Migranti: l'insopportabile vittimismo complottista di Meloni & partner
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Migranti: l'insopportabile vittimismo complottista di Meloni & partner

Sindrome dell’accerchiamento, vittimismo complottista. Il senso politico on cambia: dalla giudice di Catania al cancelliere di Berlino, il governo Meloni vede solo nemici nella sua battaglia anti migranti.

Migranti: l'insopportabile vittimismo complottista di Meloni & partner
Giorgia Meloni
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Ottobre 2023 - 14.26


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Chiamatela come meglio vi aggrada. Sindrome dell’accerchiamento, vittimismo complottista. Il senso politico on cambia: dalla giudice di Catania al cancelliere di Berlino, il governo Meloni vede solo nemici nella sua battaglia anti migranti.

Vittimismo complottista

L’azione del governo per fronteggiare la migrazione illegale è “un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione.C erto, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale.

E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”. Così la presidente del Consiglio sui social a proposito del dossier migranti. 


“Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania, che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Così la premier sui social. “Non è la prima volta che accade” ma “continueremo a difendere i confini”.

A Catania “è gravissimo il fatto che chi ha giudicato il caso” abbia “manifestato sui social, poi chiusi ad orologeria, convinzioni politiche contro Salvini e a favore delle politiche immigrazioniste delle ong”.

Fa eco alla premier  Sara Kelany, responsabile immigrazione di FdI. Il magistrato “giudica in evidente violazione dell’art. 111 Cost., che impone che ogni processo si svolga di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. Chiederemo lumi per comprendere se si siano travalicati i limiti fissati dalla Carta Costituzionale”, rimarca Kelany in una nota. Dal partito si spiega che si sta valutando con quale strumento intervenire. 
L’azione del governo per fronteggiare la migrazione illegale è “un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione. Certo, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta, e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”. Così la presidente del Consiglio sui social a proposito del dossier migranti. 
“Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi ma non sorprendenti”. Lo dice Matteo Salvini .Il vicepremier si riferisce a quanto scritto dal Giornale secondo cui sulla bacheca Fb della magistrata ci sarebbe stata sia una petizione, condivisa nel 2018, che chiedeva “una mozione di sfiducia” nei confronti di Salvini, sia l’articolo ‘Open Arms e Sea Watch: la richiesta di archiviazione della procura di Palermo’. “La Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento – afferma Salvini -.I tribunali non possono essere trasformati in sedi della sinistra”.  “Io, venerdì – sottolinea – andrò all’udienza di Palermo dove rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso i confini e ridotto drasticamente sbarchi e tragedie in mare. Chi ha la coscienza pulita non si fa intimidire. Ed è con questo spirito che faremo la riforma della Giustizia, con separazione delle carriere e responsabilità civile dei magistrati che sbagliano”.

Le tensioni tra Italia e Germania sul fonte dei migranti non accennano a diminuire.

Dopo l’annuncio del cancelliere tedesco Olaf Scholz, il quale ha parlato di controlli aggiuntivi alla frontiera con l’Austria e altri congiunti con Svizzera e Repubblica Ceca sul loro versante, arriva l’ennesima reazione del governo Meloni. “Si cerca di bloccare l’immigrazione in una parte d’Europa e se ne agevola il trasporto in un’altra. Coerente e geniale”, attacca il ministro della Difesa Guido Crosetto. Mentre il vicepremier e titolare degli Esteri Antonio Tajani commenta: ” In Germania sono in campagna elettorale, però c’è un problema importante da risolvere. Noi vorremmo capire qual è la posizione tedesca, non è chiaro quello che dicono. Valuteremo, vedremo: i migranti che vogliono andare in Germania non è che li devono mandare in Italia”. 

Annota Il Fatto Quotidiano: “Silvio Berlusconi non c’è più da un po’, ma il linguaggio di Forza Italia contro la magistratura lo rievoca. Ci riesce Maurizio Gasparri, uno dei ministri più fedeli al Cavaliere, che rispolvera tutto l’armamentario dei bei tempi andati – manca solo la citazione delle toghe rosse – per commentare un giorno più tardi la sentenza del tribunale di Catania che ha giudicato incostituzionale il decreto del governo che dovrebbe portare a una stretta sul trattenimento dei migranti nei centri di rimpatrio. Quella pronuncia dei giudici catanesi fa dire a Gasparri che “i magistrati che si oppongono alle norme del governo in materia di immigrazione sono nemici della sicurezza della nostra nazione. Sono un ostacolo alla difesa dell’ordine pubblico. Confermano l’uso politico della giustizia. La magistratura è da tempo il primo problema del Paese. Altro che riforma, servirebbe una rifondazione di una Istituzione che appare nemica delle esigenze primarie degli italiani”. Per due volte sceglie la parola “nemico“, per una volta “ostacolo“, in un’altra occasione riecco “l’uso politico della giustizia“. Un’accelerazione, almeno verbale, che fa fare un salto di livello al confronto tra esecutivo e maggioranza da una parte e magistrati dall’altra. Ieri il Viminale si era infatti limitato a dire che farà ricorso contro la sentenza, mentre Fratelli d’Italia aveva parlato solo di “decisione ideologica

