L’ingresso di Finlandia e Svezia è legato al sì della Turchia, che ha chiesto più volte l’estradizione dei curdi (chiamati terroristi da Ankara, ndr) che si trovano nei due Paesi scandinavi. Il dialogo riprende oggi a Bruxelles: si tratta del primo incontro tra i rappresentanti dei tre Paesi dopo che lo scorso 24 gennaio le autorità svedesi avevano autorizzato una manifestazione che prevedeva il rogo di una copia del Corano dinanzi l’ambasciata turca a Stoccolma. Un atto che aveva spinto le autorità turche a sospendere momentaneamente i colloqui. Colloqui che sono ripresi, ma su cui pende ancora il rogo del Corano, un atto su cui difficilmente Ankara farà passi indietro e che mette la Svezia sotto esame. «Prendere posizione contro questo atto è un nostro dovere, come popolo e come nazione. È stato superato il limite. Rispettino la fede dei musulmani. Se non lo faranno non avranno mai il nostro sostegno ad entrare nella Nato», fu la reazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan nei confronti delle autorità svedesi.
Per la Turchia siederanno al tavolo di Bruxelles il portavoce e consigliere di Erdogan, Ibrahim Kalin e il neo vice ministro degli Esteri Burak Akcapar. Proprio Kalin, pur avendo criticato duramente il rogo del Corano, aveva lasciato la porta aperta alla Svezia, dicendo che era necessario «attendere sei mesi» e che una decisione sarebbe stata presa non prima di Giugno. Una posizione importante, alla luce della vicinanza tra Kalin e lo stesso Erdogan w delle prssioni che su quest’ultimo non mancano da mesi. Al di là della rabbia di Ankara verso le autorità svedesi che hanno autorizzato un atto che non poteva non avere conseguenze, su Erdogan pesano le pressioni del segretario generale Nato Jens Stoltenberg e degli Stati Uniti. Nei giorni seguiti il terremoto che ha devastato il sud della Turchia lo scorso 6 febbraio sia Stoltenberg che il Segretario di Stato Usa Anthony Blinken si sono recati in visita nel Paese.
Entrambi hanno ribadito di aspettare il si della Turchia all’allargamento «il prima possibile», con un incisivo intervento di Blinken, che dinanzi il collega turco ha liquidato la querelle tra Ankara e Stoccolma ricordando che «l’allargamento non è una questione bilaterale» I due Paesi aspiranti membri Nato, per convincere la Turchia a togliere il veto all’allargamento si erano impegnati ad abolire l’embargo per la vendita di componenti militari, cosa poi avvenuta, ma anche vietare manifestazioni e raccolte fondi a sostegno dei separatisti curdi del Pkk ed estradare in Turchia dei terroristi di cui Ankara chiede la consegna. Un accordo siglato a margine del vertice Nato di Madrid di giugno 2022, che a distanza di nove mesi non ha portato progressi.
Dopo il rogo del Corano a Stoccolma lo stesso Erdogan ha dichiarato di non avere problemi rispetto all’ingresso della Finlandia, ma siamo sempre a zero per quanto riguarda la Svezia, lontana dal garantire le condizioni inserite nel memorandum di Madrid. Tuttavia sull’eventualità di un ingresso nell’Alleanza della sola Finlandia si è espresso il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, che ha spiegato che non dipende dalla Turchia. «La Finlandia ha mostrato un atteggiamento diverso rispetto alla Svezia. In Turchia però non è in corso nessuna procedura per dare il via libera all’ingresso della sola Finlandia. Si tratta di un passo che deve essere compiuto dalla Nato. Se la Nato deciderà di dividere la procedura di allargamento dei due Paesi allora verrà fatta una valutazione che si basa su presupposti più che favorevoli», ha specificato il capo della diplomazia turca.
Al momento rimane tutto bloccato e a meno che di clamorosi colpi di scena qualsaiasi deciione di rilievo è rimandata a dopo le elezioni. Tuttavia autorizzare il rogo del Corano ha messo la Svezia in una posizione di debolezza e la Turchia nella posizione di chi, da controllore, avrà l’ultima parola sull’ingresso di Stoccolma nella Nato.. Per l’allargamento Nato è infatti necessaria la ratifica da parte di tutti i 30 Paesi membri dell’Alleanza e oltre alla Turchia si attende anche la ratifica da parte del parlamento ungherese, che però dovrebbe avere luogo a breve, lasciando ad Ankara l’ultima parola.
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