Siria, storia di un bimbo cresciuto nei lager di Assad: "Non sa cos'è un albero"
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Siria, storia di un bimbo cresciuto nei lager di Assad: "Non sa cos'è un albero"

Un medico e uno psicologo di Medici Senza Frontiere raccontano la drammatica storia di una madre e di suo figlio, entrambi sopravvissuti a torture subite in prigione

Siria, storia di un bimbo cresciuto nei lager di Assad: "Non sa cos'è un albero"
Prigione in Siria
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14 Dicembre 2024 - 16.56


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Un medico e uno psicologo di Medici Senza Frontiere raccontano la drammatica storia di una madre e di suo figlio, entrambi sopravvissuti a torture subite in prigione. Le équipe di MSF presso l’ospedale di Idlib hanno accolto diversi pazienti che erano stati incarcerati a Damasco e in altre aree della Siria. MSF, in un comunicato, sottolinea di non avere accesso a Damasco e spiega che i pazienti sono stati indirizzati all’organizzazione da un’altra associazione. Il personale medico sta fornendo cure essenziali per aiutarli a riprendersi da traumi fisici e psicologici.

«Stiamo assistendo una ex detenuta che ha trascorso otto anni nella prigione di Sednaya. Oggi ha 27 anni. È entrata in carcere con il suo bambino, che allora aveva tre mesi; ora ne ha otto. Il bambino non sa cosa sia un biscotto, un albero, un uccello o un giocattolo. Non sa leggere né scrivere. Ha visto sua madre subire abusi fisici e sessuali. Non ha mai conosciuto suo padre. È stato molto difficile comunicare con lui» raccontano Omar Al Omar, responsabile delle attività di salute mentale di MSF a Idlib, e Bilal Mahmood Alsarakibi, responsabile medico dell’organizzazione.

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I medici spiegano che molti ex detenuti vivono in uno stato di terrore costante, faticano a parlare e perdono facilmente la concentrazione. Molti di loro, privati a lungo di cibo e luce solare, soffrono di grave claustrofobia e, in alcuni casi, chiedono di essere visitati all’aperto.

«Oggi abbiamo accolto un paziente – racconta Omar – rilasciato dal carcere solo 70 ore fa. Piangeva e tremava, incapace di formulare frasi complete. Non riesce ancora a credere di essere fuori dalla prigione. È profondamente traumatizzato dal ricordo del corpo del suo amico, rimasto nella stessa cella per due giorni dopo essere stato picchiato a morte da un soldato».

Nel nord-est della Siria, MSF continua a sostenere le cliniche locali fornendo assistenza sanitaria di base, trattamenti per malattie croniche, supporto psicologico, interventi contro la malnutrizione e pronto soccorso. Inoltre, l’organizzazione gestisce un impianto di purificazione dell’acqua nel campo di Al-Hol e risponde regolarmente a focolai di malattie come morbillo e colera.

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