L’Italia s’indigna per il “tradimento” calcistico di Roberto Mancini ma non spende una parola, o una riga di giornale, per chiedere conto alla petromonarchia saudita dei migranti ammazzati a centinaia dalla sua guardia di frontiera.
Un report illuminante
E’ quello elaborato da Progetto Melting Pot Europa: “Il confine tra Arabia Saudita e Yemen è uno degli snodi delle rotte migratorie africane e mediorientali che negli ultimi mesi è tornato ad essere maggiormente attenzionato grazie alla pubblicazione di due report. Le persone che vi transitano sono soprattutto di nazionalità etiope che, partite dal Corno d’Africa, tentano di attraversare il Golfo di Aden e di successivamente il confine yemenita-saudita.
A luglio il rapporto dell’organizzazione Mixed Migration Center (Mmc), una rete internazionale che svolge ricerche e analisi sulla migrazione, ha fatto emergere una situazione sempre più critica. «Gli abusi sessuali, compreso lo stupro, sono molto diffusi» ha dichiarato il suo responsabile, Bram Frouws. «Violenza fisica, tortura, detenzione arbitraria e rischio di morire colpiti da cecchini sono eventi all’ordine del giorno, con persone che muoiono sul confine settentrionale tra Arabia Saudita e Yemen». I dati riportati nel report informano che tra gennaio e aprile 2022 sono state uccise ben 430 persone e 650 ferite.
Il 21 agosto è il report di Himan Rights Watch a indicare che le guardie di frontiera saudite hanno ucciso centinaia di migranti e richiedenti asilo etiopi che cercavano di attraversare il confine yemenita-saudita tra marzo 2022 e giugno 2023. Mentre l’Arabia Saudita spende miliardi in eventi sportivi di ogni genere e in testimonial per migliorare la propria immagine, in una grande operazione di washing che coinvolge sportivi e politici (dall’ex ct della nazionale italiana Mancini fino a Matteo Renzi di Italia Viva), Hrw conferma che «i funzionari sauditi uccidono centinaia di donne e bambini lontano dalla vista del mondo».
«Questi omicidi, che sembrano continuare, costituirebbero un crimine contro l’umanità perché commessi come parte di una politica del governo saudita che punta ad uccidere i migranti».
Il rapporto di 73 pagine è intitolato “Hanno sparato su di noi come se piovesse: uccisioni di massa di migranti etiopi in Arabia Saudita al confine tra Yemen e Arabia Saudita”.
Nella pubblicazione emerge che le guardie di frontiera saudite hanno usato armi esplosive per uccidere molti migranti e hanno sparato ad altri migranti a distanza ravvicinata, tra cui molte donne e bambini, in uno schema diffuso e sistematico di attacchi. In alcuni casi, le guardie di frontiera saudite hanno chiesto ai migranti a quale arto sparare e poi hanno sparato loro a distanza ravvicinata. Le guardie di frontiera saudite hanno anche sparato con armi esplosive contro i migranti che cercavano di fuggire verso lo Yemen.
«I funzionari sauditi stanno uccidendo centinaia di migranti e richiedenti asilo in questa remota area di confine, fuori dalla vista del resto del mondo», ha dichiarato Nadia Hardman, ricercatrice sui diritti dei rifugiati e dei migranti presso Human Rights Watch. «Spendere miliardi per acquistare golf professionistico, club di calcio e grandi eventi di intrattenimento per migliorare l’immagine saudita non dovrebbe distogliere l’attenzione da questi crimini orrendi».
Human Rights Watch ha intervistato 42 persone, tra cui 38 migranti etiopi e richiedenti asilo che hanno tentato di attraversare il confine tra Yemen e Arabia Saudita tra marzo 2022 e giugno 2023, e 4 parenti o amici di coloro che hanno tentato l’attraversamento in quel periodo. Il team di ricerca ha analizzato oltre 350 video e fotografie postati sui social media o raccolti da altre fonti e diverse centinaia di chilometri quadrati di immagini satellitari.
Human Rights Watch ha scritto alle autorità saudite e houthi. Le autorità houthi hanno risposto alla loro lettera il 19 agosto 2023.
Circa 750.000 etiopi vivono e lavorano in Arabia Saudita. Sebbene molti emigrino per motivi economici, molti sono fuggiti a causa di gravi violazioni dei diritti umani in Etiopia, anche durante il recente e brutale conflitto armato nel nord del Paese.
