Presidente Mattarella, l'autocrate che Lei ha incontrato è nemico del popolo tunisino
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Presidente Mattarella, l'autocrate che Lei ha incontrato è nemico del popolo tunisino

Stavolta ci permettiamo di dissentire con il presidente della Repubblica sul suo incontro al Quirinale con l’omologo tunisino Kais Saied, star della Conferenza sulle migrazioni tenutasi domenica scorsa a Roma.

Presidente Mattarella, l'autocrate che Lei ha incontrato è nemico del popolo tunisino
Kais Saied e Sergio Mattarella
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Luglio 2023 - 14.23


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Il galateo istituzionale-diplomatico è fuori discussione. Così come la stima che questo sito, a cominciare dal suo fondatore Gianni Cipriani, ha sempre manifestato nei confronti del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Stima che, per quel pochissimo che conta, chi scrive condivide in toto.

Ma proprio per questo, stavolta ci permettiamo di dissentire con il presidente della Repubblica sul suo incontro al Quirinale con l’omologo tunisino Kais Saied, star della Conferenza sulle migrazioni tenutasi domenica scorsa a Roma.

Sia chiaro: in discussione, ci mancherebbe, non è l’incontro. Ma un’affermazione del Capo dello Stato. 

L’Italia è al fianco della Tunisia nelle sfide importanti” di questo momento. Così Mattarella incontrando al Quirinale il presidente tunisino Kais Saied. Il colloquio, ha detto il Capo dello Stato,  è una “occasione per ribadire la nostra volontà di collaborare sempre più intensamente, un’occasione per ribadire ancora una volta la stima profonda e i legame che intercorre tra Tunisia e Italia”. “Lei – ha aggiunto il presidente della Repubblica – in questo periodo ha incontrato più volte il presidente del Consiglio italiano e conosce bene posizioni orientamenti e iniziative dell’Italia”.Ha concluso Mattarella: “Questo nostro incontro è un’occasione per sottolineare con solennità l’amicizia che intercorre tra i nostri popoli e la collaborazione tra di noi”.

Ecco, Presidente Mattarella. Essere a fianco del popolo tunisino è cosa encomiabile, ma altro è essere a fianco dell’autocrate che quel popolo sta martoriando.

Un Rapporto da leggere anche al Quirinale

E’ quello di Amnesty International. “Nel secondo anniversario dell’assunzione di pieni poteri da parte del presidente Kais Saied, Amnesty International ha ricordato che le autorità della Tunisia hanno inasprito la repressione incarcerando decine di oppositori politici e di figure critiche nei confronti del potere, violando l’indipendenza del potere giudiziario, smantellando le garanzie istituzionali sui diritti umani e incitando alla discriminazione nei confronti dei migranti.

“Decreto dopo decreto, colpo dopo colpo, dal luglio 2021 il presidente Saied e il suo governo hanno gravemente compromesso il rispetto dei diritti umani. Sono state annullate libertà per le quali i tunisini e le tunisine avevano lottato duramente e si è rafforzato il clima di repressione e impunità. Le autorità tunisine devono invertire questa pericolosa traiettoria e rispettare i loro obblighi internazionali in materia di diritti umani”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Opposizione politica soffocata

Dal febbraio 2023 le autorità hanno preso di mira oppositori politici, voci critiche e persone percepite come nemiche del presidente Saied attraverso indagini fasulle e arresti.

In uno dei casi più noti, le autorità hanno aperto un’indagine nei confronti di almeno 21 persone– tra le quali oppositori politici, avvocati e imprenditori – per l’infondata accusa di “cospirazione contro lo stato”. Almeno sette di loro sono detenute arbitrariamente a causa del loro attivismo politico o delle opinioni espresse in pubblico, come i due esponenti politici dell’opposizione Jaouhar Ben Mbarek e Khayam Turki.

Particolarmente preso di mira è stato Ennahda, il principale partito di opposizione. Almeno 21 suoi esponenti sono sotto indagine e di essi 12 sono in carcere. Nell’aprile 2023 è stato arrestato Rached Ghannouchi, leader di Ennahda e presidente del disciolto parlamento. Accusato di “cospirazione contro lo stato” e “tentativo di cambiare la natura dello stato”, il 15 maggio 2023 è stato condannato da un tribunale antiterrorismo a un anno di carcere per un discorso fatto durante un funerale, in cui aveva definito il deceduto “un uomo coraggioso” che non aveva avuto paura “di fronte a un dominatore o a un tiranno”.

