Palestina, il dolore e l'orgoglio di due donne coraggiose
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Palestina, il dolore e l'orgoglio di due donne coraggiose

L'ambasciatrice di Palestina in Italia, Abeer Odeh, e Hanan Ashrawi, portavoce della delegazione palestinese ai colloqui di Oslo-Washington, più volte ministra dell’Autorità nazionale palestinese (Anp)

Palestina, il dolore e l'orgoglio di due donne coraggiose
L'ambasciatrice di Palestina in Italia, Abeer Odeh
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Ottobre 2023 - 18.54


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Due donne coraggiose. In prima linea. Donne palestinesi. Storie diverse, generazioni diverse, ma la stessa determinazione, lucidità politica, passione civile, nel difendere i diritti del popolo palestinese: l’ambasciatrice di Palestina in Italia, Abeer Odeh, e Hanan Ashrawi, portavoce della delegazione palestinese ai colloqui di Oslo-Washington, più volte ministra dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), la prima donna a ricoprire l’incarico di portavoce della Lega Araba, paladina dei diritti umani nei Territori.

Orgoglio e dolore

Dichiara l’Ambasciatrice Odeh: “Vorrei cominciare con l’esprimere un sentimento di orgoglio, rendendo onore all’eroico popolo palestinese ovunque esso si trovi ma soprattutto a Gaza, dove è sottoposto alle peggiori forme di oppressione e genocidio, come ha dimostrato il bombardamento compiuto dalle forze di occupazione dell’Ospedale Battista affiliato alla Chiesa di Gaza, che è costato la vita a più di 500 palestinesi, la maggior parte dei quali erano donne e bambini, e ad intere squadre mediche, protette dal diritto internazionale.

Le parole non bastano per descrivere cosa deve sopportare il popolo palestinese oggi e cosa ha sopportato, ogni giorno, per 75 anni. Non ci sarebbe il tempo di elencare la lunga lista di violazioni commesse da Israele, Paese occupante, contro tutti i palestinesi e contro quelli di Gaza in particolare.

E’ orribile che ad oggi non siamo ancora in grado di contare il numero definitivo dei nostri morti a causa della guerra feroce che sta colpendo espressamente la popolazione della Striscia di Gaza. Sino ad ora, le vittime sono più di 3.500, i feriti più di 12.000. Molti di noi sono ancora sotto le macerie, molti altri non hanno potuto essere identificati perché sono ormai ridotti in pezzi dai bombardamenti. Ognuno di loro aveva un sogno che sperava di realizzare. Ognuno di loro aveva una storia, dei ricordi, e una vita che sperava di vivere.

Ciò che sta succedendo in Palestina, da nord a sud, da est a ovest, e in particolare nella Striscia di Gaza, è una disgrazia per tutta l’umanità. Una vergogna che ha tolto la maschera a chi in teoria

difende i diritti umani, il diritto internazionale, i trattati, gli accordi, e gli obiettivi su cui si basano tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite. Tutti questi strumenti erano stati pensati anche e soprattutto per il popolo della Palestina, che invece sembra l’unico a non poterne godere e a non esserne protetto.

Anche la guerra ha le sue leggi, ma l’occupazione israeliana sembra al di sopra di queste leggi, poiché le viola quando vuole senza che nessuno glielo impedisca e senza doverne pagare le conseguenze.

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Stiamo di nuovo lottando per smascherare la falsa narrazione degli occupanti e far valere il nostro diritto alla nostra terra. Dopo 75 anni di occupazione brutale della nostra terra, dobbiamo ancora difendere questo nostro diritto fondamentale così come quello di avere uno Stato indipendente, mentre siamo di nuovo sottoposti ad una guerra totale, che è militare, politica e mediatica.

Per 16 anni, la Striscia è stata sotto assedio totale. I suoi residenti sono privati di tutti i beni primari, compresi l’acqua, il cibo, l’elettricità, le medicine e il carburante. Non hanno il diritto di lavorare né di muoversi, non hanno diritto a una vita decorosa.

Oggi siamo testimoni di una catastrofe umanitaria di fronte alla quale abbiamo le mani legate. Ma nonostante tutto ciò che deve sopportare ogni singolo palestinese, rimaniamo sulla nostra terra e

la difendiamo come ci è possibile, rifiutando l’idea di essere deportati, perché dopo le deportazioni che abbiamo già subito non possono essercene altre. Il popolo palestinese è generoso e resistente, resuscita dalle ceneri come una fenice. Gloria eterna ai nostri eroi.

Grazie a tutti coloro che oggi hanno dimostrato come il popolo arabo sia un unico corpo, che soffre quando soffre una sua parte, e risponde unito a qualsiasi richiesta di aiuto.

Grazie a tutti gli esseri umani la cui coscienza è ancora viva e che credono nella giustezza della nostra causa.”

Ashrawi: “Distruggere Hamas significa distruggere il 30-40% della popolazione di Gaza”

“Hamas è un partito e un movimento, ha un braccio politico e uno militare. Ha istituzioni, organizzazioni e servizi sociali e tanto altro. Distruggere Hamas significa voler distruggere il 30-40% della popolazione palestinese, perché non è soltanto le qualche migliaia di combattenti e militanti che effettivamente esistono. Credo che ci sia una retorica esagerata, disperata al servizio dell’opinione pubblica”. Così Hanan Ashrawi, ospite a Otto e mezzo su La7, sugli accordi di pace israelo-palestinesi di cui fu protagonista negli anni ’90 nella delegazione palestinese. “Ci sono persone nel governo israeliano condannate dal tribunale israeliano e americano e sono comunque ministri. Non si può dire alle persone che se si resiste all’occupazione e si imbracciano le armi automaticamente sei un terrorista – continua Ashrawi – . In Israele ci sono persone non soltanto di estrema destra ma anche razziste, fasciste e violente che non vogliono e non riconoscono affatto la Palestina. Utilizzano ogni mezzo, violenza inclusa, per imporre una grande Israele sulla Palestina storica”.

