La Corte Suprema dello Stato di New York ha revocato la condanna di Harvey Weinstein per reati sessuali.
E ha stabilito che il giudice che nel febbraio 2020 condannò l’uomo a 23 anni di prigione, commise un errore chiamando a deporre donne le cui accuse non erano parte delle incriminazioni nei confronti dell’ex produttore. Nel 2022, Weinstein fu poi condannato per stupro, con una ulteriore pena di 16 anni da scontare.
Sta ora al procuratore di New York, Alvin Bragg, decidere se tornare a mettere l’ex boss della Miramax di nuovo in stato di accusa. La decisione della Corte di New York è stata presa da un collegio di giudici, composto a maggioranza da donne, con quattro voti contro tre a favore della revoca della condanna.
La vicenda
Nel 2020, Lauren Young e due altre donne, Dawn Dunning e Tarale Wulff, testimoniarono sui loro incontri con Weinstein sulla base di una legge statale che autorizza deposizioni su “precedenti malefatte” per dimostrare uno schema di cattivi comportamenti da parte dell’imputato. La Corte ha stabilito che “nel nostro sistema di giustizia, l’accusato ha diritto a rispondere solo del crimine per il quale è stato incriminato”. Oltre cento donne hanno accusato nel 2018 Weinstein di reati a sfondo sessuale e le loro storie collettive sono state la pietra angolare su cui si è fondato il movimento #MeToo. In termini legali però, la condanna a New York dell’ex boss di Miramax è sempre stata controversa e i ricorsi in appello dei suoi avvocati, secondo gli esperti, avevano sempre avuto una possibilità.
L’annullamento della condanna di Weinstein è la seconda grande battuta d’arresto di #MeToo negli ultimi due anni, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti il 7 marzo 2022 rifiutò di esaminare un appello contro la decisione di un tribunale della Pennsylvania di respingere la condanna per violenza sessuale di Bill Cosby.