“Finché c’è guerra c’è speranza”. Benjamin Netanyahu non saprà neanche dell’esistenza di uno dei più grandi film di Alberto Sordi, anche se a Gerusalemme c’è una magnifica Cinémathèque specializzata in film italiani. Bibi non l’avrà visto, ma di certo ha fatto tesoro del messaggio che l’albertone nazionale ha trasmesso in quel film del 1974 di cui è stato regista e attore protagonista. Finché c’è guerra c’è speranza di non essere umiliato alle elezioni e dover chiudere nel peggiore dei modi la sua lunga carriera politica. Netanyahu, di sicuro il più abile e cinico politico israeliano degli ultimi quindici anni, questo lo sa bene e per questa ragione, che nulla ha a che fare con la sicurezza d’Israele e tanto, quasi tutto, con la sua personale, la guerra la porterò avanti, magari estendendone il fronte. La guerra come assicurazione alla vita politica, propria e dei ministri di estrema destra che danno le carte nel governo in carica.
Se si votasse oggi, l’attuale coalizione del premier di Benyamin Netanyahu non avrebbe più maggioranza. Il partito del centrista Benny Gantz, “Unità nazionale”, sarebbe il primo nel Paese e alla Knesset. Lo hanno confermato due sondaggi delle emittenti israeliane Canale 11 e Canale 12, effettuati a 6 mesi di distanza dall’attacco di Hamas. La maggioranza di destra del premier scenderebbe a 48-47 seggi (su 120) contro i 68/67 di quella guidata da Gantz. Nonostante sia entrato nel Governo di emergenza nazionale di Netanyahu come ministro del Gabinetto di guerra, Gantz guadagnerebbe 32-30 seggi, mentre il Likud di Netanyahu cadrebbe a 21-19. Il partito dell’altro leader centrista Yair Lapid si assesterebbe a 15-14 seggi. Se il voto non penalizzerebbe il leader di destra estrema Itamar Ben Gvir, accreditato di 10-9 seggi, la stessa sorte non accadrebbe per l’altro leader di destra Bezalel Smotrich, di `Sionismo religioso´, che non passerebbe la soglia elettorale e resterebbe fuori dalla Knesset. I sondaggi indicano invece che a rientrare in Parlamento sarebbe il Meretz, il partito di sinistra, uscito nell’ultimo voto.
La guerra o la fine politica
Molto interessante in proposito è l’analisi, per Haaretz, di Ravit Hecht: “Gli ostaggi – scrive – tornano a casa, Hamas viene sconfitto e smantellato, la situazione della sicurezza nel nord si trasforma, Israele riporta le capacità militari di Hezbollah indietro di 20 anni, l’Iran subisce un duro colpo, la maggior parte dell’opinione pubblica disapprova sia i “privilegiati” che i “violenti” e quindi si tiene lontana dalle proteste.
Alla luce della crisi degli ostaggi, del modo in cui è stata gestita la guerra e degli scarsi risultati ottenuti finora, questi scenari sembrano più i meccanismi di difesa di un bambino di tre anni o le negazioni di un adulto che uno sviluppo logico.
Ma si tratta di scenari che il partito Likud di Netanyahu vede come opzioni realistiche e prossime alla realizzazione, in grado di vanificare le crescenti richieste di elezioni anticipate. E non è tutto: Per Netanyahu si tratta di scenari che possono spingere il Likud a tornare sopra i 30 seggi nei sondaggi. Ovviamente!
La stessa ridicola cecità e la stessa compiaciuta arroganza hanno portato il partito al governo, insieme ai suoi partner ultraortodossi, a impazzire per le idee perverse di Yariv Levin e Smicha Rothman, per poi crollare insieme a Israele. Questo è lo stesso distacco e la stessa ambiguità che ha permesso al governo dei renitenti alla leva di proporre seriamente una legislazione che avrebbe esentato centinaia di migliaia di uomini ultraortodossi dal servizio di leva nel bel mezzo di una guerra sanguinosa.
Le richieste di elezioni attraversano gli schieramenti politici, così come la perdita di fiducia nel governo e nel primo ministro. Quando persone come il presidente della Federazione Laburista Histadrut Arnon Bar David e persino il leader dell’Unione Nazionale Benny Gantz – cartine di tornasole naturali che non danno mai il via a lotte controverse – spingono per la fissazione di una data per le elezioni, questo è un segno che le elezioni anticipate sono diventate un consenso.
La richiesta non può essere contestualizzata come “Solo non Bibi”. Anche la destra sa di non poter più vincere con Netanyahu al timone. Chi non l’aveva capito prima del 7 ottobre, lo capisce ora – e chi ha creduto alla fantasia del Likud secondo cui Israele può demolire rapidamente Hezbollah, ora si rende conto che non può nemmeno sconfiggere una barbara organizzazione terroristica.
Netanyahu ha già lanciato una campagna con lo slogan “Le elezioni sono un pericolo per la sicurezza di Israele” e sta cercando di far credere alla gente questa montatura, proprio come qualche mese fa ha cercato di far credere che Gantz stesse attivamente cercando di creare uno stato palestinese.
Sotto il controllo di Netanyahu, gli israeliani sono stati uccisi, violentati, torturati, rapiti e decine di migliaia di persone sono state sfollate dalle loro case; sotto il controllo di Netanyahu, la sua stessa propaganda sui jihadisti su pick-up che venivano a massacrare gli ebrei è diventata un’amara realtà. Eppure, Netanyahu parla di sicurezza di Israele.
Netanyahu può tentare tutti questi trucchi e trucchetti che sono diventati vecchi – incolpare l’esercito e sottrarsi alle responsabilità – ma ormai ci siamo abituati. Dopo tutti gli orrori che abbiamo vissuto e alla luce delle profonde preoccupazioni per il futuro, la maggior parte dell’opinione pubblica, sia in Israele che altrove, lo vede per quello che è: un truffatore fallito il cui fascino è svanito.
Le richieste di elezioni non potranno che aumentare. Man mano che Netanyahu coinvolgerà Israele in altri fronti, trascinando altre famiglie nella perdita e nel dolore, questo appello si farà sentire sempre di più. Non è certo che le speranze riposte da vari partiti in Arye Dery si realizzino o che nel Likud ci sia qualcuno, oltre a Yoav Gallant, disposto ad aiutare a far cadere questo terribile governo.
Non è ancora chiaro come le stelle politiche si allineeranno per sciogliere la Knesset e portare a nuove elezioni, ma questa costellazione esiste. Tuttavia, dobbiamo ricordare che non esisteva una maggioranza parlamentare in grado di bloccare la proposta di legge volta a sottomettere la Commissione elettorale giudiziaria alla volontà della coalizione. Non c’era una maggioranza simile per fermare l’approvazione della seconda e della terza lettura, né per impedire il licenziamento di Gallant. Sono stati tutti fermati perché questa era la volontà della maggioranza e perché la gente ha deciso di scendere in piazza.
Lo stesso vale per la richiesta di elezioni. La maggioranza di Israele vuole le elezioni e non rinuncerà a questa richiesta. La posta in gioco è troppo alta: le nostre vite e quelle dei nostri figli, che dipendono da una leadership che ha già fallito nel proteggerle”, conclude Hecht.
Netanyahu e ministri fascisti che lo sorreggono hanno già fallito. Ma faranno di tutto per non essere giudicati in tempi brevi dagli elettori. C’è da tremare.