“A Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata da Israele, è in corso da mesi una vera e propria guerra unilaterale, che colpisce volutamente la popolazione civile palestinese seguendo precise istruzioni dell’intero governo israeliano.
Con parole che riflettono l’attuale politica israeliana nei confronti dei palestinesi, il Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha incoraggiato a ucciderne “non uno o due, ma decine, centinaia, e se necessario anche migliaia”. Ciò è coerente con il proposito di Israele di porre termine agli accordi siglati per la soluzione a due Stati ed impossessarsi di tutte le terre palestinesi, portando il conflitto ad una esplosione e cercando di ingannare la comunità internazionale su chi siano i responsabili di tutto questo.
Palestinesi innocenti stanno pagando li prezzo di questa strategia. Dopo l’attacco armato del 26 gennaio che ha causato 9 morti e decine di feriti, e dopo quello più recente del 19 giugno, quando i morti sono stati 7 e i feriti un centinaio, la scorsa notte la città di Jenin, con il suo campo profughi, è stata vittima di un altro crimine di guerra, che ha portato sin qui alla morte di 8 persone e al ferimento di almeno 50, di cui 10 molto gravi.
Si tratta di aggressioni militari sempre più sanguinose e pesanti. Questa volta, l’attacco è cominciato poco dopo la mezzanotte, con raid aerei senza precedenti negli ultimi venti anni, seguiti dall’ingresso di mezzi militari, soldati, e ruspe dell’esercito che hanno distrutto tutto ciò che si trovavano davanti, comprese case, ambulatori e diverse strade del campo, per impedire il movimento di auto e ambulanze, e ostacolare così i soccorsi. Di nuovo, le forze di occupazione hanno preso di mira i giornalisti sopraggiunti per coprire la notizia, mettendo a rischio la loro vita e distruggendo insieme alle prove le loro telecamere e radiotrasmettitori. Tutto ciò non porterà né pace né sicurezza alla regione. lI popolo palestinese non si arrenderà mai a questa brutalità, ma continuerà a lottare per i propri diritti e non smetterà di credere nella giustizia del diritto internazionale, che è dalla sua parte.
Per questo, ci aspettiamo che la comunità internazionale, compresa l’Italia che è da sempre amica della Palestina e fautrice della legalità, agisca subito, rompendo questo vergognoso silenzio, obbligando Israele ad interrompere lo stermipio del nostro popolo, e facendo pagare ai responsabili li prezzo dei loro crimini”.
Firmato Abeer Odeh Ambasciatrice di Palestina in Italia
L’agonia di Jenin
E’ salito a 10 il numero dei palestinesi uccisi nell’attacco dell’esercito israeliano a Jenin in Cisgiordania che è ancora in corso. Lo ha fatto sapere il ministero della sanità palestinese che parla del ritrovamento “di un corpo” in città di cui “ancora non si conosce l’identità”.
La stessa fonte ha riferito di oltre 100 feriti, 20 dei quali in modo grave. Confermata anche l’uscita dal campo profughi di 3000 persone (18 mila circa gli abitanti) mentre l’esercito israeliano ha negato con forza di aver ordinato ai residenti l’abbandono del luogo ed ha definito la notizia “senza basi”.
Il presidente Abu Mazen (Mahmoud Abbas) ha chiesto all’Onu e alla comunità internazionale “di intervenire con urgenza per costringere Israele a fermare l’evacuazione degli abitanti” del campo profughi di Jenin. “Un crimine” – ha aggiunto Abu Mazen che in nottata ha presieduto una riunione della leadership palestinese – che si “aggiunge ai crimini dell’occupazione”. E’ stato inoltre deciso “di fermare tutti i contatti e gli incontri con Israele e di continuare a interrompere il coordinamento della sicurezza”.
