Non ci sarà un accordo tra Israele e Hamas prima di Ramadan e si temono ulteriori tensioni. Alla vigilia dell’entrata del mese sacro ai musulmani, Israele ha detto di registrare uno stallo profondo nei negoziati per un’intesa su una possibile tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Non solo: ritiene che Hamas intenda usare proprio il Ramadan per «incendiare la regione».
Anche il presidente Usa Joe Biden ha dichiarato di ritenere «difficile» un cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia nelle prossime ore, e per questo si è detto «molto» preoccupato per le violenze che potrebbero scoppiare durante l’intero periodo, soprattutto a Gerusalemme est dove c’è la Spianata delle Moschee e un intenso afflusso previsto di fedeli musulmani per le preghiere.
La certificazione dell’ennesima caduta dei negoziati è avvenuta nell’incontro tra il capo del Mossad David Barnea e il direttore della Cia William Burns, dopo che quest’ultimo ha lasciato il Cairo a metà settimana alla fine dei colloqui tra i mediatori e la delegazione di Hamas. Secondo Israele, la riunione tra Burns e Barnea ha dovuto prendere atto che Hamas «sta rafforzando la sua posizione secondo cui non è interessata all’accordo e si sforza di infiammare la regione durante il Ramadan a spese dei residenti palestinesi della Striscia».
Una fonte israeliana, citata da Ynet, ha poi spiegato che l’intenzione di Hamas è di usare le sofferenze della popolazione di Gaza per «aumentare la pressione» dell’opinione pubblica mondiale su Israele e ottenere «migliori condizioni nei negoziati».
L’incontro tra Burns e Barnea – ha sottolineato l’ufficio del premier Benyamin Netanyahu per conto del Mossad – si è tenuto «nell’ambito dell’incessante sforzo di promuovere un altro accordo per il ritorno degli ostaggi». Il Mossad non ha tuttavia chiuso ogni porta facendo sapere che «i contatti e la collaborazione con i mediatori continuano costantemente nel tentativo di ridurre i divari».
Anche perché le famiglie dei 134 ostaggi ancora prigionieri a Gaza hanno fatto sapere di aver ricevuto decine «di segnali in vita» da parte dei loro congiunti. Cenni che Israele non si può permettere di ignorare.
La guerra a Gaza ha inoltre scatenato l’ennesimo duro scontro tra il presidente turco Erdogan e il premier israeliano Benyamin Netanyahu. Il primo – dopo aver detto di sostenere «fermamente» i capi di Hamas – ha di nuovo paragonato il secondo a «Hitler, Mussolini e Stalin». Il secondo ha risposto per le rime affermando di non accettare «prediche morali da chi che sostiene gli assassini e gli stupratori di Hamas. Che nega l’olocausto armeno, massacra i curdi nel suo stesso Paese e mette in galera gli oppositori del regime e i giornalisti».
Il capo di stato maggiore dell’esercito Herzi Halevi e il capo dello Shin Bet (Sicurezza interna di Israele) Ronen Bar hanno intanto approvato i piani per la continuazione della guerra. Al 155esimo giorno di guerra, l’Idf sta continuando ad operare in tutta la Striscia, soprattutto nel sud. A Rafah, al confine con l’Egitto, l’esercito, dopo aver invitato i residenti a sgomberare, ha colpito la torre residenziale di al Masri indicata come «risorsa militare di Hamas’. E mentre continuano i lanci umanitari degli Stati Uniti e di altre nazioni per la popolazione di Gaza, a Cipro la nave dell’ong Open Arms ha caricato aiuti diretti ai palestinesi, mentre si attende anche l’avvio del corridoio marittimo annunciato da Usa, Ue ed Emirati.
L’agenzia palestinese Wafa ha intanto denunciato l’uccisione, in un raid israeliano, di «almeno 10 civili, compresi bambini, in una casa nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia». Il bilancio dei morti per gli attacchi israeliani a Gaza – secondo i dati del ministero della sanità di Hamas, che non è possibile verificare in maniera indipendente – è salito a quota 30.960, di cui 82 nelle ultime 24 ore. I feriti, secondo la stessa fonte, sono oltre 72.524.
Continua anche la tensione tra Israele e il Libano: tra i razzi degli Hezbollah da oltre confine e i raid dell’Idf, una pattuglia congiunta dell’esercito libanese e della missione di mantenimento della pace Unifil è stata attaccata a ovest della città di Aita al-Shab, nel sud del Libano. Nessun militare è rimasto ferito.
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