Reporter sotto tiro: il prezzo della verità in Ucraina e Gaza
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Reporter sotto tiro: il prezzo della verità in Ucraina e Gaza

Il loro ruolo nelle zone di guerra si fa sempre più pericoloso e a dimostrarlo sono gli ultimi attacchi subiti dai giornalisti Rai in Libano e a Mosca

Reporter sotto tiro: il prezzo della verità in Ucraina e Gaza
Lucia Goracci e Ahmad, l'autista libanese della troupe morto d'infarto
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9 Ottobre 2024 - 09.51 Culture


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di Azzurra Arlotto

In tempo di guerra è noto che la manipolazione dell’informazione diventa un’arma potente quanto qualsiasi altra e che la verità è una delle prime vittime. Nelle due guerre che si stanno combattendo sotto i nostri occhi, in Russia-Ucraina e a Gaza, l’informazione giornalistica è sotto tiro più che mai. Quotidianamente assistiamo ad aggressioni, arresti e uccisioni di reporter e tutto questo sta contribuendo a riscrivere i record legati ai dati delle vittime nel mondo della comunicazione.

Proprio ieri, martedì 8 ottobre, una troupe del Tg3 è stata aggredita in Libano mentre documentava la situazione al confine con Israele, più precisamente a Sidone. L’autista locale che in quel momento li stava trasportando ha avuto un infarto ed è morto dopo essere stato portato in ospedale. A raccontare l’accaduto è stata l’inviata Lucia Goracci, che ha spiegato come sono andate le cose. Un uomo armato e poi un gruppo di persone hanno aggredito e minacciato la troupe italiana: “ci stava seguendo, e quando l’autista si è fermato a un distributore, ormai eravamo fuori dal Paese, ci è venuto addosso un uomo che ha strappato le chiavi, ha tentato di distruggere la telecamera mentre nessuno ci veniva in aiuto” racconta Lucia Goracci dopo l’episodio.

Il fatto non rimane isolato, perché anche il giorno prima, questa volta a Mosca, una coppia di giornalisti Rai è stata arrestata. Nelle ultime settimane, la Russia aveva intensificato le indagini contro dei giornalisti accusati di essere entrati nel territorio durante l’avanzata dell’esercito ucraino nella regione di Kursk nel mese di agosto. A seguito di tali indagini, lo scorso lunedì 7 ottobre, un tribunale russo ha ordinato l’arresto e l’estradizione dei due giornalisti italiani della Rai. Si tratta di Simone Traini e Stefania Battistini, accusati di aver attraversato illegalmente il confine dall’Ucraina mentre facevano reportage proprio nella regione di Kursk.

La Rai non è rimasta indifferente all’accaduto e, in una nota, commenta: “la richiesta di arresto avanzata dalle autorità russe per gli inviati Rai Stefania Battistini e Simone Traini, “colpevoli” di aver svolto con grande professionalità il proprio lavoro al servizio del pubblico, è la dimostrazione di quanto la democrazia e la libera informazione siano valori tanto preziosi quanto irrinunciabili. Proprio per questo, seguendo il loro esempio, il Servizio Pubblico continuerà a compiere con scrupolo, orgoglio e rispetto della verità, in tutti i campi, il proprio dovere di informare i cittadini”.

Questi due episodi avvenuti nei giorni scorsi vanno ad inserirsi nella miriade di casi in cui l’informazione, attraverso i reporter di guerra, entra a far parte della lunga lista delle vittime nei conflitti armati. Dallo scoppio della guerra in Russia-Ucraina e da quello nel territorio della Striscia di Gaza il numero dei giornalisti che hanno perso la vita sul fronte non fa altro che aumentare e lo fa insieme a quello di tutti i civili, compresi bambini e anziani.

Ad oggi i dati resi pubblici sulle morti di chi lavora per far conoscere al mondo la verità e le atrocità della guerra sono 116 tra Palestina, Israele e Libano (registrati in un solo anno da Ong newyorkese Citizens for Justice and Peace) e 30 tra Russia e Ucraina (secondo i dati raccolti da Reporter Senza Frontiere fino ad ora). Numeri che inevitabilmente aumentano di giorno in giorno e dimostrano quanta forza di volontà e passione spingono gli operatori della comunicazione a svolgere il loro mestiere nelle zone di conflitto.

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