro persone hanno perso la loro casa nel governatorato regionale di Aleppo, in Siria. Amani ha usato il suo corpo per proteggere il figlio Ahmad* di 12 anni. È rimasta intrappolata con il marito e i due figli sotto le macerie per quattro ore prima di essere salvata. Amani* e suo marito si stanno ancora riprendendo dalle ferite riportate e la famiglia vive ora in tende fornite da un’organizzazione partner di Save the Children. “Mia figlia non dorme più. Urla e grida, pensando di essere ancora sotto le macerie. Rivive ancora il momento in cui eravamo lì”. Abbiamo perso tutti i nostri averi, ora ho solo una coperta. Abbiamo bisogno di tutto. Questo momento è molto difficile per noi”, ha raccontato Amani.  

Le famiglie colpite dal terremoto trovano difficoltà anche a procurarsi cibo perché ce n’è poco nei mercati locali, anche a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti più richiesti. In alcuni distretti della Siria settentrionale fortemente colpiti dal terremoto, come Harim, Jandaris e Sheikh Al-Hadid, c’è una disponibilità limitata o nulla di generi alimentari di base.

“Questa è una crisi nella crisi. I terremoti hanno devastato aree in cui i bambini e le loro famiglie stavano già affrontando enormi difficoltà a causa di 12 anni di conflitto e crisi economica”, ha dichiarato Kathryn Achilles, Direttore di Advocacy, Media e Comunicazione di Save the Children Siria. “La maggior parte delle famiglie che sono state colpite più duramente sono già state costrette a fuggire dalle loro case più volte e hanno sopportato condizioni di vita difficili.  Non c’è tempo da perdere, è fondamentale aiutarle a ricostruire le loro vite ora”. 

In Turchia, la maggior parte delle famiglie sfollate e rimaste senza casa a causa del terremoto – si stima che siano 2,2 milioni – in questo momento lottano per sopravvivere. Centinaia di insediamenti, costituiti da tende o container prefabbricati, sono stati allestiti in tutta Hatay e in altre province colpite dal terremoto, perché le famiglie che non sanno dove andare.

Melis*, 35 anni, suo marito e le loro due figlie si trovano al momento in tenda, in un villaggio alla periferia di Antakya, dopo che la loro casa è stata ridotta in macerie dal terremoto. “Non possiamo lasciare la nostra città natale. Sia io che mio marito abbiamo il nostro lavoro qui, quindi dobbiamo restare. Per questo vorremmo trasferirci in un container il prima possibile e provare a sopravvivere, in qualche modo”, ha detto Melis*.  “Non abbiamo più parenti. Abbiamo perso i nostri amici più cari. Non so come sarà la nostra vita ora. Abbiamo perso la fiducia in noi stessi e temiamo per il futuro della nostra famiglia”.  Le continue scosse di assestamento impediscono anche alle persone le cui case non sono state danneggiate dal sisma di rientrare, aumentando il numero di sfollati che hanno bisogno di riparo e assistenza. 


“Stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di persone che si riuniscono nei campi, già sovraffollati”, ha dichiarato Ayse Kocak, Responsabile di zona di Save the Children nella provincia di Hatay. “Nei pressi di Antakya, in alcuni casi, tre o quattro famiglie vivono in una sola tenda. Molti non hanno acqua pulita o strutture per lavare i vestiti. Alcune famiglie ci hanno detto che stanno lottando persino per procurarsi la farina per fare il pane. Stiamo lottando contro il tempo per evitare gli impatti secondari dei terremoti. Il mondo deve farsi avanti e fornire un sostegno internazionale immediato”, ha concluso Ayse Kocak. 

Save the Children sta rispondendo all’emergenza con i partner locali, fornendo assistenza urgente e salvavita sia in Turchia che in Siria, dove finora ha raggiunto più di 165mila persone.   

In Turchia, Save the Children sta sostenendo i bambini e le loro famiglie in alcune delle province più colpite, come Hatay e Gaziantep.  L’Organizzazione sta lavorando con partner locali e in stretto coordinamento con il governo per sostenere la risposta all’emergenza nazionale, fornendo acqua, tende, coperte, materassi, pannolini, prodotti sanitari, stufe, legna da ardere e indumenti caldi. Inoltre, i nostri operatori stanno facendo in modo che i bambini e le loro famiglie possano mantenersi sani e protetti da malattie e disturbi, fornendo acqua potabile e articoli essenziali per l’igiene e i servizi igienici.

