Israele, l'incubo della guerra e le fantasie messianiche: insediarsi di nuovo a Gaza
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Israele, l'incubo della guerra e le fantasie messianiche: insediarsi di nuovo a Gaza

Benny Gantz e il Partito di Unità Nazionale si sono uniti al governo per unire i loro sforzi durante la guerra, senza chiedere la rimozione dal governo degli estremisti, dei kahanisti e dei sostenitori dell'apartheid nella Grande Terra di Israele

Israele, l'incubo della guerra e le fantasie messianiche: insediarsi di nuovo a Gaza
Soldato israeliano a Gaza
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Novembre 2023 - 14.32


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L’incubo della guerra e le fantasie messianiche: insediarsi di nuovo a Gaza. 

Fantasie messianiche al governo

Ne dà conto un allarmato editoriale di Haaretz: “Benny Gantz e il Partito di Unità Nazionale si sono uniti al governo per unire i loro sforzi durante la guerra, senza chiedere la rimozione dal governo degli estremisti, dei kahanisti e dei sostenitori dell’apartheid nella Grande Terra di Israele. La necessità di salvare Israele durante una crisi ha prevalso su qualsiasi altra considerazione.

Ma gli estremisti del governo non hanno rinunciato ai loro sogni, l’incubo dell’opinione pubblica. Le dichiarazioni dei ministri del governo e dei deputati della coalizione sulla ricostruzione degli insediamenti nella Striscia di Gaza minano i messaggi diplomatici di Israele e i suoi sforzi di diplomazia pubblica, hanno dichiarato ad Haaretz diversi diplomatici dei paesi occidentali che finora hanno sostenuto Israele nella sua guerra contro Hamas.

“Per il momento, le dichiarazioni vengono considerate come osservazioni di figure relativamente marginali che non fanno parte dei forum in cui vengono prese le decisioni sulla guerra”, ha dichiarato un ambasciatore europeo. Ma ha aggiunto che la campagna pubblica a sostegno delle idee è monitorata e preoccupante.

Il governo parla da entrambi i lati della bocca. La voce dominante, composta dal Ministro della Difesa Yoav Gallant e dal Ministro Gantz, sostiene che Israele non ha alcun interesse a occupare Gaza. Sembra che le opinioni divergano su chi avrà il controllo della Striscia: l’Autorità Palestinese, le forze internazionali o un’altra agenzia.

Ma c’è anche una voce che esprime il desiderio di occupare Gaza e ricostruire gli insediamenti. Questa voce paragona l’Autorità Palestinese ad Hamas e ai nazisti e sta prendendo provvedimenti per indebolire l’Autorità Palestinese (come il blocco dei trasferimenti fiscali) per escluderla come governatore alternativo di Gaza al posto di Hamas.

I membri della Knesset stanno avanzando proposte di legge per emendare la Legge sul Disimpegno, in modo da consentire la libera circolazione degli israeliani nella Striscia di Gaza alla fine della guerra (in modo simile alla legge che esenta la Cisgiordania settentrionale dalla Legge sul Disimpegno, approvata a marzo).

Non si tratta solo di membri del Sionismo Religioso e di Otzma Yehudit – i ministri Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, Amichai Eliyahu e Orit Strock e i deputati Limor Son Har-Melech e Yitzhak Kroizer – ma anche di parte del Likud. Il parlamentare del Likud Amit Halevi, uno degli sponsor della proposta di legge, ha dichiarato al quotidiano Israel Hayom che la Knesset deve “revocare la legge che vieta l’ingresso nella Striscia di Gaza agli ebrei”.

Dietro questa posizione ci sono centri di ricerca (Misgav), rabbini, artisti e un sentimento radicale colonizzatore-messianico che vuole tornare negli insediamenti della Striscia di Gaza e creare una spiaggia “Nova” sulla riva di Gaza, come ha gridato la cantante Hanan Ben Ari ai soldati questa settimana, incitandoli a vendicare Kfar Azza e Be’eri.

Benjamin Netanyahu deve chiarire con la sua voce, in ebraico e in inglese, agli israeliani e al mondo intero, che Israele non ha alcun piano, intenzione o desiderio di tornare negli insediamenti della Striscia di Gaza.

Deve porre fine alle fantasie messianiche dei coloni dall’interno e alla paranoia dall’esterno, secondo cui Israele approfitterà della guerra per occupare la Striscia, sfrattare i palestinesi e popolarla di coloni”, conclude Haaretz.

Netanyahu liquida Sharon 

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Il premier israeliano ha annunciato nei giorni scorsi in una intervista ad  Abc News che il suo Paese avrà la responsabilità generale della sicurezza” della Striscia di Gaza “per un periodo indefinito” una volta terminata la guerra con Hamas.

