Nel "regno di Giudea e Samaria" (la Cisgiordania) i bambini palestinesi non hanno diritto alla vita
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Nel "regno di Giudea e Samaria" (la Cisgiordania) i bambini palestinesi non hanno diritto alla vita

Nel “regno di Giudea e Samaria”, dove i coloni israeliani in armi dettano leggi, la legge delle armi e di una violenza impunita,  i bambini palestinesi non hanno diritto di vita. 

Nel "regno di Giudea e Samaria" (la Cisgiordania) i bambini palestinesi non hanno diritto alla vita
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Novembre 2024 - 18.39


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Nel “regno di Giudea e Samaria”, dove i coloni in armi dettano leggi, la legge delle armi e di una violenza impunita,  i bambini palestinesi non hanno diritto di vita. 

A Jenin, in Cisgiordania, i bambini nelle scuole sono profondamente colpiti dalle operazioni militarizzate. Più di 170 bambini sono stati uccisi dal 7 ottobre in Cisgiordania. È quanto fa sapere dal suo profilo X l’Unicef di Palestina. L’Unicef assicura che “sta fornendo supporto psicosociale e per la salute mentale ai bambini”. E invoca “per ogni bambino protezione”. 

Il rapporto di Save the Children

“Il numero di bambini uccisi o feriti dalle forze israeliane e dai coloni in Cisgiordania è più che raddoppiato dallo scorso ottobre, con un bilancio di 158 morti e almeno 1.400 feriti, e si teme che ci siano ulteriori vittime in seguito all’escalation di violenza delle ultime sei settimane. Lo dichiara Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.  


Secondo gli ultimi dati disponibili, 115 bambini sono stati colpiti a morte tra il 7 ottobre e il 14 agosto, il triplo rispetto ai 10 mesi precedenti. Altri sono stati uccisi in attacchi aerei e di droni. 


In totale sono 1.558 i bambini colpiti, ciò significa che da ottobre sono stati uccisi o feriti in media cinque bambini al giorno. Save the Children chiede alla comunità internazionale di intraprendere azioni incisive per assicurare la responsabilità delle violazioni contro i bambini in Cisgiordania e di porre immediatamente fine all’uso eccessivo della forza contro i civili, in particolare i più piccoli. 


L’appello arriva dopo un’escalation di violenza da ottobre 2023, che si è aggravata ulteriormente ad agosto con l’aumento degli attacchi aerei e il lancio dell’“Operazione campi estivi” in città e paesi che, secondo l’esercito israeliano, aveva l’obiettivo di smantellare i gruppi di resistenza palestinesi. Il Ministero della Sanità riporta che, dall’inizio di agosto, sono state uccise circa 70 persone, tra cui 10 bambini, di cui più della metà dall’inizio dell’operazione militare, il 28 agosto. 


Secondo le Nazioni Unite, c’è stato un incidente reso noto il 5 settembre [quando le forze israeliane hanno sparato e ferito un ragazzo di 16 anni a Tubas, nel nord della Cisgiordania, al quale sono state rifiutate le cure mediche e al quale è stato sparato di nuovo un colpo mortale prima che il suo corpo fosse trascinato via da un bulldozer.  Save the Children ha dichiarato che l’aumento della violenza sta ostacolando la consegna degli aiuti, impedendo lo spostamento del personale umanitario, tagliando i canali di comunicazione e le forniture di elettricità e bloccando l’accesso alle famiglie nelle aree sotto attacco. Tra queste c’è il campo profughi di Tulkarem, dove Save the Children è stata costretta a cancellare le operazioni programmate l’11 settembre a causa di una seconda incursione militare israeliana. 


