I partiti pro-indipendenza che hanno governato la Catalogna per un decennio sono destinati a perdere la maggioranza nel parlamento regionale, secondo i risultati parziali delle elezioni di oggi, con la vittoria del partito socialista, sei anni e mezzo dopo il tentativo di secessione del 2017.
Con il 73% dei voti scrutinati, le tre formazioni separatiste che finora avevano la maggioranza, compresa quella di Carles Puigdemont – leader del tentativo di secessione – rimarrebbero con 59 seggi, senza raggiungere la maggioranza assoluta di 68, mentre i socialisti otterrebbero 42 deputati. Junts per Catalunya (Insieme per la Catalogna) di Puigdemont otterrebbe 35 seggi, mentre l’altro grande partito separatista, la Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC) dell’attuale presidente Pere Aragones, scenderebbe a 20 e i separatisti di estrema sinistra della CUP ne otterrebbero quattro.
Alle precedenti elezioni regionali, nel febbraio 2021, i tre partiti avevano ottenuto 74 seggi.
Anche i socialisti del premier spagnolo Pedro Sanchez, guidati in Catalogna da Salvador Illa, non raggiungerebbero la maggioranza e dovranno cercare alleanze per governare.
Una possibile formula per i socialisti potrebbe essere quella di arruolare il sostegno della sinistra radicale, che fa già parte del governo centrale, e di sedurre ERC, da cui ottiene il sostegno parlamentare a Madrid, in una mossa che segnerebbe una rottura con quasi un decennio di collaborazione separatista.
Sebbene non si candidi direttamente alle elezioni, anche Pedro Sanchez aveva una grande posta in gioco in queste elezioni, in cui intendeva dimostrare che la Catalogna si era lasciata alle spalle il dominio separatista. Con otto milioni di abitanti, questa ricca regione del nord-est della Spagna ha messo in scena un tentativo di secessione fallito nel 2017, quando Carles Puigdemont presiedeva la regione, scatenando una delle peggiori crisi politiche della Spagna contemporanea.