Dal memorandum con Gheddafi a quello con Haftar? Un incubo che si ripete. Per ora è una possibilità che Roma non scarta. Prende tempo. Ma è una ipotesi tutt’altro che irrealistica visto anche come è stato accolto l’uomo forte della Cirenaica, su cui pendono pesanti accuse di crimini di guerra, di recente a Palazzo Chigi. In pompa magna, come fosse un capo di Stato o di governo.
Bravo Sergio
A svelare l’arcano è uno dei pochi giornalisti in Italia che ha ancora il gusto della scoperta e che il Mediterraneo e la Libia conosce come le proprie tasche: Sergio Scandura, colonna portante, quanto a inchieste, di Radio Radicale. L’altro giorno il ministro dell’Interno Piantedosi era a Catania, città natale di Scandura, per presiedere una riunione del comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica. In conferenza stampa, tra una domanda compiacente e l’altra pure, il securista del Viminale ha incrociato il poco diplomatico inviato di Radio Radicale. Domande pungenti, sul pezzo, e poi la “trappola” dialettica su un possibile memorandum d’intesa Meloni-Haftar.
Ora, visto chi è Haftar, uno si sarebbe aspettato una secca smentita del ministro-prefetto. Invece…Piantedosi la prende alla larga, dice che “al momento” ci sono contatti finalizzati soprattutto ad una “proficua collaborazione” sul versante della sicurezza (leggi respingimenti in mare) con Haftar. Quanto al memorandum, è presto per parlarne ma il ministr non lo esclude a priori.
Insomma, si vedrà. Si vedrà se Haftar, sodale di Putin e amico di quelli della Wagner, farà bene il compito assegnatogli dal governo italiano: quello di “gendarme” del Mediterraneo e di respingitore dei migranti.
Che le cose siano andate come raccontato da chi scrive, lo conferma l’Agenzia Nova nel suo lancio sulla conferenza stampa del ministro a Catania: “L’Italia chiederà al generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica e comandante in capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), una “più proficua collaborazione nel fermare le partenze” dei migranti dalla Libia orientale. Lo ha detto oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in una conferenza stampa a Catania. “Al momento i contatti sono finalizzati soprattutto ad un sostegno a quella parte della Libia per quanto riguarda alcuni progetti di sviluppo economico che il generale Haftar ha chiesto. Sicuramente gli chiederemo una più proficua collaborazione nel fermare le partenze adesso è prematuro dire se questo possa mai concretizzarsi con un accordo. Ad oggi non è in agenda”, ha detto il titolare del Viminale.
Nei giorni scorsi, le forze di Haftar hanno espulso migliaia di egiziani e li hanno rimpatriati nel loro Paese a piedi e via camion, attraverso i valichi di frontiera terrestri tra i due Paesi. Fonti libiche hanno riferito al quotidiano panarabo “Al Arab” che gli uomini dell’Lna hanno arrestato migliaia di migranti durante le ultime retate contro i trafficanti di esseri umani a Tobruk e Musaid, nell’est del Paese. In questi stessi luoghi sono state trovate anche delle officine per la fabbricazione di barche di legno per le partenze irregolari via mare verso l’Italia, secondo quanto riferito dallo stesso Lna. Vale la pena ricordare che violenti scontri erano esplosi poco prima al valico di terra di Musaid, tra la Libia e l’Egitto, tra un gruppo di persone provenienti della città di Tobruk e le guardie di frontiera dell’Lna. Le violenze erabo esplose dopo la morte di un bambino della tribù degli Al Haboun, ucciso da colpi di arma da fuoco esplosi dalle guardie di frontiera contro un’automobile sospettata di trasportare un presunto contrabbandiere appartenente alla tribù degli Awlad Ali.
Considerano i primi cinque mesi del 2023, la rotta libica figura al secondo posto per quanto riguarda gli sbarchi in Italia, dietro la Tunisia, con 22.662 arrivi al primo giugno, doppiando il dato di 10.986 migranti sbarcati nello stesso periodo del 2022. Più della metà dei nuovi arrivi dalla Libia giunge dalla Cirenaica, la regione orientale della Libia dominata da Haftar, a sua volta sostenuto dai mercenari del gruppo russo Wagner. Dai barconi salpati dalle coste libiche della Tripolitania sono sbarcati dall’inizio dell’anno a oggi 8.923 migranti, mentre da quelle della Cirenaica 13.506, secondo i dati del Viminale visti da “Agenzia Nova”.
