Il caso Jabarin: storia di un killeraggio mediatico
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Il caso Jabarin: storia di un killeraggio mediatico

La macchina del fango non si arresta di fronte a niente e a nessuno. Soprattutto quando nel mirino finiscono le Ong e i difensori dei diritti umani. Il caso Jabarin 

Il caso Jabarin: storia di un killeraggio mediatico
Shawan Jabarin
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Luglio 2024 - 20.11


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Non c’è niente da fare. Gli ultras d’Israele in Italia sono in servizio effettivo permanente. Per costoro non esistono palestinesi accettabili, soprattutto se hanno a che fare con Gaza. La macchina del fango non si arresta di fronte a niente e a nessuno. Soprattutto quando nel mirino finiscono le Ong e i difensori dei diritti umani. Il caso Jabarin 

“Dopo l’annullamento della Conferenza Stampa alla Camera, le organizzazioni promotrici rendono pubblici i contenuti e le richieste che avrebbero voluto presentare

Negli ultimi giorni, abbiamo assistito nell’aula di Montecitorio e sulle pagine dei giornali a un ulteriore episodio di diffamazione ai danni di Shawan Jabarin, direttore della Ong Al Haq. Le accuse sono simili a quelle mosse a dicembre 2021, per le quali il quotidiano Il Corriere della Sera ha recentemente pubblicato un articolo di rettifica e ha concordato un risarcimento in denaro.

Nella conferenza stampa del 16 luglio avremmo voluto affrontare questi temi insieme a Shawan Jabarin, discutendo anche delle altre querele da lui sporte e della condanna alla censura inflitta all’ex direttore de Il Tempo dall’Ordine dei Giornalisti del Lazio per mancata verifica delle fonti. Purtroppo, sembra ci sia chi considera una vittoria che un parlamento democratico non sia accessibile a chi difende i diritti umani. Invitiamo questi deputati a visitare i Territori Occupati Palestinesi, incontrare le organizzazioni della società civile e osservare di persona i crimini che Israele sta commettendo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Questo fornirebbe loro una comprensione più accurata della realtà per esercitare il loro mandato “con disciplina ed onore”, come recita la Costituzione.

Queste diffamazioni non solo mettono a rischio il prezioso lavoro e la reputazione di Jabarin e dell’organizzazione Al Haq, ma compromettono anche il diritto dei cittadini a essere informati correttamente e imparzialmente. Giornalisti e politici hanno il dovere di verificare la veridicità delle informazioni che diffondono e l’affidabilità delle fonti, dovere che in questi casi è stato gravemente disatteso.

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A dicembre 2021, Shawan Jabarin è stato audito dal Comitato per i Diritti Umani della Camera in merito alla criminalizzazione delle Ong palestinesi da parte del governo israeliano. Come noto, nell’autunno 2021, Al Haq e altre cinque Ong palestinesi impegnate nella difesa dei diritti umani sono state designate da Israele come “organizzazioni terroristiche”. A distanza di oltre due anni e mezzo, il governo israeliano non ha fornito prove a sostegno di tale decisione, confermando la natura persecutoria e illegittima di questa misura, che mina i principi del diritto internazionale, incluso il diritto all’autodeterminazione che queste organizzazioni promuovono.

Infine, è importante sottolineare che la mancanza di condanne contro queste Ong, che godono di ottima reputazione internazionale, evidenzia l’infondatezza delle accuse. Alcune di esse hanno lo status consultivo speciale di Osservatore presso le Nazioni Unite e hanno ricevuto prestigiosi premi internazionali per il loro impegno nella difesa dei diritti umani. Contribuiscono con rapporti puntuali, imparziali e documentati sulle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità di occupazione israeliane alle indagini della Corte Penale Internazionale e di altre istituzioni.