A Gasparri risponde invece da sinistra Angelo Bonelli, co-portavoce di EuropaVerde. “Io credo che i veri nemici del paese siano i politici come Gasparri che vorrebbero una magistratura al servizio del governo e non della Costituzione – dichiara – Questa destra che governa l’Italia parla tanto di sicurezza ma non è in grado di garantirla, dopo che hanno tagliato fondi a forze di polizia e alle intercettazioni. Fanno propaganda elettorale sulla disperazione umana come quella dei migranti mentre perdono fondi per 5 miliardi di euro per il recupero delle periferie urbane”.

Ecco chi sono i nostri partner libici

Ne dà conto. Con la consueta perizia documentale e grande giornalismo d’inchiesta, Nello Scavo, firma di punta di Avvenire: “In 289 pagine viene fotografato il sistema di colui che, in diverse sentenze in Italia è indicato come “il peggiore dei carcerieri”. Aiutato dai due cugini continua a gestire una vasta rete di traffico e contrabbando Il circuito chiuso che coinvolge trafficanti e guardia costiera libica nella cattura dei migranti, a terra e in mare, è molto di più che una spirale di abusi. Ci sono le prigioni segrete. C’è il controllo sul transito e il contrabbando di petrolio. E un tesoro da nascondere all’estero, aggirando le sanzioni grazie alla copertura del governo e della magistratura libica. 

È un rapporto monstre quello appena chiuso del Panel of experts dell’Onu, gli investigatori incaricati dal Consiglio di sicurezza di scoprire le trame libiche e consegnare i risultati al Palazzo di Vetro e alla Corte penale internazionale. Un documento di 289 pagine, corredato da una montagna di allegati, che rimanda a decine di altri atti per un totale di centinaia di fascicoli. La Corte penale dell’Aja ha già firmato sei mandati di cattura per crimini di guerra e crimini contro i diritti umani. I nomi sono ancora riservati, ma la lettura di questo documento, ottenuto da Avvenire, fornisce parecchie indicazioni. Il protagonista principale è sempre lui: il comandante Bija. L’ascesa è avvenuta dopo la visita segreta in Italia nel maggio 2017, nonostante fosse stato indicato da documenti Onu e da un dossier del Centro Alti Studi del Ministero della Difesa, come uno degli ufficiali della cosiddetta guardia costiera libica maggiormente coinvolto in affari illeciti e violazioni dei diritti umani. 

Una carriera inarrestabile, all’interno delle forze armate e ai vertici della potente mafia dell’ovest. Se pochi anni fa era l’astro nascente del “ Libyagate”, ora ne è il perno. Un sistema che si regge sul ruolo dei cugini di Bija, i Kashlaf e Osama Al-Kuni, che in diverse sentenze in Italia contro torturatori in Libia, è indicato come “il peggiore dei carcerieri”. Ognuno di loro è indicato con un codice, al quale corrispondono le sanzioni internazionali, a cui erano già sottoposti ma per i quali si chiede un inasprimento. “ Il Gruppo di esperti – si legge nel rapporto – ha stabilito che il comandante della Petroleum Facilities Guard di Zawiyah, Mohamed Al Amin Al-Arabi Kashlaf (LYi.025), e il comandante della Guardia costiera libica di Zawiyah, Abd al-Rahman al-Milad (LYi.026), insieme a Osama Al-Kuni Ibrahim (LYi.029), continuano a gestire una vasta rete di traffico e contrabbando a Zawiyah”.

Il servizio di vigilanza petrolifera privata “protegge” la più grande raffineria libica, sempre a Zawiyah, dove però avviene da anni lo smercio di petrolio di contrabbando attraverso Malta in connessione con le mafie del Sud Italia e di quelle balcaniche. Nonostante Bija e compagni già dal 2018 siano stati inseriti nell’elenco delle sanzioni da Onu, Unione Europea, Usa e Regno Unito, e su di loro sia sempre attivo un alert dell’Interpol, “ hanno ulteriormente ampliato la rete includendo entità armate che operano nelle aree di Warshafanah, Sabratah e Zuwarah”. Per poterlo fare, il clan si è inserito nel contesto istituzionale, tanto che “ la rete allargata di Zawiyah comprende ora elementi della 55ª Brigata, il comando dell’Apparato di sostegno alla stabilità a Zawiyah, in particolare le sue unità marittime, e singoli membri della Guardia costiera libica”.

