Un golpista mancato, essere spregevole che dall’alto dell’essere un farabutto fa del vittimismo e della sindrome d’accerchiamento la sua cifra etica e morale.
Donald Trump vuole trasformare il suo arresto per il caso della pornostar in uno show mediatico che a suo avviso galvanizzerebbe il popolo Maga in vista della campagna presidenziale. Il tycoon pare sia pronto alla `perp walk´ – l’umiliante prassi delle forze dell’ordine di mettere alla berlina un arrestato facendolo camminare ammanettato in un luogo pubblico ad uso di fotografi e telecamere – e starebbe riflettendo se sorridere per i media, definendo lo spettacolo, per ora immaginario, un’esperienza divertente.
A raccontare lo stato d’animo di Trump sono alcuni media americani, che hanno raccolto le confidenze di amici e collaboratori mentre The Donald resta nel fortino di Mar-a-Lago «apparentemente sconnesso» dalla gravità delle insidie giudiziarie, giocando a golf e facendo il Dj ai party con una sua playlist su Spotify, che comprende musica dai Rolling Stones al Fantasma dell’Opera.
L’ex presidente, raccontano gli insider, è meno preoccupato dei dettagli di dove verrà visto che di essere sicuro dell’opportunità di mostrare al pubblico che non se ne va di soppiatto per la vergogna. Insomma, vuole proiettare un’immagine di forza, di sfida. Nessuno sa però se si tratti della sua solita spavalderia o di autentica rassegnazione ad un arresto che è sempre riuscito ad evitare nelle varie inchieste che lo hanno sfiorato anche in passato, tanto da essere soprannominato `Teflon Don´.
Ma il tycoon, accusato di aver pagato 130 mila dollari in nero durante la campagna elettorale del 2016 per comprare il silenzio della pornostar Stormy Daniels su una loro precedente relazione, potrebbe restare deluso. È probabile infatti che non venga ammanettato e gli sia risparmiato il circo mediatico, se si presenterà spontaneamente nel caso di un’incriminazione, che comunque non dovrebbe arrivare prima di giovedì: il gran giurì infatti non si è riunito oggi.
Trump intanto ha fatto il pieno: da sabato, ossia da quando ha invocato proteste contro il suo arresto, la sua campagna elettorale ha incassato 1,5 milioni di dollari in donazioni dai suoi sostenitori. Che però non sono ancora scesi massicciamente in piazza, in parte per il timore di essere arrestati come è successo dopo l’assalto al Capitol. Nel frattempo New York, la capitale ed altre città americane si sono blindate contro eventuali manifestazioni violente, anche per l’impennata di minacce online. Il Paese resta diviso: circa la metà degli americani, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, crede che l’indagine della procura di Manhattan sia politicamente motivata, anche se il 70% ritiene vero o in qualche modo credibile che Trump abbia pagato soldi segretamente alla pornostar (l’89% dei dem e il 50% dei repubblicani).
Ron DeSantis, il principale rivale potenziale del tycoon nella corsa alla Casa Bianca, cerca di approfittare della sua vulnerabilità proponendosi come alternativa capace di governare «senza drammi quotidiani» e ignorando il nomignolo affibbiatogli dall’ex presidente (`Ron Desanctimonius´, ossia ipocrita): «Potete chiamarmi come volete, basta che mi chiamate anche vincitore per quello che ho fatto in Florida». Ma il governatore del Sunshine State continua a calare nei sondaggi tra i repubblicani: secondo The Morning Consult, Trump è al 54%, lui al 26%, il livello più basso da dicembre. La strategia della tensione di The Donald paga. Per ora.
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