Israele conferma che il portavoce di Netanyahu è indagato per la fuga di documenti degli 007
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Israele conferma che il portavoce di Netanyahu è indagato per la fuga di documenti degli 007

Un tribunale israeliano ha revocato l'ordine di bavaglio sul caso «BibiLeaks», confermando che Eli Feldstein, portavoce del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, è indagato come principale sospettato per la fuga di documenti

Israele conferma che il portavoce di Netanyahu è indagato per la fuga di documenti degli 007
Eli Feldstein e Netanyahu
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17 Novembre 2024 - 23.11


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Un tribunale israeliano ha revocato l’ordine di bavaglio sul caso «BibiLeaks», confermando che Eli Feldstein, portavoce del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, è indagato come principale sospettato per la fuga di documenti di intelligence militare alla stampa internazionale. L’obiettivo della fuga di notizie sarebbe stato influenzare l’opinione pubblica israeliana.

Nonostante i media locali avessero puntato il dito contro Feldstein fin dal suo arresto, avvenuto tre settimane fa, solo oggi, con la revoca dell’ordine di riservatezza, si è avuta la conferma ufficiale del suo coinvolgimento nelle indagini condotte dallo Shin Bet e dalla polizia.

Secondo quanto riportato dalla televisione Canale 12, il filone d’indagine si concentra su un soldato riservista dell’intelligence militare che, a giugno, avrebbe inviato a Feldstein i documenti classificati tramite i social media. Feldstein avrebbe nascosto questi documenti fino a settembre, quando, durante le polemiche per l’uccisione di sei ostaggi a Gaza, li avrebbe fatti trapelare ai media internazionali.

L’obiettivo era condizionare l’opinione pubblica israeliana, che in quel momento protestava contro il governo, chiedendo un accordo di cessate il fuoco per liberare gli ostaggi. Feldstein, aggirando la censura nazionale, avrebbe fatto pervenire il materiale ai quotidiani internazionali Bild e The Jewish Chronicle. Successivamente, avrebbe avvisato i media israeliani delle informazioni pubblicate, affinché ne facessero eco.

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«La banda di Netanyahu ha condotto un’operazione criminale contro l’accordo per la liberazione degli ostaggi e delle loro famiglie, fornendo aiuto al nemico e mettendo in pericolo la sicurezza dello Stato», ha dichiarato Einav Zangauker, madre di uno degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza.

Suo figlio, Matan Zangauker, è tra i 97 ostaggi che si ritiene siano ancora nelle mani di Hamas, dopo il loro rapimento durante l’attacco dei miliziani palestinesi del 7 ottobre 2023. L’esercito stima che oltre 30 ostaggi siano morti.

La fuga di documenti dell’intelligence militare, nota come «BibiLeaks», è avvenuta all’inizio di settembre. Il 31 agosto l’esercito israeliano ha trovato i corpi di sei ostaggi uccisi poche ore prima. Questo episodio ha suscitato profondo malcontento nell’opinione pubblica, soprattutto perché alcuni di loro erano stati inclusi nel primo scambio di ostaggi con prigionieri palestinesi, previsto in caso di accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas.

Poco dopo, Bild e The Jewish Chronicle hanno pubblicato informazioni secondo cui Yahya Sinwar, leader di Hamas successivamente ucciso, stava complottando per fuggire con gli ostaggi attraverso il Corridoio di Filadelfia, al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Netanyahu ha usato queste informazioni per giustificare la necessità che Israele mantenga il controllo militare del confine a tempo indeterminato.

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Successivamente, The Jewish Chronicle ha ritirato l’articolo, dichiarandolo screditato.

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