Circa 3.000 palestinesi hanno lasciato il campo profughi di Jenin dopo l’operazione militare israeliana. Lo rende noto un funzionario palestinese. “Sono circa 3.000 le persone che hanno lasciato il campo finora”, ha dichiarato il vice governatore di Jenin, Kamal Abu al-Roub, aggiungendo che si stavano prendendo accordi per ospitarle in scuole e altri rifugi nella città di Jenin. Juliette Touma, portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha confermato che i residenti del campo stavano lasciando le loro case.
Israele ha lanciato a Jenin la maggiore operazione militare su larga scala da almeno 20 anni in Cisgiordania. Un attacco via aria e via terra “contro i focolai del terrore” – come ha detto il ministro della Difesa Yoav Gallant – che ha causato l’uccisione di 8 palestinesi e il ferimento di altri 80, tra cui almeno 17 gravi, secondo un primo bilancio che appare però ancora provvisorio. “Un nuovo crimine di guerra”, ha tuonato Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente Abu Mazen, compiuto dal “governo di occupazione israeliano” contro “il nostro popolo indifeso”. Lo stesso Abu Mazen, mentre Hamas e la Jihad islamica minacciano vendetta, ha convocato una riunione urgente dell’Autorità nazionale palestinese e Giordania ed Egitto hanno condannato il raid israeliano. L’operazione – che secondo l’esercito non è ancora finita e che gli analisti ritengono possa prolungarsi di altre 24 ore ed oltre – è cominciata nella notte tra domenica e lunedì quando velivoli israeliani hanno preso di mira “un centro operativo di comando unificato” nel campo profughi della città che serviva, secondo la versione dell’esercito, anche come nascondiglio di armi e esplosivi oltre che come “hub di coordinamento e comunicazione tra i terroristi”. Quasi in contemporanea nel campo profughi sono entrati via terra almeno mille soldati e sono cominciati gli scontri con i miliziani. Obiettivo delle truppe – ha spiegato il portavoce militare – è stato quello di requisire armi e scoprire depositi segreti nel campo profughi: bulldozer hanno raschiato le strade nel timore che fossero stati piazzati ordigni esplosivi. In parti della città è stata interrotta l’erogazione della corrente elettrica. Durante la giornata altri scontri a fuoco si sono verificati attorno alla moschea del campo profughi dove “si erano asserragliati uomini armati” e dove sono state scoperte due cavità “con esplosivi, armi ed equipaggiamento militare”, ha detto il portavoce militare, aggiungendo che “un velivolo ha colpito nei pressi per rimuovere la minaccia”. La stessa fonte ha poi spiegato che è stato rinvenuto in un’altra parte del campo profughi “un laboratorio per la produzione di esplosivi con centinaia di ordigni già pronti all’uso”. In tutto sono stati circa 300 gli ordigni esplosivi fatti brillare. L’attacco a Jenin sarebbe stato programmato dieci giorni fa dopo l’uccisione di 4 israeliani in Cisgiordania ma anche dopo l’ordigno esplosivo piazzato lo scorso 19 giugno sotto un veicolo militare israeliano nella stessa Jenin e il lancio di due razzi dalla Cisgiordania verso Israele (sebbene ricaduti in territorio palestinese). Un’escalation vista in Israele con preoccupazione. La Wafa ha reso noti i nomi dei palestinesi uccisi: Samih Firas Abu al-Wafa, (20 anni), Hossam Abu Diba (18), Ahmad al-amar (21), Aws al-Hanoun (18), Nour Eddin Husam Marshoud (16), Mohammad Ashami (23), Ali al-Joul (17) e Majdi al-Ararawi (17). Secondo i media, diversi di questi sono stati identificati come membri dei gruppi armati della città anche se non ci sono state finora conferme ufficiali né della Jihad né di altre fazioni. Israele ha fatto sapere di aver avvisato prima dell’attacco a Jenin sia gli Usa sia la stessa Anp, che in città ha un debolissimo controllo della situazione. Tuttavia la presidenza palestinese ha denunciato che così “la sicurezza e la stabilità non saranno raggiunte nella regione”. “Il popolo palestinese – ha aggiunto – non si inginocchierà, non si arrenderà, non alzerà bandiera bianca e rimarrà saldo sulla propria terra di fronte a questa brutale aggressione, fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e la libertà non sarà raggiunta”. Poi ha esortato “la comunità internazionale a rompere il suo vergognoso silenzio e ad agire seriamente per costringere Israele a fermare l’aggressione”.