“Perché abbiamo visto cosa succede quando non ce l’abbiamo. Quando non abbiamo questa responsabilità in materia di sicurezza, vediamo l’esplosione del terrore di Hamas su una scala che non potevamo immaginare”, ha spiegato. Netanyahu ha respinto ancora una volta l’idea di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza senza il rilascio degli ostaggi rapiti da Hamas. Non ci sarà alcun cessate il fuoco, nessun cessate il fuoco generale, a Gaza senza il rilascio dei nostri ostaggi”, ha detto all’emittente televisiva americana. Per quanto riguarda le piccole pause – un’ora qui, un’ora là – le abbiamo già avute”, ha aggiunto Netanyahu. “Suppongo che controlleremo le circostanze, in modo da consentire ai beni, ai beni umanitari, di entrare, o ai nostri ostaggi, singoli ostaggi, di andarsene”, ha aggiunto.

*Quando Bibi dette del traditore ad Arik

Il 6 giugno 2004 Ariel Sharon, allora primo ministro (Likud) fa approvare, con forti resistenze interne al suo governo, il ritiro dalla Striscia di Gaza e lo smantellamento degli insediamenti.  Il 15 agosto 2005, 14mila soldati israeliani furono impiegati nel trasferimento forzato degli 8mila coloni e degli “infiltrati” rimasti sul territorio. Molti si allontanarono pacificamente, altri furono trascinati fuori a forza. 

Israele sembrava sull’orlo della guerra civile. Sharon, il “generale bulldozer”, fino ad allora il mito dei coloni, divenne “Arik il traditore”. E a guidare la fronda interna al Likud fu Benjamin Netanyahu. In polemica con Sharon, Netanyahu, allora ministro delle Finanze, uscì dall’esecutivo. “Ci sono molte vie per raggiungere pace e sicurezza – scrisse nella sua lettera di dimissioni – ma di certo la via migliore non è un ritiro unilaterale condotto sotto il fuoco del nemico e senza aver ottenuto nulla in cambio». Da parte sua Ariel Sharon decide di fondare una nuova formazione, Kadima, che accoglie i più moderati del Likud e quelli del Partito laburista, tra i quali Shimon Peres. Netanyahu riprende la guida del Likud, radicalizzando a destra le sue posizioni. Sharon non è un avversario politico. E’ un nemico. Una minaccia alla sicurezza d’Israele. Un traditore. Come lo era stato Yitzhak Rabin. Sharon fu messo fuorigioco da una ischemia cerebrale. Rabin dalla mano omicida di un giovane estremista di destra, Yigal Amir. 

Ad armare ideologicamente, ma forse non solo, la mano di Amir, fu la campagna di odio alimentata dalla destra contro Rabin il traditore, l’uomo che aveva stretto la mano, “pregna di sangue ebraico”, del “capo dei terroristi”: Yasser Arafat. A sobillare la folla furente della destra, era sempre lui, Benjamin Netanyahu. Per anni Leah Rabin, la moglie del primo ministro assassinato, si rifiutò d’incontrarlo e stringergli la mano.

Rabin, il Nemico da eliminare 

Nel pomeriggio del 18 ottobre 1995, solo poche settimane prima dell’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin, il leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu partecipò a un incontro del Likud alla Knesset. Il segretario del partito prese rapidamente i verbali con una penna rossa; si trovano ancora oggi nell’archivio Jabotinsky. Erano i giorni più feroci delle proteste guidate da Netanyahu contro gli accordi di Oslo II, proteste che raggiunsero il loro apice con la manifestazione a Zion Square, nel cuore della Gerusalemme ebraica. Netanyahu prende la parola dal balcone che domina la piazza mentre la folla grida: “Nel sangue e nel fuoco bandiremo Rabin”.

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Le lettere di Leah

Un «corrotto», un «mentitore» e un leader da «incubo» . Sono i giudizi taglienti spuntati da alcune vecchie lettere di Leah Rabin.. Le missive sono state svelate al pubblico dal giornale Haaretz nell’imminenza del 14/esimo anniversario della morte di Rabin. Si tratta di scritti risalenti al 1998-’99, all’epoca del primo governo Netanyahu, e indirizzati da Leah Rabin ad amici di famiglia. Scritti nei quali la donna non cela il risentimento verso il leader del Likud e non risparmia considerazioni impietose. «Io spero e prego – annota ad esempio in una lettera datata novembre 1998 – che il governo (di Netanyahu) abbia i giorni contati». 
«Benjamin Netanyahu – si sfoga la vedova Rabin – è un individuo corrotto, un rissoso mentitore che rovina tutto quanto c’è di buono nella nostra società».  «Tutti noi – rincara la dose più tardi, in uno scritto del marzo 1999 – vogliamo che l’incubo finisca, che questa mostruosità chiamata Netanyahu vada a farsi benedire».

I fanatici di Eretz Israel

Li racconta, con efficacia, Uri Misgav, sempre sul quotidiano progressista di Tel Aviv: “Anche se Israele dovesse vincere la guerra esistenziale che gli è stata imposta, dovrà comunque affrontare una minaccia interna che non deve essere presa alla leggera: il sionismo nazionalista ultraortodosso. Chi ha parlato con i seguaci di questo movimento dopo la calamità e la distruzione del 7 ottobre ha riscontrato uno strano fenomeno.

