Condannati alla carestia. Due milioni di palestinesi, oltre il 56% minorenni.
Condannati alla carestia
Mentre si discutono i termini di un possibile cessate il fuoco, l’effetto combinato degli incessanti bombardamenti e del blocco all’ingresso di gran parte degli aiuti umanitari imposto da Israele, sta di fatto condannando Gaza alla carestia.
Carestia che potrebbe colpire oltre 1,1 milioni di persone, metà della popolazione da un giorno all’altro.
È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, che non riesce, al pari di altre organizzazioni umanitarie, a soccorrere la popolazione civile, rimasta ormai senza cibo e beni essenziali. In questo momento oltre 1,7 milioni di persone sono stipate in un’area di 69 km2, meno di un quinto del territorio di Gaza.
“La situazione è disperata, perché le autorità israeliane non garantiscono il sostegno umanitario promesso a una popolazione di sfollati – afferma Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – In questo momento è praticamente impossibile distribuire anche quei pochi aiuti che potrebbero entrare a Gaza, a causa dei tempi lunghissimi di autorizzazione necessari per spostarli da un’area all’altra e dei continui ordini di evacuazione. Con il valico di Rafah chiuso dal 6 maggio, Kerem Shalom è l’unico punto di accesso su cui potrebbero essere deviati migliaia di camion di aiuti umanitari fermi a Rafah. Il problema è che si ritroverebbero all’interno di una pericolosissima zona di conflitto. A Gaza non ci sono più “zone sicure”: la settimana scorsa, gli attacchi israeliani hanno ucciso decine di civili in aree dichiarate tali”.
I numeri del disastro umanitario
Bastano pochi dati per descrivere quanto sta accadendo:
- un numero incredibile di bambini sta morendo di fame. Una recente indagine condotta dalle organizzazioni umanitarie sul campo ha rivelato come l’85% degli intervistati non sia riuscita a mangiare nulla per un’intera giornata, nei tre giorni precedenti alla ricerca;
- ad Al-Mawasi, vicino a Rafah, oltre 550 mila sfollati stanno sopravvivendo in condizioni disumane, dovendo condividere una latrina ogni 4.130 persone;
- a Gaza sta entrando solo il 19% dei 400.000 litri di carburante necessari al giorno, per far fronte ai bisogni umanitari di base della popolazione (compresi quelli per i trasporti, fornitura di acqua potabile e rimozione delle acque reflue);
- secondo le Nazioni Unite, l’ingresso di aiuti si è ridotto di due terzi dall’inizio dell’invasione di Rafah. Dal 6 maggio, solo 216 camion di aiuti umanitari sono entrati attraverso Kerem Shalom, appena 8 al giorno;
- centinaia di camion commerciali di generi alimentari entrano ogni giorno attraverso il valico di Kerem Shalom, ma portano merci – rivendute oltretutto a prezzi proibitivi – del tutto inadatte per una popolazione malnutrita come bevande energetiche non nutrienti, cioccolato e biscotti;
- la mancanza di diverse tipologie di beni alimentari è uno dei fattori chiave della malnutrizione acuta che sta colpendo la popolazione;
- a Deir al-Balah per potersi assicurare anche la tenda più semplice si devono pagare quasi 700 dollari e per la mancanza di spazio, si è arrivati a usare il cimitero locale.
Si vendono bevande alla caffeina e cioccolato a chi sta morendo di fame…
“Quando sarà dichiarata ufficialmente la carestia a Gaza, sarà già troppo tardi. Dovremo drammaticamente registrare morti per fame, anche se gli aiuti necessari a salvarli erano a pochi chilometri da loro. – continua Pezzati – Allora nessuno potrà più negare le responsabilità di Israele. Impedire l’ingresso di tonnellate di cibo a una popolazione malnutrita è semplicemente disumano, mentre si mostrano a favore di camera bibite energetiche e cioccolato. Israele ha dichiarato settimane fa che avrebbe garantito pieno supporto umanitario e assistenza medica ai civili cui aveva imposto di spostarsi, ma ciò non sta accadendo e si continua ad agire nella più totale impunità. Bombardamenti e ostruzione deliberata creano condizioni di pericolo senza precedenti e impossibili da gestire per le agenzie umanitarie. Continuiamo a ripetere che, in quanto potenza occupante, Israele è legalmente obbligato a non limitare o ritardare l’ingresso degli aiuti umanitari”.
“L’area di Al-Mawasi è stata designata come ‘zona umanitaria’, ma non c’è nulla di più lontano dalla realtà – racconta Meera, operatrice dello staff di Oxfam a Gaza, che è stata sfollata sette volte da ottobre – Le condizioni sono insostenibili, per la mancanza di acqua potabile. Le persone sono costrette a bere l’acqua del mare. I bambini che dovrebbero andare a scuola devono preoccuparsi di come aiutare le proprie famiglie a sopravvivere, senza un letto in cui dormire, tra gli insetti che brulicano ovunque”.
