Israele, dove si spinge l'odio: vogliono cancellare Parents Circle
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Israele, dove si spinge l'odio: vogliono cancellare Parents Circle

Dal 2003 Parents Circle, la Ong delle famiglie in lutto Israelo-palestinesi, famiglie di vittime delle due parti del conflitto, organizza un campo estivo per giovani rivolto ad attività di educazione al dialogo, alla coesistenza e alla pace

Israele, dove si spinge l'odio: vogliono cancellare Parents Circle
Israele, Parents Circle
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Giugno 2023 - 21.06


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Israele, fino a che punto può spingersi l’odio.

Dal 2003 Parents Circle, la Ong delle famiglie in lutto Israelo-palestinesi, famiglie di vittime delle due parti del conflitto, organizza un campo estivo per giovani rivolto ad attività di educazione al dialogo, alla coesistenza e alla pace. Anche quest’anno il programma è in atto con il concorso di fondazioni ed associazioni come Jcall. Esponenti di Parents Circle sono stati più volte anche in Italia ospiti di “Semi di pace”, iniziativa della rivista Confronti.
Da giorni media ed associazioni della destra rivolgono insulti e minacce agli organizzatori e proclamano il boicottaggio del villaggio in Galilea che li ospiterà.
In ultimo – infinito squallore – un parlamentare del partito di estrema destra minaccia di impedire con violenza lo svolgersi del Camp-seminario.

Squadristi in azione

Scrive Rina Bassist su al-Monitor: “ I membri della Knesset della coalizione al governo di Israele hanno minacciato di prendere provvedimenti lunedì contro un collegio chiamato Ben Shemen Youth Village per aver affittato il suo complesso per ospitare un campo estivo per i figli di famiglie israeliane e palestinesi in lutto. 
Il membro della Knesset del Potere Ebraico, Almog Cohen, ha dichiarato: “Farò esplodere il vostro campo estivo e vi farò chiudere, se Dio vuole”. Cohen, un parlamentare di estrema destra, e altri membri della coalizione hanno minacciato la direzione di Ben Shemen durante una riunione del Comitato per l’istruzione della Knesset convocata su loro richiesta. I legislatori, tutti membri della commissione, chiedono che la scuola annulli l’accordo con il gruppo israelo-palestinese per l’affitto del locale per l’estate. 
L’organizzazione “Famiglie israelo-palestinesi in lutto per la pace” riunisce le famiglie che hanno perso i loro cari nel conflitto israelo-palestinese. Tra le altre cose, i membri del gruppo parlano a gruppi di giovani e scuole. Il gruppo organizza anche una cerimonia alternativa annuale in occasione della Giornata della Memoria di Israele per i soldati caduti. Dal 2003, il gruppo organizza campi estivi per orfani israeliani e palestinesi tra i 14 e i 18 anni, ogni volta in una località diversa. Il luogo scelto per questa estate è stato Ben Shemen, situato nel centro di Israele. L’organizzazione si era accordata per affittare il sito, che è vuoto durante le vacanze estive. 
I parlamentari israeliani di estrema destra hanno a lungo trattato le famiglie israelo-palestinesi in lutto per la pace come un gruppo ostile. Nel 2021, l’allora membro della Knesset Itamar Ben-Gvir chiese di impedire ai suoi membri di entrare nelle scuole. Il Ministro della Difesa Yoav Gallant ha deciso quest’anno di impedire ai palestinesi di entrare in Israele per partecipare alla commemorazione alternativa organizzata dal gruppo.
Martedì, il ministro dell’Istruzione Yoav Kisch ha convocato i membri di Famiglie israelo-palestinesi in lutto per la pace per un’udienza sulla possibile rimozione dall’elenco dei gruppi autorizzati dal ministero per i programmi educativi esterni. Kisch sostiene che l’organizzazione denigra i soldati caduti dell’IDF e le vittime di atti terroristici equiparandoli agli assalitori palestinesi che sono stati uccisi. Se la rimozione sarà approvata, l’organizzazione non potrà più entrare nelle scuole e parlare con gli studenti.  Intervenendo durante la riunione del Comitato per l’Istruzione della Knesset, convocata per discutere la questione, il membro del Likud alla Knesset Hanoch Milwidsky ha minacciato la direttrice di Ben Shemen, Ilana Tishler, affermando che se non cancellerà il campo estivo, “ci assicureremo di controllare da vicino i fondi pubblici che le vengono erogati”. E ha aggiunto: “Chiunque ospiti un evento del genere non dovrebbe ricevere alcun finanziamento statale. [La coalizione di estrema destra è qui per restare, per molto tempo. … Forse non abbiamo l’autorità legale per impedirvi di farlo o per costringervi a cancellare l’impegno commerciale che avete preso con questo spregevole organismo, ma ascoltatemi bene: Questo governo reagirà”.
Dopo l’intervento di Milwidsky, Cohen ha gridato contro l’organizzazione israelo-palestinese Bereaved Families for Peace, accusandola di onorare la memoria dei terroristi palestinesi. “Kamel Abu Shaheb è stato commemorato da questa organizzazione. Kamel Abu Shaheb è un terrorista condannato per terrorismo. Controllate questo nome. Non vi interessa? Allora verrò al vostro campo estivo, farò esplodere il vostro campo estivo e vi farò chiudere, se Dio vuole”.
Il membro laburista della Knesset Naama Lazimi ha condannato le minacce. “State promettendo di danneggiare il loro budget. Di danneggiare i giovani e il villaggio dei giovani. Questo è chiaramente un buon modo per risparmiare fondi e reindirizzare il denaro a ministeri fittizi. Il dibattito di oggi fa parte del ‘regime di lealtà’ che state cercando di instaurare qui. Un regime in cui tutti coloro che non si allineano alla linea della narrazione del governo devono essere perseguitati”.