Sebbene Human Rights Watch abbia documentato uccisioni di migranti al confine con lo Yemen e l’Arabia Saudita sin dal 2014, le uccisioni sembrano essere un’escalation deliberata sia nel numero che nelle modalità degli omicidi mirati.
I migranti e i richiedenti asilo hanno raccontato di aver attraversato il Golfo di Aden a bordo di imbarcazioni non idonee, mentre i trafficanti yemeniti li hanno portati nel governatorato di Saada, attualmente sotto il controllo del gruppo armato Houthi, al confine con l’Arabia Saudita.
Molti hanno detto che le forze houthi lavoravano con i trafficanti e li estorcevano o li trasferivano in quelli che i migranti hanno descritto come centri di detenzione, dove le persone venivano maltrattate fino a quando non potevano pagare una “tassa di uscita“.
I migranti, in gruppi fino a 200 persone, tentavano regolarmente di attraversare il confine con l’Arabia Saudita, spesso facendo più tentativi dopo che le guardie di frontiera saudite li respingevano. Hanno raccontato che nei loro gruppi c’erano più donne che uomini e minori non accompagnati. Human Rights Watch ha identificato le postazioni delle guardie di frontiera saudite dalle immagini satellitari che sono coerenti con queste testimonianze. Ha, inoltre, identificato quello che sembra essere un veicolo resistente alle mine e agli agguati posizionato dal 10 ottobre 2021 al 31 dicembre 2022 in uno dei posti di guardia di frontiera sauditi. Il veicolo sembrava avere una mitragliatrice pesante montata in una torretta sul tetto.
Le persone che viaggiavano in gruppo hanno descritto di essere state attaccate da proiettili di mortaio e altre armi esplosive dalla direzione delle guardie di frontiera saudite una volta attraversato il confine. Gli intervistati hanno descritto 28 incidenti in cui le guardie di frontiera saudite hanno usato armi esplosive. I sopravvissuti hanno raccontato che i sauditi li hanno talvolta trattenuti in strutture di detenzione, in alcuni casi per mesi.
Tutti hanno descritto scene di orrore: corpi di donne, uomini e bambini sparsi nel paesaggio montano gravemente feriti, già morti e smembrati. «Prima mangiavo con le persone e poi morivano», ha detto un testimone. «Ci sono persone che non si possono identificare perché i loro corpi sono gettati ovunque. Alcuni sono stati strappati a metà».
Un’indagine digitale di Human Rights Watch sui video pubblicati sui social media o inviati direttamente all’Ong, verificati e geolocalizzati, mostra migranti morti e feriti sui sentieri, nei campi e nelle strutture mediche. L’analisi geospaziale ha rivelato un aumento dei luoghi di sepoltura vicino ai campi dei migranti e un’espansione delle infrastrutture di sicurezza delle frontiere.
I membri del Gruppo indipendente di esperti forensi del Consiglio internazionale di riabilitazione per le vittime di tortura – un gruppo internazionale di importanti esperti forensi – hanno analizzato video e fotografie verificate che mostrano migranti feriti o morti per determinare le cause delle loro ferite. Hanno concluso che alcune ferite mostrano “chiari modelli coerenti con l’esplosione di munizioni con capacità di produrre calore e frammentazione“, mentre altre hanno “caratteristiche coerenti con ferite da arma da fuoco” e, in un caso, “sono visibili ustioni“.
Le persone che viaggiavano in piccoli gruppi o da sole hanno raccontato che, una volta attraversato il confine tra Yemen e Arabia Saudita, le guardie di frontiera saudite che imbracciavano i fucili hanno sparato contro di loro. Le persone hanno anche descritto guardie che li hanno picchiati con pietre e barre di metallo. Quattordici intervistati hanno assistito o sono stati feriti in incidenti di tiro a distanza ravvicinata. Sei sono stati bersagliati sia da armi esplosive che da spari.
Alcuni hanno raccontato che le guardie di frontiera saudite scendevano dai loro posti di guardia e picchiavano i sopravvissuti. Un ragazzo di 17 anni ha raccontato che le guardie di frontiera hanno costretto lui e altri sopravvissuti a violentare due ragazze sopravvissute dopo che le guardie avevano giustiziato un altro migrante che si era rifiutato di violentare un’altra sopravvissuta.
