Libia, "Daniel" si abbatte su un paese martoriato e diviso in due: una catastrofe
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Libia, "Daniel" si abbatte su un paese martoriato e diviso in due: una catastrofe

Dighe distrutte. Città e villaggi sommersi dalle acque. Migliaia i morti, altrettanti i dispersi. Anche la natura non ha pietà per la martoriata Libia e per il suo popolo.

Libia, "Daniel" si abbatte su un paese martoriato e diviso in due: una catastrofe
Ciclone sulla Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

12 Settembre 2023 - 13.58


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Dighe distrutte. Città e villaggi sommersi dalle acque. Migliaia i morti, altrettanti i dispersi. Anche la natura non ha pietà per la martoriata Libia e per il suo popolo.

Un ciclone devastante

“Da domenica  – è la ricostruzione de il Post – la tempesta che all’inizio di settembre aveva provocato grosse alluvioni in Grecia, Bulgaria e Turchia ha portato piogge intense lungo le coste del nord-est della Libia, causando estesi allagamenti e danni enormi. Le piogge hanno fatto crollare strade e dighe, con il risultato che l’acqua ha spazzato via interi quartieri e reso molte aree inaccessibili. Al momento la situazione è confusa e anche le stime dei morti non sono chiare. Secondo le autorità della parte orientale del paese, quella interessata dalle alluvioni, sono morte più di 2mila persone e i dispersi sarebbero ancora di più. Per ora comunque non ci sono certezze sui numeri di morti e feriti.La città più colpita dai danni della tempesta è Derna, che ha circa 100mila abitanti e si affaccia sul Mediterraneo, a 200 chilometri dal confine con l’Egitto. Qui le piogge intense hanno provocato la rottura di due dighe: l’acqua fuoriuscita ha creato estesi allagamenti che hanno distrutto quartieri e trascinato via persone e cose, rendendo la città quasi inaccessibile. I media locali dicono che in città la situazione è gravissima : non c’è elettricità e le vie di comunicazione sono interrotte, con notevoli complicazioni per le operazioni di soccorso.

Georgette Gagnon, coordinatrice delle attività umanitarie dell’Onu in Libia, ha detto che secondo le prime ricostruzioni la tempesta ha fatto danni enormi alle infrastrutture e ucciso decine di persone. Lunedì la Mezzaluna Rossa libica (l’equivalente della nostra Croce Rossa) aveva detto che i morti accertati a Derna erano almeno 150, ma le stime sembravano essere molto caute.

Le alluvioni hanno riguardato la zona costiera della parte orientale del paese, la cosiddetta Cirenaica, che è governata di fatto dal maresciallo Khalifa Haftar. Dal 2014 la Libia è divisa fra due amministrazioni rivali che si sono scontrate militarmente fino all’armistizio del 2020. La comunità internazionale riconosce come governo legittimo quello del primo ministro Abdul Hamid Dbeiba, nel nord-ovest del paese, con sede a Tripoli. Le elezioni presidenziali che avrebbero dovuto riportare il paese a una gestione democratica ed erano state fissate per la fine del 2021 non si sono mai svolte.

In una conferenza stampa trasmessa in televisione Ahmed Mismari, il portavoce delle forze armate della parte orientale del paese, ha detto che solo a Derna le persone morte sono più di 2mila, e che quelle disperse sono tra le 5 e le 6mila.