Un ritratto perfetto
Lo traccia Fabio Beltrami su il Faro di Roma: “Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha un nuovo alleato nella lotta contro i flussi migratori clandestini: il Generale Haftar. Gli esperti della comunicazione del governo si sono prodigati a illustrarci i futuri (quanto improbabili) vantaggi della amicizia con il Padrone della Cirenaica ma si sono ben guardati di dirci chi è esattamente costui.
Khalīfa Belqāsim Ḥaftar Alferjani è nato a Ajdabiya il 7 novembre 1943 ed appartiene alla tribù araba al-Farjiani. Dopo essersi formato militarmente in Unione Sovietica e in Egitto, Haftar entra a far parte del Consiglio del Commando Rivoluzionario di Gheddafi in qualità di Capo dello Stato Maggiore dell’esercito. Alla fine degli anni ’80, Haftar comandò le forze libiche durante il conflitto ciadiano-libico, che si concluse con una sconfitta per la Libia.
Fatto prigioniero durante la battaglia di Wadi al-Dum, Haftar viene contattato dagli Stati Uniti e accetta il compito di rovesciare il regime di Tripoli. Raduna 2000 soldati libici prigionieri dei ciadiani che vengono rilasciati dal dittatore Idris Deby Itno e armati dagli Stati Uniti. Il previsto golpe non venne mai messo in pratica. In compenso Haftar immigrò negli Stati Uniti dove ottenne la cittadinanza. Nel 1993 venne condannato a morte in contumacia per alto tradimento. Gheddafi aveva accumulato prove dei suoi legami con la Cia e dei piani per un cambiamento di regime. A posteriori si comprende che Haftar non ha mai avuto l’intenzione di spodestare Gheddafi ed ha abilmente assecondato gli Stati Uniti per ottenere vantaggi personali.
Haftar ricompare in Libia nel 2011 dopo l’intervento delle forze Nato per impedire a Gheddafi di vincere la rivolta armata orchestrata da Francia e Stati Uniti. Sono proprio gli americani ad inviarlo nella sua terra natia considerandolo un loro uomo. Forte di un mucchio di dollari Haftar ottiene il ruolo di comandante dell’apparato militare diventando il numero 3 della gerarchia dell’esercito col grado di Tenente Generale.
Nel 2014 Haftar, abbandona gli alleati americani per appoggiarsi alla Russia e tenta un golpe contro il Governo libico di Transizione e il Primo Ministro Alī Zaydān. Fallito il golpe lancia l’operazione Amaliyya al-Karāma (dignità) per conquistare Tripoli. Gli Stati Uniti intervennero per bloccarlo. Per la seconda volta la natura traditrice di Haftar viene confermata. Oltre alla Russia Haftar ottiene il supporto di Egitto ed Emirati Arabi Uniti.
Nel 2015 Haftar viene nominato ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore del governo di Tobruk, Cirenaica. La guerra tra i due governi (Tripoli e Tobruk) continua. Nel 2017 Haftar controlla gran parte del Paese. Nel 2019 Haftar lancia un’altra offensiva su Tripoli, giungendo a combattere alla periferia della capitale. Le sorti della guerra vengono rovesciate a favore di Tripoli grazie all’intervento della Turchia che invia una flotta di droni militari che riuscirà a neutralizzare le forze della Cirenaica sotto il comando di Haftar.
Sconfitto militarmente Haftar, assieme al Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh sono costretti a dichiarare un immediato cessate il fuoco. Iniziano fruttuosi colloqui con il Presidente del governo di Tripoli Fayez al-Sarraj che prevedono una unità nazionale, elezioni generale per il marzo 2021, ritiro dei mercenari stranieri dal territorio libico.
Dopo la sua partecipazione ai colloqui di Ginevra guidati dall’Onu, il nuovo governo di unità nazionale – ad interim – guidato da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, dopo aver ricevuto con una maggioranza di 132 voti su 178 la fiducia dal Parlamento libico il 10 marzo 2021, cinque giorni dopo prestò giuramento e si insediò a Tripoli, sostituendo entrambi i governi rivali precedenti: quello di Fayez Al Serraj e quello fedele al maresciallo Khalifa Haftar, con sede a Tobruk. Il 23 marzo avvenne ufficialmente a Sirte il passaggio di consegne con quest’ultimo, guidato da Abdullah al-Thani.