Mentre nella Striscia di Gaza è in corso quello che la Corte Internazionale di Giustizia ritiene un plausibile caso di genocidio, e nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme Est, proseguono inarrestabili colonizzazione, annessione di territori e attacchi di esercito e coloni, vogliamo rivolgere un pensiero ai giornalisti palestinesi, che stanno pagando un prezzo altissimo per raccontare al mondo quanto sta accadendo: sono più di 100 i giornalisti uccisi dall’inizio dal 7 ottobre a Gaza, e molti altri sono spariti, o detenuti, sottoposti come dimostrato tra gli altri da Amnesty International a torture e trattamenti inumani e degradanti. Nessun giornalista straniero è stato autorizzato ad entrare nella Striscia di Gaza, ad eccezione di pochissimi casi di corrispondenti “embedded”.

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Riaffermiamo quindi il nostro pieno sostegno a Shawan Jabarin, ad Al Haq e alle altre 5 ONG palestinesi designate e chiediamo venga riconosciuto e rispettato il diritto e la libertà di espressione, di organizzazione e di protesta pacifica e nonviolenta.

Ricordiamo che attaccare chi difende e promuove il rispetto dei diritti umani delegittima l’utilizzo dei mezzi pacifici e legali per la risoluzione del conflitto, di fatto rafforzando le posizioni più estremiste in un momento di preoccupante escalation di violenza, che lascia la popolazione civile su entrambi i fronti ulteriormente vulnerabile. Confermiamo l’impegno a lavorare con chi dentro le istituzioni si batte per una soluzione di pace, contro ogni discriminazione e razzismo. 

Infine, invitiamo chi ha diffamato Shawan Jabarin nelle aule del nostro Parlamento e sulle pagine dei nostri quotidiani a fornire pubblicamente prove concrete a sostegno delle loro tesi diffamatorie, o a presentare tempestivamente pubbliche scuse e ritirare le dichiarazioni infamanti”.

A firmare il comunicato congiunto sono Aoi, Arci, Amnesty International, Assopace Palestina. Non sono sigle. Sono donne e uomini che ogni giorno, da decenni, sono dalla parte dei più indifesi tra gli indifesi, danno loro assistenza, voce, in molti casi salvano la loro vita. Sono eroi di pace, quando intervengono nel Mediterraneo, o a Gaza, o in altri conflitti colpevolmente ignorati dalla comunicazione mainstream. Ong dalla schiena dritta, che in tanti luoghi del mondo rappresentano testimoni scomodi per chi pratica crimini di guerra e contro l’umanità spacciandoli per diritto di difesa. Così a Gaza. In Cisgiordania. La loro ipocrisia non li porta a dire esplicitamente ciò che condividono con i ministri del governo peggiore nella storia d’Israele: come a Berlino ai tempi del Reich, anche a Gaza, chi non era nazista (oggi nazislamico)  ne era comunque complice o acquiescente, anche se era un bambino. I palestinesi sono colpevoli di esistere. Ed è la loro esistenza che mina la sicurezza d’Israele. Shawan Jabarin è parte di questa minaccia. Che gli ultras israeliani di casa nostra colpiscono con l’”arma” della diffamazione. Sta ad altri usare quelle vere. 

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Un Senato da applaudire

Un appello a Parlamento e Governo “affinché l’Italia si unisca al gran numero di Paesi che, nel mondo, riconoscono ufficialmente lo stato di Palestina accanto allo stato di Israele”. Lo si legge in una mozione approvata all’unanimità dal Senato Accademico dell’università di Siena.  “Un’azione del genere avrebbe l’effetto di contrastare le tendenze estremistiche presenti in ciascuna delle due parti in conflitto – riporta una nota dell’ateneo -: quella di chi, da parte palestinese, nega il diritto di Israele a esistere e quella di chi, da parte israeliana, auspica e dichiara che uno stato palestinese non vedrà mai la luce. Chiediamo a tutti coloro che condividono la nostra preoccupazione per la pace e la giustizia di unire la propria voce alla nostra nel sostenere questa iniziativa”. 

Chissà se anche loro, per gli ultras d’Israele di cui sopra, sono “fiancheggiatori di Hamas”. 

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