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Attacchi alla libertà d’espressione

Dal 25 luglio 2021 Amnesty International ha documentato almeno 39 casi di persone indagate o processate solo per aver esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione. Le accuse vanno dall’“offesa alle autorità” alla “diffusione di notizie false”, che non sono reati riconosciuti dal diritto internazionale.

Nel settembre 2022 il presidente Saied ha emanato il decreto legge 54, una durissima normativa sui reati informatici, che conferisce alle autorità ampi poteri di colpire la libertà d’espressione in rete. La legge è stata usata per avviare indagini contro almeno nove persone – tra le quali giornalisti, avvocati e attivisti politici – per commenti critici nei confronti del presidente Saied e della prima ministra Najla Bouden.

Discriminazione nei confronti di migranti e rifugiati

Nel febbraio 2023 una serie di dichiarazioni xenofobe e razziste del presidente Saied hanno provocato, nelle due settimane successive,un’ondata di violenza contro i neri, con conseguenti aggressioni, sgomberi sommari e arresti arbitrari di persone provenienti dall’Africa subsahariana. La polizia ha arrestato almeno 840 persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate.

A maggio, la tensione razziale nella città di Sfax è culminata nella morte di un migrante. A luglio, è morto anche un tunisino. Dopo questo episodio, le autorità hanno sgomberato decine di migranti e richiedenti asilo subsahariani spingendoli in Libia.

“Le autorità devono prendere provvedimenti immediati per proteggere i diritti dei cittadini stranieri subsahariani, porre fine agli arresti arbitrari e alle espulsioni senza considerare se, una volta rimpatriati, subiranno persecuzioni”, ha sottolineato Morayef.

In pericolo le conquiste del 2011

Nel febbraio 2022 il presidente Saied ha accusato i gruppi della società civile di essere al servizio di interessi di potenze straniere e ha annunciato l’intenzione di mettere al bando “il ricevimento di fondi dall’estero”. Le autorità hanno fatto trapelare dettagli di una nuova norma restrittiva sulla costituzione di nuove associazioni che, se adottata, eliminerebbe importanti protezioni del diritto alla libertà d’associazione. Si tratterebbe di un emendamento al decreto legge 2011-80, che garantisce ai gruppi della società civile il diritto di esistere e operare liberamente.

Il presidente Saied ha compromesso l’indipendenza del potere giudiziario attraverso l’emanazione di due decreti legge che gli hanno conferito il potere di intervenire nelle carriere dei giudici e dei magistrati e anche quello di licenziarli arbitrariamente. Il 1° giugno 2022, infatti, 57 giudici sono stati licenziati per accuse vaghe e politicamente motivate di terrorismo, corruzione morale ed economica, adulterio e partecipazione a “feste a base di alcool”.

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Il 25 luglio 2022 il presidente Saied ha consolidato il suo poteredopo l’adozione, a seguito di un referendum, di un testo di Costituzione da lui proposto e redatto con procedure sommarie e senza consultare i gruppi della società civile o i partiti. La nuova carta costituzionaleaumenta i poteri di Saied e indebolisce l’indipendenza del potere giudiziario, minacciando di portare indietro la Tunisia ai livelli di repressione precedenti il 2011.

“Le autorità tunisine devono immediatamente porre fine al giro di vite nei confronti dei diritti umaniche sta seriamente compromettendo i risultati, ottenuti con grande fatica, della rivoluzione del 2011. Tra le prime azioni da intraprendere: la scarcerazione di tutte le persone detenute arbitrariamente, la fine delle indagini e dei processi contro gli oppositori politici, gli attivisti per i diritti umani e altre persone solo per aver esercitato i loro diritti alla libertà d’espressione e di riunione pacifica”, ha concluso Morayef.

In risposta alla firma di un memorandum d’intesa, in base al quale, fra le altre cose, l’Unione europea ha accettato di fornire alla Tunisia sostegno finanziario e tecnico per scoraggiare la migrazione verso l’Europa, Eve Geddie, direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee, ha dichiarato:

“Questo accordo mal ponderato, firmato nonostante le evidenti prove di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità tunisine, comporterà una pericolosa proliferazione di politiche migratorie già fallimentari e segnalerà l’accettazione da parte dell’Unione europea di un comportamento sempre più repressivo da parte del presidente e del governo di Tunisi”.