Hrw nel rapporto chiede all’Arabia Saudita di «revocare immediatamente e con urgenza qualsiasi politica, esplicita o di fatto, di uso della forza letale contro i migranti e i richiedenti asilo, compresi gli attacchi con qualsiasi arma. Il governo deve indagare e disciplinare o perseguire adeguatamente il personale di sicurezza responsabile di uccisioni, ferimenti e torture illegali al confine con lo Yemen».
Sprona i governi interessati a «chiedere pubblicamente all’Arabia Saudita di porre fine a questa politica e di fare pressione per ottenere l’assunzione di responsabilità. Nel frattempo, i governi interessati dovrebbero imporre sanzioni ai funzionari sauditi e houthi credibilmente coinvolti nelle violazioni in corso al confine». Infine invoca «un’indagine sostenuta dall’ONU per valutare gli abusi contro i migranti e se le uccisioni costituiscono crimini contro l’umanità».
«Le guardie di frontiera saudite sapevano o avrebbero dovuto sapere che stavano sparando su civili disarmati», ha detto Hardman. «Se non ci sarà giustizia per quelli che sembrano essere gravi crimini contro i migranti etiopi e i richiedenti asilo, questo non farà altro che alimentare ulteriori uccisioni e abusi».
“Ho visto un ragazzo chiedere aiuto, aveva perso entrambe le gambe – racconta una testimone nel video realizzato dalla Ong e condiviso sui social – Non abbiamo potuto aiutarlo perché stavamo correndo per le nostre vite”. “Era notte – racconta un altro migrante – stavamo attraversando il confine saudita. Abbiamo visto le guardie di confine che ci hanno detto di fermarci. Mentre venivano verso di noi hanno aperto il fuoco e hanno sparato. Un proiettile ha colpito una roccia e poi la mia gamba”. Nei racconti anche episodi di violenza: “Nel nostro gruppo c’erano sette persone, cinque uomini e due ragazze – racconta ancora un altro testimone – Le guardie ci hanno fatto togliere i vestiti, ci hanno detto di violentare le ragazze che avevano 15 anni. Uno si è rifiutato e lo hanno ucciso. Io ho partecipato alla violenza, per sopravvivere”.
Il video-rapporto della Ong sottolinea che il numero di morti non è stato confermato, ma che le indagini dell’organizzazione hanno portato a scoprire otto siti per bruciare cadaveri vicino al campo per migranti al confine e di aver contato almeno 287 tombe dalle immagini satellitari di giugno 2023.
Dopo la pubblicazione del rapporto, le Nazioni Unite hanno ritenuto il report “molto inquietante”. Il portavoce del Palazzo di Vetro Stephane Dujarric, ha osservato tuttavia che è difficile “confermare” queste accuse”.
Soprattutto, aggiungiamo noi, se i mandanti comprano la loro impunità a suon di miliardi elargiti a governi, lobby, aziende pubbliche e private di mezzo, e più, mondo..
Una pratica continua e impunita
Ne dà conto l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), tra i più autorevoli think tank italiani di geopolitica e politica estera. “ Non è la prima volta che il governo saudita viene accusato di pratiche criminali nei confronti dei migranti subsahariani lungo il confine. In passato diverse organizzazioni umanitarie avevano denunciato uccisioni di massa, sulla base delle interviste e testimonianze dei sopravvissuti. L’anno scorso i relatori speciali delle Nazioni Unite avevano parlato di un “modello sistematico di uccisioni transfrontaliere indiscriminate su larga scala da parte delle forze di sicurezza saudite contro migranti, inclusi rifugiati, richiedenti asilo e vittime della tratta”. Il rapporto di Human Rights Watch tuttavia, è il primo a fornire in dettaglio testimonianze oculari e immagini satellitari dei punti di attraversamento in cui sarebbero avvenuti i massacri, nonché le indicazioni dei luoghi di sepoltura improvvisati. Il documento, che copre il periodo che va da marzo 2022 a giugno di quest’anno, descrive in dettaglio 28 incidenti separati con armi esplosive e 14 sparatorie a distanza ravvicinata. E se l’inchiesta copre eventi avvenuti fino a giugno, la Bbc ha ottenuto prove del fatto che le uccisioni lungo il confine proseguano tuttora. Nella città settentrionale di Saada, i filmati visionati dall’emittente britannica
mostrano migranti feriti al confine e arrivati in ospedale venerdì scorso.