Questa escalation, condannata dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, evidenzia un livello costante e allarmante di forza e tattiche di tipo bellico in un’area che, secondo il diritto internazionale umanitario, non è un conflitto armato. L’uso consentito della forza è fortemente limitato in contesti non di conflitto.   
“Il secondo giorno di raid ho provato molta paura a causa degli attacchi aerei e degli spari. Il terzo giorno avevo ancora più paura perché le forze israeliane hanno fatto irruzione nella nostra casa. Sono entrati urlando e mia madre ha cercato di parlare con loro, ma loro hanno invaso la casa e perquisito ogni stanza. Avevamo molta paura”, ha dichiarato Dalia*, 12 anni, che vive nel campo profughi di Tulkarem. “Per noi non c’è sicurezza. Da un momento all’altro potrebbero tornare o andarsene, non lo sappiamo”.
Il campo profughi di Tulkarem è stato oggetto di una seconda incursione il giorno successivo all’intervista di Dalia*. La madre di Dalia, Hind*, ha raccontato che durante l’incursione alla famiglia sono state tagliate le scorte di cibo, acqua, pane ed elettricità. “Si sono riuniti di notte, hanno iniziato l’incursione, sono rimasti a lungo qui e hanno fatto irruzione nella nostra casa, terrorizzando i bambini. Hanno fatto saltare la porta. Dalia* era in piedi, tremante, in un angolo. Mi hanno puntato le pistole contro e mi hanno ordinato di scendere senza prendere nulla. I bambini sono costantemente spaventati, privati delle cose più semplici. La loro salute mentale si sta deteriorando. Questi bambini meritano di essere bambini, non di vivere nella costante paura di incursioni e sparatorie”, ha concluso Hind*.
Oltre all’escalation di violenza in Cisgiordania, dallo scorso ottobre sono aumentati gli arresti arbitrari, le detenzioni e gli abusi nei confronti dei minorenni nel sistema di detenzione militare israeliano, sono aumentati gli sfollamenti forzati di famiglie, le demolizioni di case e gli attacchi violenti da parte dei coloni israeliani.   
“Questi non sono incidenti isolati, ma fanno parte di una tendenza all’incremento delle operazioni militari israeliane e dell’uso della forza che stanno sistematicamente erodendo la sicurezza e i diritti fondamentali dei bambini palestinesi, che stanno pagando il prezzo più alto in questa escalation di violenza”, ha dichiarato Jeremy Stoner, Direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente. “Ogni giorno, i bambini vengono uccisi, feriti o lasciati in gravi difficoltà e le loro famiglie sono costrette a piangere perdite inimmaginabili. Questo ambiente priva i più piccoli dei servizi essenziali e persino della sicurezza di base delle loro case, strappando loro il senso di sicurezza proprio quando ne hanno più bisogno. Non dobbiamo permettere che la violenza contro i bambini venga normalizzata o accettata come inevitabile. Abbiamo bisogno di un’azione urgente e incisiva per proteggere i bambini in tutta la Cisgiordania e per impedire che tutto questo diventi la loro normalità”.
L’operazione militare israeliana è arrivata sei settimane dopo che la Corte internazionale di giustizia (CIG) – la più alta corte delle Nazioni Unite – ha dichiarato che la presenza di Israele nei territori palestinesi occupati è illegale.   
Save the Children fornisce servizi essenziali e supporto ai bambini palestinesi nei Territori palestinesi occupati dal 1953. Nelle aree del nord della Cisgiordania colpite dall’ultima escalation di violenza, fornisce assistenza economica alle famiglie, sostegno all’istruzione per i bambini, gli insegnanti e gli assistenti, e collabora con i partner, tra cui l’Ymca, per fornire supporto psicosociale ai bambini e agli assistenti”.

Il rapporto di Save the Children è del 17 settembre. Due mesi dopo, il bilancio dei bimbi uccisi o feriti in Cisgiordania è ulteriormente accresciuto.

Senza speranza

Secondo uno studio   pubblicato dall’organizzazione Defense for Children International Palestina (Dcip) il 9 settembre, le forze armate e i coloni israeliani hanno ucciso almeno 140 palestinesi minorenni nell’arco di 11 mesi, con una media di uno ogni due giorni.

L’ultima di queste vittime è Bana Baker Laboum, 13 anni, uccisa il 6 settembre durante un attacco da parte dei coloni israeliani al suo villaggio a Qaryout, sudest di Nablus. È stata uccisa due giorni prima dell’inizio dell’anno accademico.

Stando alle testimonianze di familiari e residenti, Bana era in camera sua quando i coloni israeliani hanno devastato la parte sud del villaggio, aprendo il fuoco sulle dimore dei palestinesi. Un proiettile le ha colpito il petto. È stata ricoverata al Rafidia Hospital di Nablus, dove è stata successivamente dichiarata morta.

Nella scuola di Bana, a Qaryout, è stata posizionata una ghirlanda di fiori con al centro un suo ritratto su quello che era il suo banco. I suoi compagni di classe la descrivono come “una bambina dal cuore gentile, sempre pronta a consolare chi piangeva quando vedevano immagini di persone che soffrono a Gaza”.

Parlando con la stazione televisiva palestinese Fajer Tv, un compagno di classe di Bana ha affermato, tra le lacrime, che “era in camera e stava preparando i suoi libri, voleva uscire più tardi per andare a comprare altre cose per l’inizio della scuola”. 

