Landini dice che parlare di rivolta sociale non significa parlare di violenza
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Landini dice che parlare di rivolta sociale non significa parlare di violenza

Così il leader della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo al forum delle relazioni industriali in Assolombarda, torna sulla sua chiamata alla "rivolta sociale", precisando che non bisogna «aver paura delle parole».

Landini dice che parlare di rivolta sociale non significa parlare di violenza
Maurizio Landini
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18 Novembre 2024 - 12.05


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«Parlare di rivolta sociale non significa parlare di violenza, ma» è un invito alle persone a non voltarsi dall’altra parte, «a mettersi insieme per cambiare queste disuguaglianze».

Così il leader della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo al forum delle relazioni industriali in Assolombarda, torna sulla sua chiamata alla “rivolta sociale”, precisando che non bisogna «aver paura delle parole».

«Il conflitto e la mediazione sociale sono il sale della democrazia. Senza queste due risorse, la democrazia non esiste. Semplicemente – ha aggiunto – non bisogna pensare, solo perché si ha una maggioranza in Parlamento, di poter comandare e fare ciò che si vuole senza doversi confrontare con nessuno».

Landini ha poi sottolineato: «Io credo che non ci sia proprio nulla da abbassare. Non ho mai visto persone che, pur lavorando, rimangono povere. Quando si arriva a questa situazione, con la povertà e la precarietà in aumento, credo sia giusto che le persone reagiscano per cercare di cambiare questa condizione».

L’espressione “rivolta sociale”, ribadisce Landini, «non è eccessiva. Se il livello di disuguaglianze che stiamo vivendo è così elevato, l’invito, come suggerisce la parola stessa, è a non voltarsi dall’altra parte. È un invito a ogni persona a organizzarsi insieme agli altri per cambiare questa situazione».

Per Landini, «questa è democrazia. Credo che in un Paese sia fondamentale garantire i diritti delle persone, specialmente di coloro che, lavorando, tengono in piedi il Paese e, al contempo, vedono peggiorare la propria condizione. Questo è un elemento di crescita della democrazia».

«In un Paese in cui ormai il 50% della popolazione non va a votare, non si sente rappresentato da nessuno e vive nella paura – ha concluso – credo che il tema sia proprio quello di rivolgersi a ogni singola persona. È un invito a unirsi agli altri, in un atto di solidarietà, per migliorare la propria condizione e quella del Paese».

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