La vicenda imbarazza Riad, che afferma di aver disposto un’inchiesta ma al tempo stesso respinge la definizione delle Nazioni Unite secondo cui le uccisioni sarebbero “sistematiche o su larga scala”. La Bbc sostiene di aver contattato il governo saudita per un commento sulle accuse ma di non aver ricevuto risposta. Una fonte del governo saudita ha riferito all’agenzia di stampa Afp che le accuse sarebbero “infondate e non basate su fonti affidabili”. Secondo l’organizzazione americana, invece, gli etiopi che fuggono dalla guerra, rappresentano il 90% dei migranti diretti verso l’Arabia Saudita lungo la cosiddetta “rotta dell’est”, un percorso molto pericoloso, che comincia nel Corno d’Africa, attraversa il golfo di Aden e, passando per lo Yemen, sbocca nella provincia saudita di Jizan. Per arrivare nella ricca monarchia del Golfo infatti, i migranti etiopi effettuano una pericolosa traversata via mare: più di 24 persone sono state dichiarate disperse la scorsa settimana dopo un naufragio al largo delle coste di Gibuti. Inoltre, le organizzazioni per i diritti umani affermano che molti migranti subiscono imprigionamenti e percosse lungo la strada. Il rapporto identifica anche un centro di detenzione a Monabbih, in Yemen, dove i migranti vengono trattenuti prima di essere scortati al confine da trafficanti armati. Secondo un migrante intervistato da Hrw, i ribelli Houthi sono responsabili della sicurezza a Monabbih e lavorano a fianco con i contrabbandieri.
Imbarazzati ma non troppo?
Le Ong accusano regolarmente Riad di investire in grandi eventi sportivi e culturali per distogliere l’attenzione dalle gravi violazioni dei diritti umani e dalla crisi umanitaria in Yemen nel cui conflitto è coinvolto l’esercito saudita. E tuttavia il regno è sempre più corteggiato dai partner internazionali: secondo il Financial Times Downing Street avrebbe invitato il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs) a recarsi a Londra il prossimo autunno, anche se una data per la visita non sarebbe ancora stata fissata. Si tratterebbe del primo viaggio nel Regno Unito dalla morte nel 2018 del dissidente saudita Jamal Khashoggi, che l’intelligence statunitense ritiene sia stato assassinato mentre si trovava nel consolato saudita a Istanbul per ordine del principe ereditario. Bin Salman nega qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio ma i sospetti sul suo conto rimangono. Dopo aver dichiarato in campagna elettorale di voler fare del regno un “paria” a livello internazionale, il presidente americano Joe Biden si è visto costretto a cercare l’appoggio del regno su questioni che vanno dalla stabilità energetica alle politiche regionali e alla guerra della Russia in Ucraina. Le accuse relative alla condotta saudita nei confronti dei migranti tuttavia stanno suscitando critiche diffuse anche ai paesi partner e il dipartimento di Stato americano ha reso noto di aver chiesto al governo di Riad l’avvio di un’inchiesta riguardo il massacro di cittadini etiopi”.
Annota a commento Eleonora Ardemagni, Ispi Associate Research Fellow: “Il rapporto di Human Rights Watch -i cui contenuti erano in parte già emersi nei documenti delle Nazioni Unite- apre un nuovo fronte diplomatico nelle relazioni tra Arabia Saudita e paesi occidentali. Al netto delle dichiarazioni del momento, è alquanto improbabile però che sia fatta davvero luce sulla vicenda dei migranti etiopi. Il confine saudita-yemenita è una zona grigia per consuetudine tribale e la gestione della sicurezza è divenuta sempre più frammentata e opaca: oltre alle guardie di frontiera saudite che rispondono al ministero degli interni, lì operano guardie tribali integrate e contractors yemeniti sotto comando saudita. Nonché gli houthi. Poi, l’investigazione congiunta annunciata dai governi saudita ed etiope parte già depotenziata, poiché Addis Abeba riceve e necessita di aiuti finanziari e investimenti da Riad. Accertare i gravissimi fatti denunciati sarebbe innanzitutto nell’interesse di quei paesi europei, Italia inclusa, che hanno appena ripreso l’export di armi all’Arabia Saudita, dopo la sospensione permanente del gennaio 2021”.