Il 10 dicembre in piazza per la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’Onu dei popoli
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Il 10 dicembre in piazza per la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’Onu dei popoli

Cessate il fuoco. Aiuti. Diritto internazionale. Fine dei “doppi standard”. E Nazioni Unite di nuovo in grado di arbitrare e ricostruire la giustizia, indispensabile per la sicurezza.

Il 10 dicembre in piazza per la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’Onu dei popoli
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Novembre 2024 - 21.48


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Una data da cerchiare in rosso: 10 dicembre 2023. Il perché lo spiega molto bene Rete Italiana Pace Disarmo (Ripd)

“Il 10 dicembre in piazza per la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’Onu dei popoli
Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora
 Vogliamo “dare continuità alla giornata di mobilitazione nazionale del 26 ottobre scorso” che ha visto l’adesione di oltre 400 realtà associative sparse nel territorio nazionale e la partecipazione di 80mila persone nelle sette manifestazioni di Bari, Cagliari, Palermo, Roma, Firenze, Milano, Torino. E’ questo l’obiettivo di base delle Reti che hanno promosso la mobilitazione “Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora” per il nuovo appuntamento di mobilitazione previsto per il 10 dicembre 2024, Giornata internazionale per i Diritti Umani.

Cessate il fuoco. Aiuti. Diritto internazionale. Fine dei “doppi standard”. E Nazioni Unite di nuovo in grado di arbitrare e ricostruire la giustizia, indispensabile per la sicurezza. Sono questi i temi forti di un rinnovato «appello per mobilitare il Paese a difesa dell’Articolo 11 della nostra Costituzione contro la politica, la cultura, l’economia di guerra. Scelte che invece sia il governo italiano che l’Unione Europea (ed altri Stati Membri) hanno intrapreso e stanno imponendo, facendoci scivolare progressivamente verso il baratro di una guerra globale» dichiarano gli organizzatori.  

Con la giornata di mobilitazione del prossimo 10 dicembre «vogliamo rendere evidente l’alternativa di Pace che tante persone invece chiedono: contro la loro complicità, inazione e ignavia nei confronti dei conflitti, dei massacri, degli stermini, dei genocidi, delle violazioni del diritto internazionale e umanitario». 

È chiaro che i conflitti hanno una saldatura tra di loro, che la guerra è ormai un’opzione possibile per la politica che pensa in questo modo di risolvere i conflitti e imporre nuove egemonie. «Il tempo della pace è ora. Non possiamo più rinviare, non siamo più disponibili ad accettare violazioni eclatanti del diritto internazionale che fanno aumentare ogni giorno il pericolo di un confronto armato generalizzato, anche nucleare», è il richiamo alla società civile e alle istituzioni.

Uno dei punti centrali di questo impegno è la richiesta della riduzione delle spese militari, in particolare quelle previste per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, ormai arrivate a livelli record in accettabili, in quanto sottraggono risorse ad investimenti più utili per la vita e la sicurezza di tutti. Tutte le nostre organizzazioni si impegnano dunque a sostenere la campagna “Ferma il riarmo”, che proprio il 10 dicembre si attiverà per un’iniziativa diretta nei confronti del Parlamento che sta per votare una Legge di Bilancio con una spesa militare complessiva per il 2025 di 32 miliardi di euro (ben 13 miliardi per nuove armi)

La richiesta a cittadini, reti territoriali, organizzazioni è il sostegno per la Seconda Giornata di Mobilitazione Nazionale per la Pace del 10 dicembre 2024 e quella di promuovere Consigli Comunali Aperti, presidi flash mob, sit-in, volantinaggi, raccolta firme o altre iniziative per chiedere il cessate il fuoco, la protezione delle vite umane, il rispetto del diritto internazionale, il taglio della spesa militare e l’adesione all’Appello di “Fermiamo le guerre”. Un programma che si può realizzare organizzando assemblee cittadine  nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei circoli, nelle parrocchie e chiedendo ai Consigli Comunali di votare Mozioni specifiche – già predisposte – per il cessate il fuoco in Ucraina in Palestina e in tutte le guerre attive nel mondo, per il taglio alle spese militari, per la messa al bando delle armi nucleari; per il riconoscimento dello stato di Palestina; per il rispetto e l’applicazione del diritto internazionale e umanitario.

Il manifesto di “Ferma il riarmo”

Come facciamo a difendere il nostro diritto alla salute, a salvare il nostro sistema sanitario, ad affrontare le emergenze climatiche e i disastri ambientali, a investire sui giovani, sulla scuola e sul diritto ad un lavoro dignitoso, a contrastare la povertà e le disuguaglianze sociali che stanno esplodendo, a sviluppare la solidarietà e la cooperazione internazionale se non riduciamo le spese militari?
La risposta è evidente. Eppure, alcune lobby politico-mediatiche, militari e industriali vorrebbero continuare ad aumentare le spese per le armi e gli eserciti, togliendo altre preziose risorse alla cura dei nostri bisogni vitali. Una autentica follia! Mentre le sanguinose guerre in corso e la totale assenza di politiche di pace ci stanno impoverendo a vista d’occhio, mentre si sta distruggendo il tessuto produttivo italiano ed europeo aumentando la disoccupazione, il lavoro povero, precario e sfruttato, i signori della guerra e i mercanti d’armi vogliono alimentare la più pericolosa corsa al riarmo della storia.

E ancora: La spesa militare globale è in crescita da oltre due decenni, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario.

Ciò che prima veniva deciso in termini meno dispendiosi, ma con opacità e reticenze, oggi viene rivendicato: da qui la crescita enorme delle risorse che gli Stati mettono a disposizione del comparto militare, in particolare per quanto riguarda la produzione e il commercio di nuovi sistemi d’arma.

Contemporaneamente, l’opposizione alle spese militari rimane uno dei punti qualificanti dell’azione del variegato movimento pacifista, nonviolento e per la giustizia sociale, trovando sempre un buon riscontro sia degli attivisti che nell’opinione pubblica in generale (come dimostrano anche diversi sondaggi d’opinione). Per tale motivo pensiamo sia venuto il momento di rilanciare una mobilitazione collettiva forte contro le spese militari, con nuovi strumenti e nuova capacità di attivazione. Senza partire da zero, ma anzi rafforzando tendenze e collaborazioni già presenti per essere sempre più incisivi grazie a una nuova “campagna/mobilitazione” che vuole rimettere in fila quanto già fatto, riprendendo e rilanciando i punti e ragionamenti “chiave” già sviluppati per dimostrare che l’aumento della spesa militare (sia in termini quantitativi che qualitativi) è una minaccia per il futuro di tutti, oltre a costituire un “gap democratico” rispetto al volere della maggioranza dell’opinione pubblica. 

È tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari, e su cosa davvero sia necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni.

Aiutaci a fermarli!”.

10 dicembre 2023: i pacifisti tornano in piazza. E Globalist con loro 

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