La repressione di Putin è arrivata davvero a livelli intollerabili. «Reminiscenza della repressione staliniana». Così Amnesty International ha commentato la condanna a Vladimir Kara-Murza, attivista e giornalista russo, a 25 anni di carcere per «alto tradimento» e altri reati di natura politica per aver contestato l’invasione dell’Ucraina.
Per Amnesty International è un prigioniero di coscienza che dev’essere immediatamente scarcerato. L’accusa di «alto tradimento» è riferita alla «cooperazione con uno stato membro della Nato», consistente nell’aver preso parte a conferenze a Lisbona, Helsinki e Washington nelle quali Kara-Murza aveva condannato l’invasione russa dell’Ucraina.
Il tribunale di Mosca ha giudicato Kara-Murza colpevole anche di «aver diffuso consapevolmente informazioni false sulle forze armate russe» durante un intervento alla Camera dei rappresentanti dell’Arizona, nonché di «aver svolto attività per un’organizzazione indesiderabile».
«Questa sentenza è l’ennesimo tremendo esempio della sistematica repressione in corso contro la società civile russa, che il Cremlino ha ulteriormente inasprito e accelerato dopo l’invasione dell’Ucraina, si legge nella nota di Amnesty. I cosiddetti `reati´ dei quali Kara-Murza è stato giudicato colpevole, aver condannato la guerra e aver preso le difese delle vittime di violazioni dei diritti umani, sono in realtà atti di grande coraggio. Questo verdetto confonde erroneamente l’attivismo per i diritti umani con l’alto tradimento e costituisce una reminiscenza della repressione dell’era staliniana», ha dichiarato Natalia Zviagina, direttrice di Amnesty International Russia.