L’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati palestinesi (UNRWA) ha detto lunedì sera che in seguito all’operazione israeliana – condotta con soldati, mezzi corazzati e soprattutto bombardamenti aerei tramite droni – molte zone del campo profughi sono rimaste senza elettricità e acqua corrente. L’agenzia ha anche denunciato una situazione umanitaria estremamente preoccupante, con molte persone che hanno urgente bisogno di cibo, acqua potabile e latte in polvere per i bambini.
Terrore a Tel Aviv
L’annunciata vendetta delle fazioni armate palestinesi non si è fatta attendere. Sono almeno 8 i feriti israeliani nell’attentato a Tel Aviv,di cui due gravi. A riferirlo è il capo della polizia Yaacov Shabtai. “L’attentatore è arrivato a bordo di un furgone ed ha centrato una fermata di autobus e subito dopo – ha aggiunto – ha cominciato ad accoltellare i passanti. E’ stato fermato dal coraggioso intervento di un civile”. Shabtai ha aggiunto che la polizia era in allerta dopo i fatti di Jenin. Secondo i media, una fonte della polizia ha detto che l’attentatore che era alla guida dell’auto è stato neutralizzato e ucciso da un civile che era sul posto. E’ un palestinese di 23 anni di un paese vicino Hebron in Cisgiordania l’autore dell’attacco a Tel Aviv. Lo dicono fonti riportate dai media che lo hanno indentificato in Hassim Halaila che aveva un permesso di ricevere cure mediche a Tel Aviv. Hamas da Gaza, citata dai media, ha inneggiato all’attentato definendolo “un’eroica vendetta” per l’operazione militare a Jenin.
Non c’è pace in Terrasanta.
Bisogna fermare Israele
“A Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata da Israele, è in corso da mesi una vera e propriaguerra unilaterale, che colpisce volutamente la popolazione civile palestinese seguendo precise istruzioni dell’intero governo israeliano.
Con parole che riflettono l’attuale politica israeliana nei confronti dei palestinesi, il Ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha incoraggiato a ucciderne “non uno o due, ma decine, centinaia, e se necessario anche migliaia”. Ciò è coerente con il proposito di Israele di porre termine agli accordi siglati per la soluzione a due Stati ed impossessarsi di tutte le terre palestinesi, portando il conflitto ad una esplosione e cercando di ingannare la comunità internazionale su chi siano i responsabili di tutto questo.
Palestinesi innocenti stanno pagando li prezzo di questa strategia. Dopo l’attacco armato del 26 gennaio che ha causato 9 morti e decine di feriti, e dopo quello più recente del 19 giugno,
quando i morti sono stati 7 e i feriti un centinaio, la scorsa notte la città di Jenin, con il suo campo profughi, è stata vittima di un altro crimine di guerra, che ha portato sin qui alla morte di 8 persone e al ferimento di almeno 50, di cui 10 molto gravi.
Si tratta di aggressioni militari sempre più sanguinose e pesanti. Questa volta, l’attacco è cominciato poco dopo la mezzanotte, con raid aerei senza precedenti negli ultimi venti anni, seguiti dall’ingresso di mezzi militari, soldati, e ruspe dell’esercito che hanno distrutto tutto ciò che si trovavano davanti, comprese case, ambulatori e diverse strade del campo, per impedire il movimento di auto e ambulanze, e ostacolare così i soccorsi. Di nuovo, le forze di occupazione hanno preso di mira i giornalisti sopraggiunti per coprire la notizia, mettendo a rischio la loro vita e distruggendo insieme alle prove le loro telecamere e radiotrasmettitori. Tutto ciò non porterà né pace né sicurezza alla regione. lI popolo palestinese non si arrenderà mai a questa brutalità, ma continuerà a lottare per i propri diritti e non smetterà di credere nella giustizia del diritto internazionale, che è dalla sua parte.