Come era facile da prevedere le elezioni del 2021 vennero rinviate e tutt’ora la data rimane incerta. Ostacoli significativi, comprese le difficoltà nel raggiungere un accordo politico tra i rappresentanti politici rivali, continuano a ostacolare l’accordo su un quadro costituzionale che definisca le funzioni del futuro governo.
Nel luglio 2022, Khalifa Haftar è stato condannato da un tribunale federale degli Stati Uniti a risarcire i cittadini libici accusandolo di torture ed esecuzioni extragiudiziali. Anche Amnesty International lo accusa di aver commesso crimini di guerra nell’est della Libia. Le sedicenti forze armate arabe libiche (Laaf) di Khalifa Haftar sono diventate uno dei gruppi più importanti nel paese nordafricano ricco di petrolio ma devastato dalla guerra. Haftar governa su gran parte della Libia orientale e meridionale, nonostante non sia riuscito a conquistare la capitale Tripoli in un assalto durato un anno nel 2019-2020.
Dal 2016, la forza guidata dal figlio di Haftar, Saddam, “ha terrorizzato le persone nelle aree sotto il controllo della Laaf, infliggendo una serie di orrori, tra cui uccisioni illegali, torture, sparizioni forzate, stupri e altre violenze sessuali”, ha affermato il ricercatore di Amnesty Hussein Baoumi. Le milizie di Haftar hanno rimosso con la forza “migliaia di rifugiati e migranti” dal sud della Libia e sono state coinvolte nella rimozione forzata di “migliaia di famiglie libiche” durante le varie campagne militari di Haftar dal 2019 ad oggi. Secondo fonti ufficiali libiche, le forze di Haftar e le milizie affiliate hanno commesso crimini di guerra e atti di genocidio nel periodo compreso tra aprile 2019 e giugno 2020.
Questo è il ritratto del nuovo alleato dell’Italia nel Nord Africa. Un criminale e un traditore incallito che cambia alleanze a seconda delle convenienze. Tuttavia il Generale Haftar è un abile politico e per lui sarà un gioco da ragazzi ingannare e utilizzare il governo di estrema destra della Meloni. Haftar mantiene inalterata l’alleanza con la Russia. Dall’Italia vuole soldi, armi e appoggio politico. Per ottenere quello che desidera giocherà sulle debolezze italiane, promettendo di lottare contro i flussi migratori. Farà inoltre leva sulle profonde divergenze tra Parigi e Roma giocando la carta anti francese con l’Italia.
Come è stato il caso del governo di Tripoli, del dittatore sudanese Omar El Bashir e del Presidente tunisino Kaïs Saïed, anche il Generale Haftar è ben inserito nel business dei trafficanti di esseri umani. La rotta della Cirenaica dal 2022 ha visto aumentare i flussi migratori rispetto alla rotta di Tripoli. Nei primi quattro mesi del 2023, diecimila migranti sono partiti verso l’Italia dai porti delle zone controllate da Haftar. Quella della Cirenaica è diventata la seconda rotta migratoria del Nord Africa dopo quella della Tunisia. Varie testimonianze di immigrati confermano che il Generale Haftar è il primo beneficiario della tratta di esseri umani. Un business di svariati milioni di euro.
Come Tripoli, Sudan, Tunisia, anche il governo di Tobruk inizierà il doppio gioco con l’Italia, seguendo un copione ben collaudato che i nostri governi non riescono o non vogliono comprendere. Haftar incasserà il denaro, le armi e il sostegno politico dell’Italia con la promessa di bloccare i flussi migratori che lui stesso controlla. Anche Haftar userà l’arma dei migranti per ottenere vantaggi politici, militari ed economici, tenendo in scacco l’Italia. Come è successo con El Bashir, Saïed, Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj e Mohamed al-Menfi, l’uomo forte della Cirenaica chiederà sempre più soldi e armi e nel caso di reticenze da parte del governo Meloni – conclude Beltrami – non dovrà che allentare la sorveglianza per far passare i migranti diretti a Lampedusa, guadagnando sia dall’Italia sia dai disperati africani, siriani, pachistani, bangladesi”.
Così stanno le cose. Chi è Khalifa Haftar al Viminale, come a Palazzo Chigi e alla Farnesina, lo sanno molto bene. La sua storia è conosciuta. I suoi crimini pure. Come le sue amicizie internazionali. Ma tutto questo passa in cavalleria. L’unica cosa che conta per i Piantedosi al governo, è che faccia bene il lavoro sporco al posto nostro.
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