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Una storia straordinaria

Parents Circle è stata creata nel 1995 da Yitzhak Frankrental e alcune famiglie israeliane, che nel 1998 hanno incontrato per la prima volta altre famiglie, in lutto come loro, ma palestinesi. In seguito questi incontri si sono dovuti interrompere a causa della seconda Intifada, ma nel 2000 sono stati ripresi e l’organizzazione ha iniziato a raccogliere le adesioni di molte famiglie provenienti dalla West Bank e da Gerusalemme Est, che fin da subito hanno giocato un ruolo fondamentale nel modellare le funzioni e le attività dell’associazione. Oggi si contano circa 600 famiglie associate, e due uffici, quello israeliano nei pressi di Tel Aviv e quello palestinese a Beit Jala.

“Parents Circle esiste per dare speranza e conforto a tutte quelle persone che, loro malgrado, finiscono dolorosamente coinvolte nel sistema di conflitti, spesso senza senso, che imperversa in questa zona del Medio Oriente. Esiste per ricordare che l’odio non è la speranza, che la solidarietà aiuta veramente, e non sono solo parole. I –purtroppo- numerosi membri dell’associazione possono testimoniarlo, perché anch’essi inizialmente avevano pensato di non farcela, e avevano rischiato di soccombere all’odio, alla violenza ingiustificata e al pensiero che nulla sarebbe mai cambiato.

Parents Circle fa capire a queste persone che non ci sono né carnefici né vittime, né vincitori né vinti, perché siamo tutti carnefici e vittime allo stesso modo, soprattutto vittime di un sistema più grande di noi che prima o poi dovrà cambiare. I membri e gli organizzatori credono fortemente in questo cambiamento; pur non sapendo quando arriverà, essi sanno che arriverà, e sono in grado di diffondere questa scintilla di positività a una madre che ha appena perso un figlio, a un fratello che ha perso la sorella, o a un bambino che ha perso i genitori”, così lo racconta, mirabilmente, Andre Zhulpa Camporesi su Gariwo la foresta dei Giusti. 

La forza del dialogo

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Ne scrive, con grande sensibilità e accuratezza, Giulia Ceccutti per terrasanta.net: “In un momento storico in cui israeliani e palestinesi sembrano sempre più destinati a non capirsi, torniamo all’esperienza del Forum di famiglie Parents Circle e al suo programma rivolto agli studenti delle scuole superiori. Un’esperienza piccola, sì, ma certamente preziosa.

«Noi non ci arrendiamo. È troppo importante e andremo avanti con questo e con gli altri progetti a cui stiamo lavorando». All’altro capo del telefono, da Tel Aviv, la voce di Robi Damelin è calma ma decisa.

Robi è la portavoce Parents Circle-Families Forum (Pcff),, organizzazione congiunta israeliana e palestinese che riunisce oltre seicento famiglie in lutto. I membri hanno pagato il prezzo più alto a causa del conflitto: la morte di una persona cara.

Nel 2002 Robi ha perso un figlio trentenne, David, mentre era in servizio come ufficiale dell’esercito. Fu ucciso a un check-point nei Territori Occupati da un ragazzo palestinese di ventidue anni. La storia di questa madre, insieme a quella della palestinese Bushra Awad, è narrata, anche in italiano, nel libro Le nostre lacrime hanno lo stesso colore (Edizioni Terra Santa, 2017).