La denuncia di Amnesty International

Secondo una denuncia diffusa oggi da Amnesty International, tra il 9 e il 22 febbraio il governo siriano ha bloccato almeno 100 camion diretti ai quartieri a maggioranza curda di Aleppo contenenti cibo, medicinali, tende e altri aiuti di prima necessità destinati alle popolazioni colpite dai terremoti.

Solo in Siria il sisma ha fatto 6000 vittime e reso dipendenti dagli aiuti umanitari oltre otto milioni di persone, quattro milioni e 100.000 delle quali si trovano nelle zone del paese sotto il controllo dell’opposizione.

Nello stesso periodo, i gruppi armati appoggiati dalla Turchia hanno impedito l’arrivo di almeno 30 camion di aiuti diretti ad Afrin, una città a nord di Aleppo occupata dalle forze di Ankara. Gli aiuti erano stati spediti dalle autorità curde, con le quali sia il governo siriano che i gruppi armati filoturchi combattono per il controllo del nord della Siria.

“Ad Aleppo, i terremoti hanno spinto nella miseria assoluta decine di migliaia di persone che già stavano pagando le conseguenze di dieci anni di conflitto. Persino in un momento del genere, il governo siriano e i gruppi armati filoturchi hanno approfittato di questa situazione per trarne vantaggio”, afferma  Aya Majzoub, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

“Tutte le parti coinvolte nel conflitto, tra le quali il governo siriano e i gruppi armati filoturchi devono dare priorità a soccorrere i civili e assicurare che gli aiuti arrivino senza ostacoli”, aggiunge Majzoub.

Dal 9 febbraio l’Aanes (Amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale), organizzazioni umanitarie locali e internazionali, singole persone e tribù hanno inviato cibo, vestiti, medicinali e materiali per riscaldamento ad Aleppo, sotto il controllo del governo, e alle zone a nord della città, controllate dai gruppi armati appoggiati dalla Turchia.

L’esercito siriano ha rifiutato l’ingresso di almeno 30 autocisterne e di altri camion. Gli autisti hanno atteso sette giorni al punto di passaggio tra il territorio dell’Aanes e Aleppo nord prima di essere rimandati indietro.

In molti casi le forze di sicurezza siriane hanno disperso, sparando in aria, persone che cercavano di scaricare gli aiuti umanitari dai camion bloccati.

Il governo siriano ha anche impedito l’arrivo degli aiuti a gruppi di sopravvissuti al terremoto percepiti come oppositori. Dal 9 al 22 febbraio le forze di sicurezza hanno ripetutamente bloccato i camion inviati dall’Aanes e da un’organizzazione locale verso due quartieri di Aleppo, Sheikh Maqsoud e Ashrafieh.

Il 16 febbraio, dopo sette giorni di negoziati, 100 camion inviati dall’Aanes hanno raggiunto i due quartieri a condizione che oltre la metà del loro carico venisse ceduta al governo siriano. Altri 21 camion sono stati fatti passare, il 18 e il 19 febbraio, alle stesse condizioni.

Anche prima del terremoto, i due quartieri avevano esaurito le scorte di medicinali. Dall’agosto 2022 il governo siriano ha imposto un brutale blocco delle forniture di carburante, cibo, medicinali e altri aiuti essenziali.

Lo stesso fenomeno si è verificato ad Afrin: in almeno sei casi gli aiuti destinati ai sopravvissuti al terremoto sono stati requisiti dai gruppi armati appoggiati dalla Turchia. Testimoni hanno riferito ad Amnesty International che per accedere agli aiuti occorre avere qualche “wasta” (contatto) coi gruppi armati, che fanno passare gli aiuti a condizione di trattenerne il 40 per cento.

“La Turchia, come potenza occupante di Afrin, è responsabile del benessere della popolazione civile sotto il suo controllo, ha l’obbligo di garantire che gli aiuti umanitari arrivino a destinazione e ha il dovere di impedire ai gruppi armati di bloccarli o accaparrarli”, ha concluso Majzoub.

Per non dimenticare. 

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