Lo sfondamento in Moldavia non è riuscito. La presidente in carica, Maia Sandu, che sostiene l’adesione del paese all’Unione europea, ha dunque vinto al secondo turno delle elezioni presidenziali.
Secondo la Commissione elettorale, dopo aver elaborato il 99,86% dei protocolli, Sandu aveva già il 55,41% dei voti. Il suo rivale, l’ex procuratore generale Alexander Stoianoglo, ha il 44,59%.
Grazie ai voti dei cittadini moldavi che vivono all’estero e nel sud della Moldavia. Anche la maggioranza dei residenti di Chisinau ha votato per il presidente in carica: nella capitale, Sandu ha ottenuto il 57,38%, Stoianoglo il 42,62%.
Continua, dunque, il cammino della Moldavia verso l’Europa. Questa volta è stato respinto, nell’urna, la forte pressione operata, in mille modi, da Mosca, per attrarre la Moldavia al grande progetto putiniano di fare una versione aggiornata dell’Unione Sovietica, con le buone o con le cattive.
Come aveva pensato di fare con l’Ucraina, avviando l’Operazione speciale che pensava durasse una settimana o poco più. Oggi, invece, senza contare i morti civili ucraini e i tanti morti in divisa dell’uno e dell’altro lato, siamo arrivati quasi a mille giorni di invasione.
Per la precisione siamo al 985esimo giorno di guerra, con l’apporto di soldati nordcoreani già dispiegati e in lotta nella regione di Kursk, dove lo zar ha dovuto subire uno sfondamento di Kiev, che è riuscito a portare il rumore della guerra dentro i confini russi.
Moldavia, l’Ucraina, poi la Georgia. Lì, la storia è stata cristallizzata dal voto che – tra mille brogli – non è riuscito a strappare il potere alla classe dirigente gradita a Putin. Risultato ottenuto con l’ostentata minaccia del rischio invasione.
Città e campagne georgiane per l’intera campagna elettorale sono state tappezzate da manifesti giganti che sostanzialmente dicevano: “Vuoi fare la fine dell’Ucraina?”. Messaggio più esplicito non si poteva.