L’annuncio del ministero dell’Istruzione israeliano

Il progetto cui fa riferimento Damelin all’inizio della telefonata è il programma di dialoghi con gli studenti nelle scuole superiori in Israele. Un programma consolidato, che esiste da più di vent’anni, approvato anni fa dal ministero dell’Istruzione. Una delle rare – se non l’unica – occasioni di conoscenza reciproca, proposta ai ragazzi e alle ragazze alle soglie del servizio militare (in Israele, lo ricordiamo, quest’ultimo è obbligatorio, e dura tre anni per i ragazzi, due per le ragazze).

A metà gennaio il ministero dell’Istruzione israeliano ha annunciato l’introduzione di una nuova misura per coloro che organizzano progetti dall’esterno nelle scuole: viene chiesto loro di non criticare o sminuire in alcun modo le forze armate. A molti tale misura è sembrata diretta, in particolare, proprio a Parents Circle.

«Purtroppo, il rischio di cancellazione di questo programma non è affatto nuovo», spiega Robi. «Già alcuni mesi fa era stato osteggiato. Al momento la situazione è piuttosto complicata. Con questo provvedimento, i presidi delle scuole superiori – cui ora spetta approvare o meno i progetti – vengono messi in una posizione difficile e problematica. Molti sono un po’ spaventati. Comprensibilmente, non amano l’idea di mettersi in una posizione rischiosa».

La nostra interlocutrice aggiunge un elemento ulteriore: «Inoltre, e questo un po’ da sempre, non tutti i genitori sono d’accordo con questo genere di incontri. Alcuni esprimono disapprovazione. Dipende dalle idee che ciascuna famiglia esprime. In sintesi, la questione al momento è senza dubbio complessa».

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Storie di cambiamento

Chiediamo a Robi come si svolge in dettaglio il programma e lei puntualizza per prima cosa l’età degli studenti – diciassette anni – e il fatto che gli incontri avvengano proprio prima dell’inizio del servizio militare. «Portiamo nelle classi due membri della nostra associazione, uno israeliano, l’altro palestinese. Ciascuno racconta la propria storia. A volte sono storie di trasformazione, di cambiamento. Poi la discussione si apre alle domande dei ragazzi. Tanti non parlano arabo. Hanno avuto l’opportunità di viaggiare all’estero e di vedere diversi Paesi, ma non conoscono il loro vicino. Questi momenti per molti rappresentano un’opportunità davvero unica di confrontarsi con una persona dell’altro popolo, e di farlo innanzitutto, semplicemente, come esseri umani».

Ogni incontro viene preparato con cura, attraverso riunioni preliminari con gli insegnanti delle classi coinvolte e il dirigente scolastico. Viene prestata attenzione anche all’elaborazione successiva, «perché i docenti dovranno essere in grado di saper gestire il “dopo”, ossia quanto emerge da questo dialogo. Diciassette anni è un’età delicata: se accetteranno di svolgere il servizio militare, entrando nell’esercito, i ragazzi devono essere consapevoli di ciò a cui vanno incontro». L’organizzazione mette a disposizione degli istituti anche un kit educativo, con lezioni e materiali utili.

Di qua e di là del muro di separazione

Il programma si svolge in diverse città d’Israele: Tel Aviv, Haifa, Be’er Sheva… «Andiamo ovunque ci invitino», continua Robi.

Dall’altra parte del muro di separazione, nei Territori Palestinesi, gli incontri non avvengono nelle scuole, ma presso club, circoli e abitazioni di donne. «Abbiamo un bel gruppo di donne palestinesi molto attive», precisa. «Nei Territori, spesso per i giovani questa è la prima volta in cui si trovano di fronte un israeliano che non è un colono, o un soldato in divisa. Il messaggio che ricevono ascoltando le storie dei membri di Parents Circle è che tutti condividiamo lo stesso dolore».

Tornando all’attualità, la risposta che il Forum di famiglie sta elaborando per poter mantenere il programma nelle scuole si articola su più piani. Sui social media ha lanciato una campagna ad hoc per farlo conoscere al pubblico israeliano. Ha attivato nuove collaborazioni con realtà che si occupano di pubblicità e pubbliche relazioni per riuscire a raggiungere un maggior numero di israeliani e allargare il proprio pubblico. Si sta infine preparando per intraprendere una probabile azione legale.

Nel tempo, infatti, il progetto ha dato risultati confortanti, sintetizzati, tra le altre cose, da quanto emerso finora dai questionari di valutazione: il 91 per cento degli studenti israeliani ha riportato un’esperienza molto positiva; il 72 per cento ha riferito un aumento del grado di empatia verso l’«altra parte», mentre il 76 per cento ha espresso il desiderio di conoscerla meglio. In sette su dieci, infine, hanno dichiarato un aumento dei propri sentimenti di ottimismo nei confronti della pace”.

Ecco, è questa straordinaria esperienza collettiva che i fascisti al governo in Israele vorrebbero distruggere.

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