La prima cosa che ho pensato: era più giovane dei miei figli. Il giorno dopo, da morto, ha diritto solo a un piccolo spazio nella stampa locale. Nient’altro. Cose più grandi della sua vita si agitano nel mondo, la minaccia di conflitti che possono diventare un unico grande conflitto, come quelli che pensavamo irripetibili, vicende archiviate nei libri di Storia, ormai sono più spesse di uno spettro.
Lo hanno trovato senza vita tra le pieghe di un grosso autoarticolato che sbarcava al porto di Palermo, proveniente da Tunisi. “Splendid” il nome della nave. Mi è capitato più d’una volta di viaggiare su quella nave, da Civitavecchia a Palermo. La nave sosta alcune ore a Palermo, poi riprende il mare verso Tunisi. Così al ritorno: Tunisi, porto di La Goulette, Palermo, Civitavecchia.
Verso Tunisi, la nave è sempre affollata da famiglie, arrivate a Civitavecchia anche da altri Paesi europei: auto stracariche, anche sul tettuccio, tanti bambini, l’odore del loro cibo, il suono delle labbra dell’altra sponda del Mediterraneo. Famiglie nordafricane e camionisti che fanno su e giù.
Del ragazzo, trentenne, poco importa il nome, poco importa tutto il resto, la sua breve vita – e certamente difficile – è subito archiviata. Con ogni probabilità il giovane è morto quando era già in Sicilia, a Palermo, nelle fasi di sbarco del grosso mezzo. Avrà sentito l’altoparlante che annunciava l’arrivo, l’ordine di sbarco. Probabilmente, prima di morire avrà pure avuto il tempo di urlare, magari solo un urlo soffocato. Lo so, sulla nave nella fase di sbarco c’è un gran frastuono, di mezzi, di uomini, di metalli, di catene che scivolano, rumorose. Non lo hanno sentito, hanno solo visto il suo corpo disarticolato, non più in vita.
Del ragazzo non sapremo se al mare era arrivato dall’interno della Tunisia. Certo, prima di partire si sarà guardato attorno: case bianche, bouganville, il profumo dei gelsomini, lo stesso che avrebbe sentito arrivato. E poi, in tanti edifici la traccia di quell’Italia che qui trovò riparo dalla miseria. Gli italiani cominciarono a venire su quest’altra sponda del mare poco dopo la metà del 1800. Scappavano dalla miseria: braccianti, muratori, minatori, pescatori. Venivano soprattutto dalle province della Sicilia occidentale, Palermo, Trapani, Agrigento. Nel 1870 erano già 35mila, nel 1926 il censimento ne avrebbe contati quasi 90mila. Quelli di Trapani portarono qui anche il culto della loro Madonna. La processione ha resistito al tempo e ai forti mutamenti.
La più conosciuta “figlia de La Goulette” è stata lei, Claudia Cardinale. Nel 1957 risultò la più bella italiana di Tunisi. Nacque così quella che sarebbe divenuta l’Angelica del Gattopardo di Luchino Visconti.
Oggi a La Goulette, altri italiani. Vengono qui perché la loro pensione sia più pesante, permetta loro qualche lusso. Qui perché tenere la barca da queste parti costa assai meno che a Fiumicino. Quando hanno necessità o voglia d’Italia, il volo è breve e poco costoso.
Così non è stato per quel ragazzo poco più piccolo dei miei figli, lui che, partendo dalla Piccola Sicilia di Tunisia, nella Sicilia dei nostri migranti avrebbe voluto cominciare a camminare senza l’ipoteca della fame.