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Una intervista anticipatrice

E’ quella che Hanan Ashrawi ha concesso a chi scrive e pubblica nel volume “Israele contro Israele” di Limes. Era marzo.

Ne riportiamo buona parte, da leggere con gli occhi dell’oggi.

Dentro e fuori Israele paventano  il rischio di una terza intifada.

Parlare di rischio è abbracciare la propaganda israeliana. Cosa si pretenderebbe dai palestinesi? Di dire all’occupante israeliano prego si accomodi, fate come se foste a casa vostra! Perché questo Israele continua. a fare da più di mezzo secolo: trattare i Territori palestinesi occupati come “cosa nostra”. Terre da colonizzare, da annettere come di fatto sta avvenendo. Terre su cui instaurare un regime di apartheid, definito come tale non dai Palestinesi ma da agenzie internazionali, da relatori Onu sui diritti umani, da organizzazioni israeliane come B’tselem. Nei primi 30 giorni del 2023, Israele ha ucciso 35 palestinesi. Dov’è l’indignazione? Ora questo governo estremista e razzista sta intensificando le sue misure crudeli e illegali per rendere la vita dei palestinesi ancora più impossibile. Dov’è la responsabilità?

Cosa è cambiato negli ultimi anni nel campo israeliano, osservato da una storica dirigente palestinese quale lei è?

L’opinione pubblica è cambiata. Israele ha sovrapposto un grande Israele alla Palestina e ha creato un sistema di apartheid. Lo vedo accadere ogni giorno, distruggendo le fondamenta stesse della pace Credo che il tempo sia passato per una serie di ragioni. Abbiamo bisogno di un approccio diverso. Vogliamo libertà, dignità e pari diritti. Questo cambia le carte in tavola, perché la generazione più giovane è molto più decisa ad adottare questo approccio che a trovare compromessi e a cedere pezzi di terra qua e là. Pochissime persone credono che con l’attuale governo israeliano ci sia la possibilità di una pace legittima o giusta. Si tratta di una questione di leadership. Abbiamo dei leader pronti a guardare oltre i problemi di oggi e a dire: “Forse possiamo davvero andare avanti”? Da questo punto di vista, la soluzione dei due Stati non morirà mai, finché le due parti non troveranno un’alternativa. Finora non c’è un’alternativa seria. Un solo Stato non sarà accettabile in Israele, né lo sono tre Stati che separano la Cisgiordania da Gaza. La confederazione con la Giordania richiederebbe il consenso di quest’ultima. Man mano che si procede con le possibili alternative alla soluzione dei due Stati, tutte cadono nel vuoto. Quasi come un medico che fa una diagnosi a un paziente, si rifiutano le alternative finché non si rimane con un risultato a due Stati in cui entrambe le nazioni trovano un modo per vivere come vicini.

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Cosa l’ha colpita di più dell’atteggiamento della comunità internazionale?
Il silenzio assordante delle organizzazioni internazionali e dei governi di tutto il mondo di fronte alle azioni di Israele sta permettendo all’occupazione israeliana di distruggere le residue possibilità di una pace giusta e dell’istituzione di uno Stato palestinese indipendente sui confini del 1967 con Gerusalemme Est come capitale. Ogni giorno Israele riafferma il suo status di Stato canaglia che agisce con persistente impunità. Si sta facendo beffe del diritto internazionale e di tutti gli Stati che continuano a chiudere un occhio sulle sue violazioni.

Non c’è Stato al mondo che abbia calpestato tante risoluzioni Onu più d’Israele.  E senza che questo comportamento abbia mai portato a un atto sanzionatorio. Neanche uno.  Questa impunità internazionale  incoraggerà Israele a intensificare la sua campagna di aggressione.

La leadership palestinese accusa Israele di distruggere la soluzione a due Stati. Una storia che si ripete, in un rimpallo di responsabilità senza fine.
Frantumare la West Bank in mille pezzi territoriali, erigere muri tra le varie comunità palestinesi che lì vivono, isolare dal mondo la Striscia di Gaza e i due milioni di palestinesi che lì sono rinchiusi, nella più grande prigione a cielo aperto che esista al mondo, cos’altro è se non l’espressione della volontà di distruggere la soluzione a due Stati? L’arroganza dei governanti israeliani, alimentata dalla convinzione di detenere una sorta di impunità internazionale per i crimini commessi, fa sì che oggi non abbiano più bisogno di camuffare le ragioni vere di questa politica. 

Vale a dire?

Per decenni Israele ha giustificato la costruzione del Muro in Cisgiordania così come l’assedio di Gaza, in nome del diritto di difesa. Un “diritto” che ha portato all’adozione di punizioni collettive contro la popolazione civile definite crimini di guerra dal diritto internazionale e dalla Convenzione di Ginevra. In nome del “diritto di difesa” si sono moltiplicati i check-point, confiscate le terre, perpetuata la pratica delle detenzioni amministrative, trasformato il popolo palestinese in un popolo di prigionieri. Chi governa oggi Israele si sente talmente forte e impunito da affermare che la colonizzazione andrà avanti perché così si realizza il sogno, un incubo per i palestinesi, della “Grande 

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