 Scrive Lucia Capuzzi su Avvenire: “L’epicentro del disastro è Derna, centro di centomila abitanti affacciato sul Mediterraneo, ora annegato da tre metri d’acqua. La furia di Daniel ha fatto crollare le dighe costruite lungo il fiume Wadi che scende dalle vicine montagne fino alla città. Su quest’ultima si sono riversati di colpo 33 milioni di metri cubi d’acqua che hanno causato un’inedita inondazione e sommerso strade e palazzi. Interi quartieri sono scomparsi. Perfino le rovine dell’antica Cirene sarebbero “annegate”. Impossibile, tuttavia, operare un bilancio esatto del disastro, data la difficoltà di accesso all’area contesa tra due amministrazioni rivali e ostaggio di svariate milizie armate. E Derna è solo una delle tante zone colpite: si va da Bengasi a Sousse, da al-Mary ad al-Bayda. Il totale dei soli dispersi, per il portavoce dell’Esercito nazionale libico, Ahmed al-Mismari, sfiorerebbe quota seimila. Nel mentre, i quattro porti petroliferi principali – Ras Lanuf, Zuetina, Brega e es-Sidra – sono stati chiusi per evitare danni. L’esecutivo di Hamad, sostenuto dall’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar, non è riconosciuto a livello internazionale. E questo complica le operazioni di soccorso. Il Comune, per bocca del consigliere Ahmed Amdur, ha chiesto un intervento internazionale «urgente» per «salvarci», nonché l’apertura di un corridoio marittimo per assistere i residenti. 

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Nel frattempo, il “Parlamento dell’Est” ha dichiarato due giorni festivi, tranne nei settori chiave. Il governo “rivale” di Abdulhamid al-Dbeibah, con base a Tripoli, ha risposto con la proclamazione di tre giorni di lutto e la promessa di risarcire tutte le persone colpite dalle inondazioni. Tripoli ha annunciato anche l’invio a Derna di 50 ambulanze e 75 medici e di un convoglio per rafforzare le cliniche rurali. Il capo della General service company di Tripoli, Mohamed Ismail, ha spedito decine di scavatori per aiutare le operazioni di soccorso.

Muoversi sul terreno e arrivare a destinazione tuttavia, non si profila facile. Dbeibah ha, a proprio vantaggio, il riconoscimento della Banca centrale libica, da cui provengono i fondi per le amministrazioni locali. […]Secondo gli esperti, la tempesta Daniel è un «fenomeno estremo per la quantità di acqua caduta». Un tipo di eventi sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale. Nei giorni scorsi, si era abbattuta su Grecia, Turchia e Bulgaria dove aveva ucciso in totale 27 persone. Domenica ha raggiunto la Cirenaica con venti da 180 chilometri all’ora e precipitazioni tra i 50 e i 250 millimetri cubi. Qualcosa di mai visto. Almeno fino ad ora”. 

Il responsabile dell’ospedale principale della città ha detto che almeno 46 morti sono stati accertati nella città di Bayda, a poche decine di chilometri da Derna. Il ministro della Salute del governo orientale, Ossama Abduljaleel, ha aggiunto che sette sono morte nella città costiera di Susa e altre sette tra Shahat e Omar al-Mokhtar, mentre un’altra è morta ad al Marj. La Mezzaluna Rossa libica ha fatto sapere che sono morti anche tre dei suoi operatori che stavano assistendo la popolazione a Derna. Altre decine di operatori risultano dispersi. Molte persone sono state trascinate dalle correnti d’acqua verso il Mediterraneo, ha detto il ministro dell’Interno del governo di Haftar. Risultano dispersi anche sette soldati delle truppe mobilitate da Haftar per aiutare la popolazione.

Il primo ministro del governo libico orientale, Osama Hamad, ha dichiarato lo stato di disastro per la città di Derna. In tutta la parte orientale del paese è stato dichiarato uno stato di emergenza, con l’imposizione di un coprifuoco e della chiusura di scuole e negozi. A causa della tempesta quattro grossi porti molto attivi per l’esportazione del petrolio hanno sospeso le proprie attività.

Intanto domenica anche il primo ministro del governo di Tripoli, Abdul Hamid Dbeiba, aveva ordinato alle agenzie statali di «gestire immediatamente» l’emergenza. L’Onu ha fatto sapere che sta seguendo con attenzione la situazione e che avrebbe assistito la popolazione sia a livello locale che a livello nazionale. Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno offerto l’invio di aiuti umanitari e personale di assistenza in Libia. In tutto il paese sono stati dichiarati tre giorni di lutto.”