L’appello per il cessare il fuoco e l’ingresso degli aiuti
In questo contesto Oxfam rilancia perciò un appello urgente alla comunità internazionale e alle parti in conflitto:per un cessate il fuoco immediato e permanente;l’apertura di tutti i valichi di terra all’ingresso degli aiuti umanitari;il rilascio di tutti gli ostaggi e dei prigionieri palestinesi detenuti illegalmente.
Quei bimbi traumatizzati
A darne conto è un report di Save the Children. “I bambini e le bambine palestinesi sfollati in Egitto sono tormentati dagli orrori che hanno vissuto dalla guerra a Gaza. Combattono contro incubi, rabbia, enuresi notturna e ansia. Nei nostri centri in Egitto, il 90% delle richieste per ricevere supporto psicologico, riguardava i bambini.
Bisogna affrontare i bisogni a breve e lungo termine dei bambini palestinesi sfollati in Egitto, con un aumento del sostegno alla salute mentale e al supporto psicosociale.
Gaza: la salute mentale dei bambini palestinesi
La guerra a Gaza ha avuto un forte impatto sulla salute mentale dei bambini e delle bambine palestinesi. Mentre fuggono e vengono sfollati, le loro vite sono minacciate dai pericoli costanti e dai tanti bombardamenti, vengono intimoriti e resi ansiosi. Tutto questo ha un forte impatto sulle loro condizioni psicologiche.
Dall’inizio della guerra a Gaza, lo scorso 7 ottobre, più di 60.000 palestinesi, tra cui oltre 5.500 sfollati per motivi sanitari, hanno attraversato il confine con l’Egitto in cerca di rifugio e assistenza medica. Negli ultimi tre mesi abbiamo ricevuto più di 500 richieste da parte di palestinesi in Egitto per ricevere supporto per la loro salute mentale e sostegno psicosociale. Quasi il 90% di queste richieste riguardava bambini, con genitori preoccupati che i loro figli fossero ancora agitati da rumori forti, che non riuscissero a dormire o addirittura ad andare in bagno da soli o che si fossero chiusi in sé stessi e non mostrassero alcun segno di emozione.
La chiusura del valico di Rafah con l’Egitto dal 7 maggio ha bloccato completamente l’evacuazione dei pazienti. Circa 600 pazienti destinati ad essere evacuati, non sono attualmente in grado di muoversi. Tra ottobre 2023 e il 18 maggio ci sono state 12.760 richieste di evacuazione per motivi sanitari, verso l’Egitto e altri Paesi.
I traumi della guerra a Gaza
Quando si fugge da una guerra i bambini riportano traumi profondi. Di seguito la testimonianza di una madre di Gaza, di nome Heba, fuggita in Egitto con la sua famiglia:
Heba, 28 anni, vive in un appartamento al Cairo con il marito e i tre figli Rami di 7, Sana di 10 e Samira di 12. Tutti sono stati gravemente feriti da un attacco aereo a Gaza. Heba ci racconta che suo figlio Rami, ha riportato ferite alla testa e alla gamba e che adesso ha paura di tutto: “Rami era in realtà noto per essere molto coraggioso e consolava sempre la famiglia. Ma da quando si è ferito è diventato un bambino che teme qualsiasi rumore o che ha paura del buio e non può stare da solo o andare in bagno da solo. Da dopo la guerra, le ragazzine hanno un battito cardiaco più elevato, hanno paura e pensano che la morte sia dietro l’angolo. Anche quando stavamo guidando dal confine al Cairo… Samira aveva gli incubi e si svegliava pensando che fossimo morti e che tutto fosse stato distrutto.”
I bambini e le bambine a Gaza hanno subito danni psicologici inimmaginabili a causa della violenza. Vittime innocenti che riportano gravi lesioni fisiche, inclusa la perdita di parti del corpo oltre alla perdita familiari, vedendo le loro case e scuole distrutte. Specialmente i più piccoli vivono con il tormento dell’incertezza di non sapere dove siano i loro cari a Gaza e cosa accadrà loro. Vivere con tipo di stress, e per così tanto tempo, è sufficiente a distruggere la salute di chiunque, sia fisica che mentale, in particolar modo per i bambini. “A Gaza, i bambini continuano a essere mutilati e a subire lesioni fisiche, con poche possibilità di cure mediche o terapie e la loro salute mentale è in bilico. Si stima che più di 1 milione di bambini abbiano un disperato bisogno di servizi di salute mentale. Chiediamo un cessate il fuoco immediato per salvare la vita e il futuro dei bambini e delle bambine”, denuncia Laila Toema, psicologa e consulente di Save the Children in Egitto per la salute mentale e il supporto psicosociale.
Così si uccide l’infanzia a Gaza. E il mondo sta a guardare.