Assassini che con le bombe vogliono di fatto costringere gli abitanti di Gaza a scappare. Ed è proprio questo il piano: “liberare” Gaza da un milione di palestinesi perché sia di nuovo colonizzata dagli israeliani. Pulizia etnica.
I bombardamenti israeliani a Gaza sembrano essersi fatti più intensi nell’ultima settimana, segnando mercoledì una giornata nera con l’uccisione di cinque civili, di cui quattro bambini, nel campo di Nuseirat, nel centro della Striscia, che si trovavano davanti a una bancarella di cibo e a un panificio.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, altre 18 persone, tra cui minorenni e donne, sono morti da stamattina nel sud e nel centro di Gaza. L’Idf non ha commentato direttamente le notizie di fonte palestinese e ha dichiarato che «nel primo pomeriggio di mercoledì ha preso di mira un obiettivo terroristico nell’area di Nuseirat». Aggiungendo che «prima dell’attacco sono state prese numerose misure per mitigare i danni ai civili» e accusando «Hamas di sfruttarli come scudi umani». Fonti locali, da parte loro, hanno riferito a Wafa che un drone ha coinvolto un gruppo di civili nei pressi della torre di al Shifa, a ovest di Gaza City, uccidendone alcuni e ferendone altri. Un altro velivolo senza pilota dell’Idf avrebbe puntato sul campo profughi di al Maghazi, al centro della Striscia.
Sulla drammatica situazione umanitaria nell’enclave è intervenuto nuovamente il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres con un post su X: «L’incubo non è causato da una crisi logistica ma dalla mancanza di volontà politica e di rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale umanitario. A fronte delle enormi necessità della popolazione, gli aiuti vengono scandalosamente bloccati». Israele, ai ferri corti da tempo sia con l’agenzia delle Nazioni Unite Unrwa che con Guterres direttamente, ha fatto sapere attraverso la sua Unità di coordinamento (Cogat) che martedì sono entrati a Gaza 122 camion carichi di cibo, forniture mediche, attrezzature per rifugi e farina per i panifici. Cinquanta camion sono passati attraverso il valico di Erez e altri 50 per il cancello 96 nel centro di Gaza. Inoltre, ha spiegato il Cogat, 49 tir hanno avuto accesso dal lato di Gaza del valico di Kerem Shalom, e circa 780 sono ancora in attesa di essere ritirati dalle organizzazioni umanitarie internazionali. Israele ha poi reso noto che sette autocisterne di carburante e sei autocisterne di gas da cucina «designate per il funzionamento delle infrastrutture essenziali» sono entrate sempre martedì nella Striscia. Domenica il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini ha annunciato di aver sospeso la consegna degli aiuti a causa dei saccheggi da parte di bande armate nella Striscia. Il Cogat, sottolineando che la settimana scorsa mille camion hanno raggiunto Gaza, ha accusato l’agenzia di non consegnare i tir e di aver permesso a Hamas di infiltrarsi profondamente tra le sue fila.
Comunque stiano le cose, resta la devastante realtà in cui vivono gli sfollati palestinesi da ormai 14 mesi. E senza vedere la fine. Anche se qualcosa sembrerebbe muoversi con la partenza per il Cairo, prevista per giovedì, del direttore dello Shin Bet (sicurezza interna) Ronen Bar che, accompagnato da un inviato speciale del premier, riprenderà i colloqui su un cessate il fuoco nella Striscia e il rilascio degli ostaggi. Hamas intanto non ha risposto all’ultima proposta di tregua avanzata dall’Egitto. Gli occhi restano puntati sulle prossime mosse del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump che, dopo aver minacciato l’inferno in Medio Oriente se non verranno rilasciati gli ostaggi, ha chiarito che la soluzione va trovata prima del suo insediamento. Cioè entro il 20 gennaio. Adam Buhler, nominato da Trump inviato presidenziale speciale per gli affari dei rapiti americani, ha scritto su X che «non c’è niente di più importante che riportare a casa gli americani. Sotto la guida di Trump ci saranno finalmente azioni e conseguenze. Li riporteremo a casa»