I loro occhi brillano. Sono estasiati. Dal loro punto di vista, questi sono i giorni del Messia. La grande opportunità. È parte integrante delle concezioni fondamentaliste, in tutte le religioni. La fede nell’apocalisse, nell’Armageddon, in Gog e Magog, come unico mezzo di redenzione.

Nel caso dei sionisti Haredi, si tratta di una doppia fantasia: il pieno dominio ebraico su tutta l’area dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano, di concerto con la cancellazione dell’esistenza araba e la nascita di uno stato halakhico dalle ceneri dell’odierno Israele liberal-democratico.

Questo spiega i discorsi su una “seconda Nakba” e il reinsediamento di Gush Katif, nel sud della Striscia di Gaza, così come la rapidità con cui sono stati organizzati gruppi di coloni che hanno messo gli occhi sulle rovine dei kibbutzim al confine con Gaza e i tentativi di prendere il controllo delle iniziative di volontariato per aiutare gli agricoltori della zona.

Ma l’obiettivo principale, ovviamente, è la guerra in corso. C’è un ampio consenso sulla necessità di colpire Hamas e porre fine al suo dominio sulla Striscia di Gaza. Il dibattito verte sulle sfumature. Ad esempio, la questione dell’invasione di terra, la sua necessità e la sua tempistica. La questione dei rapiti e la loro priorità. L’atteggiamento nei confronti delle vittime civili, delle leggi di guerra e degli aiuti umanitari. Per i sionisti Haredi, questi dibattiti sono una dannosa perdita di tempo. Gaza è Amalek, che deve essere cancellata dalla faccia della terra.

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Questo si riflette anche nelle Forze di Difesa Israeliane, perché all’interno dell’esercito esiste una corrente sionista Haredi ben radicata. Il comandante della 36ª Divisione corazzata, il Brig. Gen. David Bar Khalifa, questa settimana ha emanato una commovente direttiva di battaglia scritta a mano per le sue truppe, su carta intestata con una citazione dai Salmi in alto (“Come frecce nella mano di un uomo potente”): “Ciò che è stato non sarà più! Andremo verso di essa in guerra, polverizzeremo ogni maledetto appezzamento di terra da cui proviene, la distruggeremo e il suo ricordo… e non torneremo finché non sarà annientata, e [Dio] non farà vendetta dei suoi avversari e non espierà la terra del suo popolo… Il Signore darà forza al suo popolo e custodirà la tua uscita e la tua entrata, da questo momento e per sempre. Questa è la nostra guerra, oggi è il nostro turno. Eccoci qua!”.

Questo è un testo religioso estatico, adatto a uno studente della Yeshiva di Or Etzion, dove ha studiato, non a un sano e razionale comandante di divisione di un esercito moderno.

Tra i comandanti passati della 36a Divisione Corazzata ci sono Zvi Zamir, Uzi Narkiss, Rafael Eitan, Uri Sagi, Amram Mitzna, Avigdor Kahalani, Matan Vilnai, Amiram Levin e Yitzhak Brik. È difficile immaginare che qualcuno di loro abbia rilasciato qualcosa di simile a questo documento militare.

Molti sionisti Haredi, alcuni dei quali funzionari pubblici, vedono la terribile crisi come un’opportunità e persino un piano divino. Il sindaco di Harish, Yizhak Keshet, ha spiegato la piega che hanno preso gli eventi in una “conferenza sulla sicurezza” che ha convocato questa settimana. “C’è una mossa divina qui. È perfettamente chiaro. Non succede per caso”, ha dichiarato indossando un giubbotto antiproiettile in ceramica.

“Bisogna guardare alle cose, al fatto che il popolo di Israele, sulla scia di questo evento difficile e terribile, è sopravvissuto. C’era un piano molto, molto più grande e malvagio per distruggere lo Stato di Israele… da quattro fronti diversi, di cui Hamas è il più piccolo. E la misericordia di Dio nei nostri confronti ha fatto sì che i loro piani venissero sconvolti. La causa scatenante è lo stesso partito, che ha visto una tale tentazione, di 3.000 persone, vicino alla recinzione, e non ha saputo resistere alla tentazione ed è entrato. Questa cosa ci ha salvato”.

Va da sé che i martiri del festival musicale Nova trance e le vittime dei massacri nelle comunità di confine sono solo pedine del piano divino per completare la missione – in Cisgiordania.

Ecco perché il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich continua ancora oggi a convogliare i fondi governativi verso di loro in modo frenetico. Ecco perché i coloni e talvolta anche i soldati sionisti Haredi vi scorrazzano indisturbati, uccidendo, devastando ed espellendo i palestinesi. La jihad ebraica è determinata a mettere a ferro e fuoco l’intera Terra Santa. Gli israeliani che vogliono vivere non devono distogliere lo sguardo o voltargli le spalle”.

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