Il consigliere comunale di Derna Ahmed Amdur ha chiesto un intervento internazionale “urgente”. Il crollo degli edifici nelle aree residenziali e delle infrastrutture pubbliche e private ha provocato la chiusura di quasi tutte le strade. Amdur ha suggerito l’apertura di un corridoio marittimo per far arrivare i soccorsi. Oltre a Derna è stata colpita tutta l’area che si trova fra Bengasi ed el-Bayda, in particolare le zone di Jabal al- Akhdar e la periferia di al- Marj. Le scuole sono state chiuse per due giorni (domenica e lunedì). Le autorità della Libia orientale hanno imposto il coprifuoco, ed è stato ordinato lo stop ai negozi e a quattro importanti porti petroliferi. Lavorano solo gli addetti ai servizi di sicurezza, il personale della sanità e delle emergenze.

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Il ministro del Trasporto aereo e membro della commissione di crisi del cosiddetto Governo di stabilità nazionale della Libia (Gsn, l’esecutivo al potere nell’est del Paese), Hisham Abu Shkewat, ha chiesto a tutti i Paesi amici e in particolare all’Italia un “aiuto urgente”. Lo ha riferito lo stesso ministro in alcune dichiarazioni rilasciate ad “Agenzia Nova”. “La regione orientale della Libia è stata colpita da una tempesta senza precedenti che ha provocato danni in diverse città, tra cui Al Bayda e Al Marj, ma quello che è accaduto a Derna rappresenta una catastrofe umanitaria sotto tutti gli aspetti”, ha spiegato il ministro. Anche il capo del Consiglio presidenziale, Mohamed Al-Menfi, ha inviato una richiesta di soccorso ai Paesi e alle organizzazioni internazionali affinché forniscano assistenza e sostegno alle aree colpite. Nel frattempo, l’ente petrolifero statale libico, National oil corporation, ha reso noto che le compagnie petrolifere internazionali che operano in Libia, tra cui Eni, hanno dato piena disponibilità per aiutare le località colpite dal ciclone Daniel. 

Le precipitazioni sono state stimate tra i 50 e i 250 millimetri. Secondo il Centro nazionale di meteorologia libico, la tempesta dovrebbe spostarsi sempre più a est, intorno alle zone di Jaghbub, e raggiungere le regioni al confine con l’Egitto. Le Nazioni Unite in Libia stanno seguendo da vicino l’emergenza. «Esprimiamo le nostre più sentite condoglianze alle famiglie di coloro che hanno perso la vita e il nostro pensiero a tutte le persone colpite», ha fatto sapere la missione di supporto Onu nel Paese nordafricano (Unsmil).

Il bilancio delle vittime cresce di ora in ora. I morti superano i 3000 e secondo stime in difetto della Croce Rossa i dispersi sarebbero almeno 10mila.

 “L’Italia esprime il suo cordoglio per le vittime del ciclone Daniel che ha fortemente colpito la Libia orientale, causando inondazioni e devastazioni in varie città” scrive su X l’Ambasciata d’Italia in Libia segnalando per la comunità italiana il proprio numero di emergenza +218915766666. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, comunica che non risultanocittadini italiani coinvolti: “Il governo italiano segue con attenzione le conseguenze delle alluvioni in Libia. Siamo in contatto con le autorità libiche per valutare il tipo di aiuti da inviare subito al popolo libico. Al momento non ci risultano italiani coinvolti”.

“Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni – recita una nota di Palazzo Chigi – ha appreso con dolore degli ingenti danni causati dall’uragano Daniel che ha colpito la parte est della Libia causando morte, feriti e distruzione. L’Italia esprime tutta la sua vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime e al popolo libico e ha attivato la Protezione civile per poter assistere nel migliore dei modi la Libia colpita da questa emergenza”.

