In ascesa un po’ dappertutto, galvanizzate dalla presidenza di turno dell’Ue a guida Viktor Orban, condannate all’incertezza almeno fino all’8 luglio. Le destre e i sovranismi europei sono ad un punto di svolta nella loro collocazione non solo all’Eurocamera ma anche rispetto alle istituzioni comunitarie.
La formazione dei Patrioti lanciata dal premier ungherese ha sparigliato un equilibrio già precario e potrebbe non solo prosciugare il gruppo Identità e Democrazia ma anche ridimensionare i Conservatori presieduti da Giorgia Meloni. Uno snodo fondamentale saranno i ballottaggi in Francia di domenica: fino ad allora Marine Le Pen non muoverà un passo neanche in Ue e finché la zarina d’Oltralpe non farà chiarezza difficilmente le destre troveranno la loro collocazione definitiva.
Il gruppo lanciato da Orban al momento può contare sui cechi di Ano, sugli austriaci dell’Fpo e sui portoghesi di Chega. Questi ultimi due, per confluire nei Patrioti, abbandoneranno il gruppo Id. La Lega, altra componente fondamentale della formazione sovranista, ha già manifestato il suo entusiasmo nei confronti dell’iniziativa di Orban ma, ufficialmente, non ha fatto alcuna mossa. Tutto è rimandato alla riunione costitutiva di Id fissata per l’8 luglio, ad una manciata di ore dal secondo turno delle elezioni in Francia. Solo allora Le Pen, che del gruppo Id è la principale azionista, scioglierà le riserve sul da farsi. Il Rassemblement National conta 30 eurodeputati: la sopravvivenza di Id dipende soprattutto da cosa vorranno fare Le Pen e Jordan Bardella.
Le alternative per i lepenisti, in linea assolutamente teorica, sono due: restare a capo di Id, con un gruppo fortemente ridimensionato ma meno estremista rispetto alla collocazione attuale; oppure unire le destre sotto l’egida dei Patrioti, in coabitazione con Orban. In questo contesto diversi sono i dubbi anche sul futuro dei Conservatori di Meloni. La riunione costitutiva di Ecr si terrà mercoledì, in un incontro organizzato dagli study days in corso in Sicilia ma con la partecipazione in ibrido di diversi membri da Bruxelles. Dirimente sarà la scelta della delegazione del Pis: una parte dei polacchi è tentata dall’unirsi ai Patrioti, un’altra resta molto scettica sulla confluenza in un gruppo fortemente critico sul sostegno all’Ucraina.
L’eco dell’arrivo dei Patrioti non ha scosso solo gli equilibri delle destre. Il rischio di avere un gruppo di oltre cento eurodeputati pronto a vender cara la pelle su ogni provvedimento e con al suo interno, per sei mesi, il presidente di turno dell’Ue, è ben chiaro anche ai partiti tradizionalmente europeisti e può avere conseguenze drammatiche sul voto per il bis di Ursula von der Leyen previsto in Plenaria. La presidente della Commissione uscente, nella sua ricerca di voti che controbilancino la trappola dei franchi tiratori, ha già visto i Verdi. Il gruppo ecologista si è detto soddisfatto dell’incontro, distinguendo tuttavia gli esiti dell’incontro con von der Leyen dalle intenzioni dei Popolari. E, riunito a Cascais per i suoi study days, il Ppe ha partorito un testo programmatico che guarda soprattutto a destra. Nel documento viene chiesto infatti di rivedere il regolamento sullo stop ai motori termici dal 2035 e viene lanciato «un libro bianco sugli hub per il rimpatrio nei Paesi terzi» per chi non può tornare negli Stati d’origine. Viene, inoltre, proposto di estendere i partenariati con i Paesi terzi, sul modello Tunisia, ai Paesi sub-sahariani, inclusi quelli fuori dall’orbita occidentale come il Mali.
È facile pensare che su temi come il Green Deal o la migrazione la mediazione che von der Leyen dovrà fare tra Ppe, Socialisti, Renew ed eventualmente Verdi e meloniani è pressoché impossibile. Parlando in conferenza stampa con Olaf Scholz, il premier polacco Donald Tusk ha invitato ad evitare che, dopo i ballottaggi in Francia ci sia «un terremoto politico in Ue». Spetterà a von der Leyen, innanzitutto, trovare il bandolo della matassa da qui al voto cruciale del 18 luglio.