Per questo, ci aspettiamo che la comunità internazionale, compresa l’Italia che è da sempre amica della Palestina e fautrice della legalità, agisca subito, rompendo questo vergognoso silenzio, obbligando Israele ad interrompere lo stermipio del nostro popolo, e facendo pagare ai responsabili li prezzo dei loro crimini”.
Firmato Abeer Odeh Ambasciatrice di Palestina in Italia
L’agonia di Jenin
E’ salito a 10 il numero dei palestinesi uccisi nell’attacco dell’esercito israeliano a Jenin in Cisgiordania che è ancora in corso. Lo ha fatto sapere il ministero della sanità palestinese che parla del ritrovamento “di un corpo” in città di cui “ancora non si conosce l’identità”.
La stessa fonte ha riferito di oltre 100 feriti, 20 dei quali in modo grave. Confermata anche l’uscita dal campo profughi di 3000 persone (18 mila circa gli abitanti) mentre l’esercito israeliano ha negato con forza di aver ordinato ai residenti l’abbandono del luogo ed ha definito la notizia “senza basi”.
Il presidente Abu Mazen (Mahmoud Abbas) ha chiesto all’Onu e alla comunità internazionale “di intervenire con urgenza per costringere Israele a fermare l’evacuazione degli abitanti” del campo profughi di Jenin. “Un crimine” – ha aggiunto Abu Mazen che in nottata ha presieduto una riunione della leadership palestinese – che si “aggiunge ai crimini dell’occupazione”. E’ stato inoltre deciso “di fermare tutti i contatti e gli incontri con Israele e di continuare a interrompere il coordinamento della sicurezza”.
Circa 3.000 palestinesi hanno lasciato il campo profughi di Jenin dopo l’operazione militare israeliana. Lo rende noto un funzionario palestinese. “Sono circa 3.000 le persone che hanno lasciato il campo finora”, ha dichiarato il vice governatore di Jenin, Kamal Abu al-Roub, aggiungendo che si stavano prendendo accordi per ospitarle in scuole e altri rifugi nella città di Jenin. Juliette Touma, portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha confermato che i residenti del campo stavano lasciando le loro case.
Israele ha lanciato a Jenin la maggiore operazione militare su larga scala da almeno 20 anni in Cisgiordania. Un attacco via aria e via terra “contro i focolai del terrore” – come ha detto il ministro della Difesa Yoav Gallant – che ha causato l’uccisione di 8 palestinesi e il ferimento di altri 80, tra cui almeno 17 gravi, secondo un primo bilancio che appare però ancora provvisorio. “Un nuovo crimine di guerra”, ha tuonato Nabil Abu Rudeinah, portavoce del presidente Abu Mazen, compiuto dal “governo di occupazione israeliano” contro “il nostro popolo indifeso”. Lo stesso Abu Mazen, mentre Hamas e la Jihad islamica minacciano vendetta, ha convocato una riunione urgente dell’Autorità nazionale palestinese e Giordania ed Egitto hanno condannato il raid israeliano. L’operazione – che secondo l’esercito non è ancora finita e che gli analisti ritengono possa prolungarsi di altre 24 ore ed oltre – è cominciata nella notte tra domenica e lunedì quando velivoli israeliani hanno preso di mira “un centro operativo di comando unificato” nel campo profughi della città che serviva, secondo la versione dell’esercito, anche come nascondiglio di armi e esplosivi oltre che come “hub di coordinamento e comunicazione tra i terroristi”. Quasi in contemporanea nel campo profughi sono entrati via terra almeno mille soldati e sono cominciati gli scontri con i miliziani.
