L’Onu è un’organizzazione antisemita, anti israeliana, fiancheggiatrice del terrorismo e la colpa è del suo segretario generale Antonio Guterres. Dopo l’Unrwa, l’organizzazione delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, è l’intero Palazzo di Vetro a finire nel mirino di un’Israele che si sente accerchiato nonostante l’inossidabile ombrello protettivo degli Usa appena scalfito dagli avvertimenti di Washington sui rischi di un’offensiva di terra su vasta scala a Rafah.
Del comune sentire nell’esecutivo dello Stato ebraico si è fatto portavoce il ministro degli Esteri Israel Katz, che ha lodato la «decisione storica» del Congresso Usa di congelare per un anno i finanziamenti americani all’Unrwa e ha sparato a palle incatenate contro Guterres. «Sotto la sua leadership l’Onu è divenuta un’istituzione antisemita e anti israeliana che offre protezione ed incoraggia i terroristi», ha tuonato il capo della diplomazia israeliana commentando la visita di Guterres al versante egiziano del valico di Rafah. «Ha biasimato Israele per la situazione umanitaria a Gaza senza condannare in alcun modo i terroristi di Hamas-Isis che saccheggiano gli aiuti umanitari e senza condannare l’Unrwa che coopera con i terroristi e senza invocare la liberazione immediata ed incondizionata di tutti gli ostaggi israeliani», ha accusato ancora Katz.
E mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha rinviato a lunedì il voto su una nuova risoluzione per il cessate il fuoco, Guterres, arrivato di prima mattina a Rafah, non ha usato giri di parole: «Niente giustifica l’orribile attacco di Hamas» contro Israele ma «niente giustifica la punizione collettiva del popolo palestinese», ha ribadito, preoccupato dal degrado intollerabile della situazione umanitaria nella Striscia dove «bambini, donne, uomini sono bloccati in un incubo senza sosta». «È giunto il momento per un cessate il fuoco umanitario immediato» a Gaza, è stato l’appello del segretario generale, che ha chiesto a Israele «un accesso totale e senza restrizioni ai beni umanitari» per la popolazione perseguitata dalla «fame e dalla carestia».
Ma la distribuzione degli aiuti, che arrivano col contagocce, è diventata per la gente stremata una partita a poker con la morte. Secondo Hamas, l’esercito israeliano ha sparato sulla folla in fila a un punto di distribuzione alla periferia di Gaza City uccidendo 19 persone e ferendone decine. L’Idf ha smentito a stretto giro. E, come sempre, è impossibile verificare in maniera indipendente cosa sia accaduto.
Intanto sulle operazioni in corso all’ospedale al-Shifa, che hanno portato secondo il portavoce militare all’uccisione di 170 «terroristi» in una settimana, è intervenuto Yaron Finkelman, capo del Comando Sud. «Finiremo questa operazione solo quando l’ultimo dei terroristi sarà nelle nostre mani, vivo o morto», ha chiarito. Ore prima il portavoce militare aveva precisato che «le operazioni si svolgono con precisione, senza che sia arrecato danno ai civili, ai pazienti, al personale medico». Mentre il ministero della Sanità di Hamas ha denunciato cinque morti tra i palestinesi feriti nell’ospedale.
Oltre ad al Shifa, le azioni militari proseguono a Qarara, nelle vicinanze di Khan Younis, e nei campi profughi del settore centrale della Striscia. Nel giorno di guerra numero 169, i morti palestinesi – secondo le cifre fornite da Hamas – sono arrivati a 32.142 e uno spiraglio sulla liberazione degli ostaggi israeliani in cambio di un cessate il fuoco e della scarcerazione di detenuti di Hamas si è aperto nella nuova tornata di colloqui in Qatar.
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