Una alleanza per un solo scopo: « Ottenere ingenti risorse finanziarie e di altro tipo dal traffico di esseri umani e dalle attività di contrabbando » Tutto ruota intorno alle prigioni per i profughi. « La rete di Zawiyah continua a essere centralizzata nella struttura di detenzione per migranti di Al-Nasr a Zawiyah, gestita da Osama Al-Kuni Ibrahim », il cugino di Bija identificato grazie ad alcune immagini pubblicate da Avvenire nel settembre del 2019. Il suo nome ricorre in quello di diverse indagini in Italia per traffico di esseri umani e torture. Sulla base “ di ampie prove di un modello coerente di violazioni dei diritti umani, il Gruppo di esperti ha rilevato – rincara il “panel” – che Abd al-Rahman al-Milad e Osama al-Kuni Ibrahim, hanno continuano a essere responsabili di atti di tortura, lavori forzati e altri maltrattamenti nei confronti di persone illegalmente confinate nel centro di detenzione di Al-Nasr”, allo scopo di estorcere “ ingenti somme di denaro e come punizione”.

Una filiera chiusa che, dopo l’intercettazione in mare, prevede il trasferimento nei campi di prigionia, dove i migranti dovranno pagare per uscire, e spesso venire di nuovo intercettati in mare per rientrare nel medesimo ingranaggio da cui avevano tentato di scappare. Un sistema che permette di massimizzare i profitti ottenendo fondi ed equipaggiamento da Paesi come l’Italia e poi altro denaro dai prigionieri per venire liberati. Dopo che le denunce avevano fatto il giro del mondo e in seguito alle pressanti richieste Onu per ispezionare il campo di prigionia ufficiale di Zawyah, il clan ha pensato di nascondere i crimini e continuare a guadagnare, replicando “ lo stesso schema di atti violenti commessi in una struttura di detenzione segreta per migranti, vale a dire il centro di detenzione di Al-Zahra, noto come “Prigione 55”, a Warshafanah”.

A dirigere il campo di prigionia è Mohamed Al Kabouti, che gestisce questa struttura con altri, “ tra cui Abd al-Rahman al-Milad”. Potendo contare sull’impunità, Bija non si nasconde. “ Il Gruppo di esperti – rivela il documento Onu – ha inoltre scoperto che Abd al-Rahman al-Milad e un altro ufficiale della Guardia costiera libica, Haytham al-Tumi, hanno abusato della loro posizione catturando illegalmente i migranti in mare e riportandoli in siti di detenzione irregolare sotto l’effettivo controllo di Al-Tumi, nell’ambito della loro attività privata a scopo di lucro di traffico e contrabbando di persone”. Ufficiali di giorno, impresari dell’orrore di notte. Nessuna pietà, neanche per i più piccoli. “Mentre erano detenuti illegalmente, quattro bambini sono stati sistematicamente utilizzati come manodopera schiava in fabbriche di costruzione di barche situate a Harsha e Zawiyah, di proprietà e gestite da Abd al-Rahman al-Milad e Haytham al-Tumi”.

Ma che fine fa il denaro? Bija lo starebbe ammassando in qualche forziere all’estero, nonostante gli sia vietato uscire dalla Libia. “Ha utilizzato – é l’altra accusa degli investigatori internazionali – documenti contraffatti delle Nazioni Unite nel tentativo di revocare il divieto di viaggio e il congelamento dei beni imposti nei suoi confronti”. Le coperture per raggiungere qualche paradiso fiscale non gli mancano, e arrivano fino al livello più alto della Giustizia a Tripoli. “Il Gruppo di esperti – scrivono ancora – è in possesso di un documento ufficiale libico, emesso il 28 settembre 2022 dall’Ufficio del Procuratore Generale, in cui si ordina alle autorità responsabili di rimuovere il nome di Al-Milad dal sistema nazionale di monitoraggio degli arrivi e delle partenze”.

Secondo gli ispettori Onu, aver rimosso il nome Bija dai controlli di frontiera “consentirebbe ad Al-Milad di lasciare la Libia con i beni in suo possesso, in violazione della misura del congelamento dei beni”. Il 25 gennaio 2023 le Nazioni Unite hanno chiesto alle autorità libiche di fornire informazioni aggiornate sull’effettivo blocco del patrimonio e del divieto di viaggio. Specialmente dopo che l’esponente del clan di Zawiyah ha ripreso “ le sue funzioni professionali nelle forze armate libiche, compresa la nomina a ufficiale presso l’Accademia navale di Janzour”. Promosso al grado di maggiore, “ significa che riceve uno stipendio militare dal governo, il che costituisce una violazione delle misure di blocco dei beni, a meno che i fondi non siano depositati su un conto congelato”. Sono trascorsi otto mesi da quando gli ispettori dell’Onu hanno chiesto chiarimenti al governo di Tripoli. « Le autorità libiche – precisano – non hanno ancora risposto»

Così Scavo. Bijia è un interlocutore per l’Italia. Scholz e la giudice di Catania i nemici. Ecco chi ci governa. 

Post scriptum. Il governo non sarà presente alle commemorazioni del decennale della strage di Lampedusa. Vergognatevi!

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