Yumna Fawaz e i giornalisti assassinati in una 'safe zone' in Libano
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Yumna Fawaz e i giornalisti assassinati in una 'safe zone' in Libano

Yumna Fawaz, giornalista libanese, racconta l'attacco aereo israeliano che ha colpito una "safe zone" ad Hasbaya, uccidendo tre colleghi e sconvolgendo la stampa.

Yumna Fawaz e i giornalisti assassinati in una 'safe zone' in Libano
Israele uccide tre giornalisti in Libano
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Chiara D'Ambros Modifica articolo

28 Ottobre 2024 - 00.04


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Beirut, domenica pomeriggio, Yumna Fawaz è appena tornata dalla farmacia, ha delle lievi ferite alle gambe che si è procurata due giorni fa spostando le macerie per cercare le scarpe e uscire a vedere se i suoi colleghi …erano vivi. Haadi, il cameramen e il driver hanno subito risposto subito, non erano stati colpiti. Erano le 3.20 quando ha sentito un aereo militare, poi un boato e pezzi di soffitto caderle accanto. Svegliata di soprassalto per un momento è rimasta immobile, chiedendosi se fosse lei stessa viva. Una volta ritrovati i colleghi, sono corsi tutti verso la struttura accanto che era completamente distrutta e con essa gli apparati per le trasmissioni televisive.

La scena che si è aperta davanti ai loro occhi è stata terribile, sangue e corpi smembrati. Non c’era più niente da fare per l’operatore Ghassan Najjar e il tecnico di trasmissione Mohammed Rida della TV panaraba Al-Mayadeen, con sede a Beirut, e l’operatore Wissam Qassim, che lavorava per Al-Manar TV del gruppo libanese Hezbollah. 

Un attacco aereo israeliano li aveva colpiti mentre erano in una guesthouse in un complesso di Hasbaya utilizzato anche da organizzazioni mediche oltre che dai giornalisti perché considerato una “safe zone”. Mentre lo racconta, Yumna ancora non si capacita di come sia potuto succedere. Yumna ha coperto molte zone di guerra dallo Yemen alla Siria, ha visto una delle prime dichiarazioni dell’ISIS sui muri dei villaggi siriani nel 2013. Pochi giorni fa, prima di partire da Beirut in direzione sud, si era bene informata su come muoversi, dove dormire. Molti giornalisti libanesi che coprono il conflitto nel sud del Paese avevano dovuto trasferirsi dalla vicina Marj’youn ad Hasbaya, poiché la prima era diventata troppo pericolosa. “Tutte le parti ufficiali sono state informate del fatto che questa casa in Hasbaya veniva utilizzata come casa di soggiorno per i giornalisti”. Quella notte i giornalisti presenti erano 18. Nel cortile davanti alle guesthouse dove dormivano erano parcheggiate le chiaramente contrassegnate con la scritta “stampa”.

Tutti i giornalisti presenti quella notte erano atterriti, hanno cercato di capire cosa fare nel buio, mentre il buio che era calato fin dentro di loro. Hanno chiamato la Croce rossa, ciascuno le rispettive organizzazioni e Unifil. La base infatti, dista appena 10 minuti di auto dal luogo dell’attacco. Un loro convoglio ha scortato tutti loro verso la capitale libanese. 

In una dichiarazione rilasciata poche ore dopo l’incidente, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato di aver colpito una struttura militare di Hezbollah a Hasbaya da dove “operavano i terroristi”.

Il ministro dell’Informazione libanese ha dichiarato che l’attacco è stato deliberato e lo ha definito un “crimine di guerra”.

Yumna Fawaz, durante l’intervista ribadisce più e più volte che non è accettabile che si colpiscano i giornalisti, come è successo qui, come succede da mesi a Gaza dove ad oggi sono 180. Le chiediamo se si prenderà una pausa dopo questa esperienza. Ci dice vuole tornare il più presto possibile a coprire i fatti al sud. Raccontare la guerra è necessario e un suo dovere. La stampa deve raccontare quello che succede, e deve poterlo fare.

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