La sua insegnante d’inglese e supervisora del gruppo di scout femminile della scuola, l’ha descritta come una ragazza “molto gentile, allegra e amante dei libri”. Suo padre, Amjad Baker Laboum, ha raccontato alla Tv palestinese “guardo i suoi compagni di classe e vedo Bana in ognuno di loro”.

I bambini colpiti prima del 7 ottobre

Mentre nella Striscia di Gaza i bambini sono costretti a saltare l’inizio della scuola per la seconda volta dall’inizio della guerra, il ritorno in classe in Cisgiordania è stato segnato da una crescente insicurezza e timore come due anni fa, particolarmente nelle zone più colpite dalla violenza israeliana.

Già nel dicembre del 2023, l’Unicef ha riportato che lo sterminio di bambini palestinesi in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, ha raggiunto “livelli senza precedenti”. Nelle ultime 12 settimane del 2023, Israele aveva già ucciso 83 bambini palestinesi in Cisgiordania, più del doppio di quelli uccisi nel 2022, che era già considerato uno degli anni con il maggior numero di bambini palestinesi assassinati. Più di 576 bambini sono rimasti feriti durante lo stesso periodo.

“Vivere con timore e dolore quasi costanti è, purtroppo, piuttosto comune per i bambini coinvolti,” ha dichiarato l’UNICEF. “Molti bambini hanno affermato che la paura è diventata parte della loro quotidianità; infatti, molti di loro hanno paura anche solo di andare a scuola o di giocare all’aperto a causa del rischio di sparatorie”. 

Fin dall’inizio del 2024, l’uccisione e la mutilazione dei bambini è andata man mano aumentando con ogni nuova campagna militare israeliana.

Durante l’ultimo grande assalto d’Israele sulle città della Cisgiordania, chiamata “Operazione Campi Estivi” alla fine di agosto, le forze israeliane hanno ucciso 11 minorenni, di età che va dai 13 ai 17 anni. La maggior parte di loro proveniva da Tulkarem, Tubas e Jenin, dove si è concentrata la parte più intensa delle operazioni militari israeliane in Cisgiordania nello scorso ottobre.

“Le forze israeliane stanno uccidendo i bambini palestinesi con brutalità e crudeltà su tutto il territorio palestinese occupato”, ha dichiarato il direttore della Dcip Khaled Quzmar. 

Said Abu Eqtaish, anch’egli della Dcip, afferma che “né una singola persona è stata dichiarata responsabile dell’omicidio di questi bambini, incoraggiando le forze israeliane a continuare impunite”.

Morte e mutilazione sono soltanto la parte più evidente dell’impatto della violenza d’Israele sui bambini palestinesi della Cisgiordania.

“Le prestazioni scolastiche sono calate drasticamente poiché molti bambini non frequentano la scuola a causa delle ripetute incursioni”, ha comunicato a Mondoweiss Nehaya al-Jundi, madre e direttrice dei bambini con disabilità del centro riabilitativo del campo profughi di Nur Shams. “Molti soffrono di distrazione, paura incontrollata e minzione involontaria, mentre per chi ha disabilità mentali è ancora più difficile, perché non comprendono ciò che avviene attorno a loro”.

Nur Shams è stata una delle aree più colpite dall’inarrestabile campagna militare israeliana dell’ultimo agosto, che ha causato una distruzione su vasta scala delle infrastrutture civili del campo.

“Mia figlia comprende quanto accaduto nel campo, il che rende difficile proteggerla dalla realtà”, ha affermato Al-Jundi. “Nonostante si adatti e capisca, non riesce a nascondere la sua paura, che è costante”. 

“Per noi madri è difficile proteggere i nostri figli dal trauma, perché noi stesse siamo traumatizzate”, ha aggiunto. “Il peggior trauma per i bambini è la mancanza di sicurezza, persino dentro casa, poiché molti di loro sono stati testimoni di assedi alle loro case, e di arresti, o persino esecuzioni di familiari”.

Mentre la repressione d’Israele contro i palestinesi in Cisgiordania continua a intensificarsi e ci si aspetta una ripetizione del “modello Gaza”, i bambini palestinesi continuano a essere i più vulnerabili alla violenza d’Israele, subendo la parte più intensa del suo impatto. Secondo un rapporto della Dcip, ben il 20% dei bambini morti in Cisgiordania tra il 2000 e il 2024 è stato assassinato dopo il 7 ottobre.

Chi sopravvive viene privato d’istruzione, esposto a malattie e fame, resta orfano di entrambi i genitori e traumatizzato. 

Il risultato è una guerra contro i bambini che ha reso la Palestina il posto più pericoloso al mondo in cui essere un bambino.

E il mondo sta a guardare. Silente. Complice. 

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