In campo anche la Francia, che sta “mobilitando risorse per fornire aiuti”, ha promesso Emmanuel Macron. Mentre in un messaggio sui social il presidente tunisino Kais Saied ha fatto sapere di aver “autorizzato il coordinamento immediato con le autorità libiche per gli aiuti di urgenza dispiegando i mezzi umani e logistici necessari”. Oltre a questi Paesi, si stanno muovendo anche l’Egitto, l’Algeria e il Qatar. 

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Le petromonarchie del Golfo: mani miliardarie sulla ricostruzione

Annota Lucio Gambardella su il Foglio: Prima il terremoto in Turchia e Siria, adesso quello in Marocco e l’alluvione in Libia. I disastri naturali nel Nord Africa e nel Medio Oriente si stanno rivelando un’opportunità unica per chi vuole investire nella ricostruzione. In prima linea ci sono le monarchie del Golfo Persico, il cui zelo nell’offrire aiuti e assistenza economica all’indomani di ogni tragedia cela un disegno politico preciso. Una diplomazia nuova, quella che arriva dal Golfo, e che ruota attorno al desiderio di investire in grandi infrastrutture, ma stavolta secondo le regole dell’economia di mercato.Un cambiamento epocale rispetto a quando l’abbondanza di petrodollari permetteva di elargire pacchetti di aiuti finanziari incondizionati ai propri partner. I tempi sono cambiati e con essi le riserve di liquidità. La politica di potenza nella regione ora passa anche per la ricostruzione. I petrodollari oggi servono a investire in alleanze, non semplicemente a comprare leader. E’ il pragmatismo a guidare la nuova politica del Golfo nella regione. Lo ha fatto intendere domenica scorsa l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman che, appena entrato nel gruppo dei Brics, ha rivolto un discorso emblematico: “Credo che nel giro di cinque anni il medio oriente sarà la prossima Europa e l’Arabia Saudita sarà un paese completamente diverso”.Fino a spingersi ad augurarsi di “vedere il Medio Oriente in cima al mondo prima che io muoia. Questa è la guerra dei sauditi. Questa è la mia guerra”. Una guerra economica, si intende, che Bin Salman vuole combattere anche sulle macerie di paesi distrutti, come la Siria o il Marocco, o in difficoltà economica, come la Tunisia o l’Egitto”.

La natura si rivolta 

“Quanto sta accadendo negli ultimi giorni tra Libia e Marocco non può non far riflettere – rimarca Federica Mercurio per il meridianonews: I cambiamenti climatici a cui da anni si sta andando incontro, continuano a portare devastazione e morte. È la natura che si ribella alla mano dell’uomo, è il segnale che l’umanità stessa è ospite in un mondo che ormai, da tempo, non è più come una volta. Terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche sono fenomeni da sempre esistiti ma è chiaro che oggi diventa impossibile non accorgersi che qualcosa sia cambiato rispetto al passato.

Durante la pandemia la natura si era riappropriata dei suoi spazi e non è difficile, con un leggero sforzo di memoria, avvertire ancora quegli odori e ammirare quei colori che in tanti non avevano mai visto o sentito. Oggi, purtroppo, il mondo continua a fare un passo indietro in questa dicotomia costante tra uomo e natura con la seconda che, inevitabilmente, ricorda troppo spesso chi comanda. E quando questo avviene, le uniche due emozioni sembrano essere dolore e sofferenza”.

“L’alluvione in Libia lascia migliaia di morti e città devastate. Gli effetti del cambiamento climatico colpiscono i più deboli e costringono le persone a lasciare la propria casa. Solidarietà al popolo della Cirenaica e ai migranti abbandonati nei centri di detenzione”, sottolinea Sea- Watch Italy, ricordando, opportunamente, che anche in una calamità naturale c’è chi sta peggio degli altri. I più indifesi tra gli indifesi: i migranti. 

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