“In un contesto di crescenti violenze e maltrattamenti da parte delle autorità tunisine nei confronti dei migranti subsahariani, tale decisione dimostra che non è stata appresa nessuna lezione dai precedenti, simili accordi. Ciò rende l’Unione europea complice delle sofferenze che inevitabilmente ne deriveranno”, ha proseguito Geddie.

“Nello stesso periodo in cui la Tunisia e l’Unione europea si apprestavano a firmare questo accordo, le autorità tunisine hanno lasciato centinaia di persone, bambini compresi, intrappolate alle frontiere desertiche del paese, inizialmente prive di acqua, cibo o riparo”.

“Concentrandosi sulle politiche e sui finanziamenti per il contenimento e l’esternalizzazione del controllo delle frontiere, anziché garantire percorsi sicuri e legali per coloro che cercano di attraversare i confini in modo sicuro, i leader dell’Unione europea si stanno ancora una volta avviando verso politiche fallimentari basate su una spietata indifferenza verso i diritti umani fondamentali”, concluso Geddie.

Una denuncia da rilanciare

E’ quella di padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, una delle organizzazioni da più tempo concretamente attive con sedi in varie parti d’ Italia sul tema delle migrazioni e dei richiedenti asilo.  “Tutti hanno giustamente e prontamente denunciato l’azione della Russia di sottrarsi all’accordo sul grano come mossa “cinica, crudele e disumana”, che avrà come conseguenza il rischio di affamare l’Africa e di far alzare notevolmente i prezzi dei cereali. Eppure l- sottolinea Ripamonti – a stessa lucidità di giudizio non sembra aver caratterizzato l’UE e l’Italia in occasione della firma del memorandum con la Tunisia, che nella parte che riguarda i migranti di fatto consegna migliaia di uomini, donne e bambini a uno Stato terzo, senza nessuna garanzia sui diritti umani, anzi pur avendo evidenza del loro mancato rispetto all’interno del Paese (cfr. Human Rights Watch).

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Una storia che ormai si ripete: dal memorandum con la Libia all’accordo con la Turchia, hanno avuto come effetto cinico, crudele e disumano di bloccare, rendere più pericolosi e spesso tragici i viaggi di decine di migliaia di persone. 

Non è vera la giustificazione data per la realizzazione di tali accordi, cioè l’azione dissuasiva e regolatoria dei flussi migratori. 

È vero invece che quello che vediamo con chiarezza nel comportamento di altri Stati dovrebbe definire anche tali accordi per quello che in realtà sono: interessati, cinici e spesso disumani.”

“Quello che ci preoccupa di più di questi accordi è che non si parla concretamente di diritti e della protezione delle persone vulnerabili. Sappiamo bene quello che accade in Tunisia ai migranti. Abbiamo visto in queste settimane le deportazioni verso l’Algeria e la Libia, abbiamo sentito racconti di persone che sono state incarcerate e soggette a violenze. In Tunisia non sono garantiti i diritti umani dei migranti e nel territorio non ci sono presidi per richiedere la protezione internazionale”, ha detto in un’intervista con Fanpage.it Juan Matías Gil, capomissione Sar di Medici Senza Frontiere, che con la nave Geo Barents soccorre i migranti alla deriva nel Mediterraneo.

“Penso che sia legittimo da parte dei diversi Paesi collaborare per aiutare le economie in crisi – ha aggiunto Gil –ma sappiamo bene che questo è un accordo che riguarda il flusso dei migranti dalla Tunisia. Anche se la gestione delle migrazioni è solo l’ultimo punto dell’intesa, come se fosse una questione residuale. Il punto è che concretamente non sappiamo ancora nulla. Non sappiamo come saranno spesi questi fondi da milioni di euro. Forse per l’attività Sar, ma ancora non si è detto se sarà istituita una zona Sar e se dopo i soccorsi fatte in acque internazionali sia legittimo riportare le persone in Tunisia”.

A pagare le conseguenze, se non ci sarà uno stretto controllo sulla tutela dei diritti umani, saranno sempre le persone più vulnerabili: “Le persone più colpite da questi accordi sono le persone provenienti da altri Paesi che si trovano in Tunisia, in gran parte vengono dalla Libia, dove la situazione è già delicata. In Tunisia diventerà una sfida ancora più grande e la protezione di queste persone non sarà garantita”.

Così stanno le cose.

Ecco perché, Presidente Mattarella, le sue parole benevole all’autocrate tunisino non ci sono piaciute neanche un po’. 

Con immutata stima.

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