Obiettivo delle truppe – ha spiegato il portavoce militare – è stato quello di requisire armi e scoprire depositi segreti nel campo profughi: bulldozer hanno raschiato le strade nel timore che fossero stati piazzati ordigni esplosivi. In parti della città è stata interrotta l’erogazione della corrente elettrica. Durante la giornata altri scontri a fuoco si sono verificati attorno alla moschea del campo profughi dove “si erano asserragliati uomini armati” e dove sono state scoperte due cavità “con esplosivi, armi ed equipaggiamento militare”, ha detto il portavoce militare, aggiungendo che “un velivolo ha colpito nei pressi per rimuovere la minaccia”. La stessa fonte ha poi spiegato che è stato rinvenuto in un’altra parte del campo profughi “un laboratorio per la produzione di esplosivi con centinaia di ordigni già pronti all’uso”. In tutto sono stati circa 300 gli ordigni esplosivi fatti brillare. L’attacco a Jenin sarebbe stato programmato dieci giorni fa dopo l’uccisione di 4 israeliani in Cisgiordania ma anche dopo l’ordigno esplosivo piazzato lo scorso 19 giugno sotto un veicolo militare israeliano nella stessa Jenin e il lancio di due razzi dalla Cisgiordania verso Israele (sebbene ricaduti in territorio palestinese). Un’escalation vista in Israele con preoccupazione. La Wafa ha reso noti i nomi dei palestinesi uccisi: Samih Firas Abu al-Wafa, (20 anni), Hossam Abu Diba (18), Ahmad al-amar (21), Aws al-Hanoun (18), Nour Eddin Husam Marshoud (16), Mohammad Ashami (23), Ali al-Joul (17) e Majdi al-Ararawi (17). Secondo i media, diversi di questi sono stati identificati come membri dei gruppi armati della città anche se non ci sono state finora conferme ufficiali né della Jihad né di altre fazioni. Israele ha fatto sapere di aver avvisato prima dell’attacco a Jenin sia gli Usa sia la stessa Anp, che in città ha un debolissimo controllo della situazione. Tuttavia la presidenza palestinese ha denunciato che così “la sicurezza e la stabilità non saranno raggiunte nella regione”. “Il popolo palestinese – ha aggiunto – non si inginocchierà, non si arrenderà, non alzerà bandiera bianca e rimarrà saldo sulla propria terra di fronte a questa brutale aggressione, fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e la libertà non sarà raggiunta”. Poi ha esortato “la comunità internazionale a rompere il suo vergognoso silenzio e ad agire seriamente per costringere Israele a fermare l’aggressione”.
L’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati palestinesi (UNRWA) ha detto lunedì sera che in seguito all’operazione israeliana – condotta con soldati, mezzi corazzati e soprattutto bombardamenti aerei tramite droni – molte zone del campo profughi sono rimaste senza elettricità e acqua corrente. L’agenzia ha anche denunciato una situazione umanitaria estremamente preoccupante, con molte persone che hanno urgente bisogno di cibo, acqua potabile e latte in polvere per i bambini.
Terrore a Tel Aviv
L’annunciata vendetta delle fazioni armate palestinesi non si è fatta attendere. Sono almeno 8 i feriti israeliani nell’attentato a Tel Aviv,di cui due gravi. A riferirlo è il capo della polizia Yaacov Shabtai. “L’attentatore è arrivato a bordo di un furgone ed ha centrato una fermata di autobus e subito dopo – ha aggiunto – ha cominciato ad accoltellare i passanti. E’ stato fermato dal coraggioso intervento di un civile”. Shabtai ha aggiunto che la polizia era in allerta dopo i fatti di Jenin. Secondo i media, una fonte della polizia ha detto che l’attentatore che era alla guida dell’auto è stato neutralizzato e ucciso da un civile che era sul posto. E’ un palestinese di 23 anni di un paese vicino Hebron in Cisgiordania l’autore dell’attacco a Tel Aviv. Lo dicono fonti riportate dai media che lo hanno indentificato in Hassim Halaila che aveva un permesso di ricevere cure mediche a Tel Aviv. Hamas da Gaza, citata dai media, ha inneggiato all’attentato definendolo “un’eroica vendetta” per l’operazione militare a Jenin.
Non c’è pace in Terrasanta.
Argomenti: Palestina